La Stampa 2.11.17
Come battere il divario di genere che ci umilia
La
classifica del World Economic Forumfotografa l’abisso di trattamento
tra uomo e donna L’Italia 82esima, dopo il Burundi. I risultati peggiori
in due campi:salute e situazione economica
di Linda Laura Sabbadini
Il
divario di genere è un problema serio in gran parte del mondo e lo è
anche nel nostro Paese. Lo dice il World Economic Forum nel suo ultimo
rapporto sul Global Gender Gap. Ce lo dicono gli indicatori rilevati
dalle Agenzie dell’Onu e dalla Commissione Europea, per quanto di natura
diversa e spesso non convergenti tra loro. Secondo i dati del Wef ci
vorranno 100 anni per suturare il gap di genere se si continua con
questo ritmo, e addirittura 217 a livello economico.
L’Italia
secondo il Wef crolla in classifica di ben 32 posizioni passando
all’82mo posto su 144 Paesi. E pensate che siamo dietro a Paesi come
Burundi, Bolivia, Mozambico, Kazakhstan, Mongolia, Uruguay, Uganda, Perù
e potrei continuare per molto.
Vi chiederete come sia possibile.
Questo indice misura quanta differenza c’è tra uomini e donne in 4 aree
fondamentali come economia, politica, salute, formazione. Ciò significa
che non importa che le condizioni di salute o del lavoro siano buone o
cattive, migliori o peggiori, ma solo se le differenze sono elevate tra
uomini e donne e se sono migliorate o peggiorate. Per questo, Paesi come
quelli che ho citato, si trovano in una posizione superiore alla nostra
in graduatoria: magari presentano peggiori condizioni di salute di
maschi e femmine, ma non grandi differenze tra i due sessi.
Il
Global Gender Gap Index è stato introdotto nel 2006 e fornisce un quadro
dei divari di genere in tutto il mondo. Il Report evidenzia anche una
classifica dei Paesi, permettendo un confronto anche tra Regioni e
gruppi di reddito. Se analizziamo la graduatoria mondiale, al primo
posto si colloca l’Islanda, che detiene il primato da 9 anni, seguono in
gran parte Paesi Nordici. In particolare Norvegia e Finlandia. Se
questi sono i primi 3 posti nella classifica mondiale, interessante è
vedere come si collocano i paesi del G7. La Francia eccelle, ponendosi
all’11 posto, seguita dalla Germania, UK, Canada, Usa e, penultima,
prima del Giappone, l’Italia.
Ma in quali aree secondo il Global
Gender Index l’Italia sta peggio? Nella salute e nella situazione
economica. In quest’ultimo caso l’Italia è al 118° posto! Contribuiscono
al dato sia la partecipazione bassa al lavoro delle donne che i livelli
salariali percepiti, molto più bassi di quelli maschili. Inutile dirlo,
lo abbiamo testimoniato dalle pagine di questo giornale, giorno dopo
giorno, la questione di genere deve diventare una priorità di questo
Paese. Deve rientrare prepotentemente nell’agenda politica dei partiti,
proprio ora che siamo vicini alle elezioni. E guardate che non serve più
la politica dei piccoli passi.
Ci vuole una vera e propria
«spallata». Qualche anno fa fu elevata l’età pensionabile delle donne e
si liberò un «tesoretto». Emma Bonino propose di utilizzare tutto il
danaro risparmiato per pensioni non pagate alle donne che si
trattenevano sul lavoro, in servizi, politiche di conciliazione,
politiche sociali volte a intaccare fortemente il carico di lavoro
familiare sulle spalle delle donne che limita ingresso, permanenza, e
possibilità di carriera. Il «tesoretto» si liberò, ma andò a finire nel
calderone e le donne non videro nulla. Bisogna trovare un altro
tesoretto. Sì, un tesoretto, perché non servono più i piccoli passi,
ormai il problema è diventato strutturale, lo abbiamo fatto diventare
tale. Le donne non possono essere più il pilastro del nostro sistema di
welfare. Non possono più farcela. Lo dicono i numeri drammaticamente.
Non possono sostituirsi come prima all’attività dei servizi sociali e
sanitari. Non ne hanno più il tempo. Vogliono lavorare, vogliono
realizzarsi su tutti i piani. Vogliono avere i figli che oggi non
riescono ad avere, ma che desiderano. Vogliono anche valorizzarsi sul
lavoro. E se la politica non riuscirà a capire che questa è una priorità
essenziale per il rilancio del nostro Paese, si allontanerà sempre più
inesorabilmente dai bisogni delle donne e del Paese. Capisco che è
difficile, ma perlomeno poniamoci il problema in termini strategici.
Mettiamoci a tavolino per valutare quanto serve, in quanto tempo, per
fare che e per raggiungere quali obiettivi. La catena di solidarietà
femminile che ha permesso alle donne di aiutarsi a vicenda, madri e
figlie, per andare avanti in assenza di politiche di conciliazione
adeguate, e sociali, che in altri Paesi sono state messe in atto, si è
incrinata. Sempre meno donne devono farsi carico della cura di un numero
crescente di persone bisognose siano esse anziani o bambini. Mettiamoci
in testa una volta per tutte che non possono farcela. Prima erano solo
le mamme acrobate, ora anche le nonne, che lavorano fino ad età più
avanzata, si devono fare carico dei loro nipoti e poi se non bastasse
anche dei genitori e suoceri anziani non autosufficienti. E’ arrivata
l’ora di affrontare alla radice il problema.