La Stampa 28.11.17
Pechino ordina “Via i poveri dal centro città”
Sfratti, demolizioni e sgomberi
Pechino caccia i migranti e i poveri
Ruspe contro il degrado: così il governo cinese vuole riqualificare la capitale
di Francesco Radicioni
Se
lo slogan scelto per le Olimpiadi del 2008 era «Pechino ti accoglie»,
oggi potrebbe essere «Pechino ti caccia». Questo post - virale su Weibo e
sugli altri social cinesi - accompagna un video in cui appare una lunga
fila di uomini, donne e bambini. Lavoratori migranti - carichi di
sporte, valigie e oggetti impacchettati in fretta -, che mestamente
lascia le piccole abitazioni dove ha vissuto per anni. Altre immagini
che circolano in queste ore sui social raccontano demolizioni di case,
magazzini e negozi.
Sfratti eseguiti senza troppi convenevoli e
polizia in assetto anti-sommossa che blocca l’accesso di un villaggio
alla periferia di Pechino.
È stata questa la risposta scelta dalle
autorità della capitale cinese dopo l’ultima tragedia avvenuta in un
polveroso distretto industriale, a pochi chilometri dai luccicanti
shopping mall del centro. Qui, in un palazzo di Daxing, nel tardo
pomeriggio del 18 novembre, è scoppiato un incendio in cui sono morte 19
persone. Quasi tutte le vittime erano lavoratori migranti, giunti a
Pechino dalle province povere e rurali della Repubblica Popolare.
L’esodo dalle campagne
Negli
ultimi 30 anni in Cina sono stati in centinaia di milioni a lasciare le
campagne per fare gli operai nelle grandi città sulla costa.
Quest’esercito di persone - motore della trasformazione dell’economia
cinese - in città non ha però trovato diritti: in Cina i servizi
essenziali - istruzione e sanità - sono legati all’hukou, il permesso di
residenza che vincola i cittadini al proprio luogo di origine.
All’indomani
della tragedia, le autorità hanno scelto la linea dura: in migliaia
sono stati cacciati - con un preavviso di pochi giorni o di ore - dalle
loro sistemazioni informali nella capitale. Cai Qi, il segretario del
Partito comunista di Pechino, ha annunciato una task force di ispezioni
che durerà 40 giorni sulla sicurezza di edifici e capannoni alla
periferia della città. Il problema è reale: i lavoratori migranti vivono
spesso in alloggi sovraffollati, in cui non vengono rispettate le
minime norme di sicurezza e dove la linea che separa la zona abitativa
da quella industriale è labile. Però, davanti ai continui rincari degli
affitti, queste squallide stanze - spesso nascoste nei seminterrati dei
palazzi - sono per i lavoratori migranti e sottopagati l’unica soluzione
possibile. Per poche centinaia di yuan, qui trovano un alloggio
soprattutto i lavoratori del tessile e i pony express, la parte più
tangibile del settore in forte espansione dell’e-commerce.
Sistemi «brutali»
Davanti
a metodi cinici e brutali, un’ondata di sdegno sta percorrendo la rete.
Sono già un centinaio tra accademici, artisti e avvocati ad aver
firmato una lettera in cui si chiede di interrompere questa campagna
«spietata».
Secondo molti, infatti, le preoccupazioni legate alla
sicurezza sarebbero solo una scusa per allontanare la gente di fuori
Pechino. Non è un mistero, infatti, che il governo si sia posto
l’obiettivo di contenere la popolazione della capitale, che nel 2016 ha
sfiorato i 22 milioni di residenti. Gli storici abitanti di Pechino
lamentano che i circa 8 milioni di nuovi arrivati abbiano contribuito
all’aumento dell’inquinamento, del traffico e del consumo delle risorse.
Inoltre, nel 2014 il presidente cinese Xi Jinping ha proposto un
ambizioso piano che punta a spostare fuori da Pechino le funzioni «non
da capitale». Contemporaneamente le autorità cinesi vogliono collegare -
attraverso un’imponente rete infrastrutturale - la capitale con la
città portuale di Tianjn e lo Hebei, la provincia rurale che circonda
Pechino.
La nuova metropoli
Il piano - il cui acronimo è
Jing-Jin-Ji - prevede la creazione di un’enorme area metropolitana da
quasi 100 milioni di abitanti. Negli ultimi mesi altre zone della
capitale sono state oggetto di un processo di riqualificazione urbana e
di gentrificazione, molto simile a quello a cui si è assistito nelle
città europee e americane. In Cina però tutto è stato più rapido. Dalla
scorsa primavera, le strade della capitale si sono riempite di ruspe e
operai che hanno demolito - quartiere dopo quartiere - chioschi,
ristoranti e locali. La capitale della seconda economia del mondo è
stata tirata a lucido. Pechino vuole presentarsi come una città moderna e
cosmopolita. Per farlo è disposta a dimenticarsi di quegli angoli che
le conferivano una certa dose di autenticità. Tanto che di fronte alla
trasformazione della capitale, il blogger Zhang Wumao commentava
amaramente, «per i nuovi arrivati Pechino è una città dove non possono
stare, per i vecchi residenti è una casa a cui non possono tornare».