martedì 28 novembre 2017

La Stampa 28.11.17
L’avvio imbarazzato della campagna dei leader canguro
di Marcello Sorgi

L’avvio della campagna elettorale, con Berlusconi e Renzi schierati in contemporanea al via, rivela un certo imbarazzo dei leader, come se dovessero ancora prendere le misure a una gara che sarà gioco forza proporzionale. E in cui le coalizioni avranno meno peso dei partiti, impegnati a contendersi i voti e non più il governo, che nessuno al momento è in grado di prevedere quale sarà.
Per i due leader del Pd e di Forza Italia, la scelta della stessa domenica per intervenire era legata al tentativo di far finta che la gara sia ancora tra centrosinistra e centrodestra. Peccato che nessuno dei due potesse rappresentare i rispettivi schieramenti, e se Berlusconi poteva contare su una generica disponibilità dei suoi alleati a trovare un’intesa, Renzi era ancora impegnato nella trattativa con i suoi possibili partner, lontana da un approdo positivo, e sapeva già che nei collegi avrebbe trovato come avversari i candidati della sinistra che punta a farlo perdere. Inoltre l’ex-Cavaliere, con uno dei suoi colpi di teatro, ha avanzato la candidatura a premier del generale Gallitelli; ma Salvini, vale a dire il leader di quello che potrebbe diventare nelle urne il primo partito del centrodestra, ha subito replicato: non ne sapevo niente. Obiezione legittima, se tuttora si potesse ragionare, come s’era fatto negli ultimi venticinque anni (quando si diceva che per vincere servivano «un uomo, un programma e una coalizione»), in termini di alleanza. Ma nel nuovo sistema, in cui ognuno avrà il diritto di proporre un proprio candidato alla guida del governo, che diritto avrebbe Salvini di esprimere un parere preventivo sulle scelte del suo alleato-concorrente Berlusconi?
Tramontato lo scontro bipolare, l’unico a cui i leader della Seconda Repubblica fossero allenati - era rimasto in scena anche nel 2013, quando a sorpresa dalle urne il Movimento 5 stelle uscì come primo partito -, non è affatto semplice reinventarsi tutt’insieme un altro modello per catturare l’attenzione degli elettori. Nelle ultime campagne della Prima Repubblica pre-Tangentopoli, il fronte dei partiti governativi, pur rissoso, era facilitato dal fatto che oltre un terzo del Parlamento, comunisti e fascisti, erano tagliati fuori dalla possibilità di andare al governo. Invece, ora che la partita coinvolge tutti, e tutti sono legittimati a governare, la moltiplicazione dei messaggi di propaganda rischia di accrescere la confusione di un elettorato che per metà ha già rinunciato a recarsi alle urne. E almeno finora non ha trovato grandi ragioni per tornarci.
Il cosiddetto «canguro» è una prassi parlamentare anti ostruzionismo che permette di votare emendamenti accorpando quelli simili o di contenuto analogo. Una volta bocciato il primo emendamento, anche tutti gli altri risultano decaduti. Per essere usato deve però essere approvato dal presidente del Senato, come qualsiasi altro emendamento. Il presidente ha dunque il potere di fermarne o meno il cammino. In passato, per esempio, il “canguro” è stato concesso per la legge elettorale Italicum, ma è stato bocciato per la riforma costituzionale. La prima volta che venne usato era il 1996 contro l’ostruzionismo della Lega.