martedì 28 novembre 2017

Corriere 28.11.17
LA SFIDA PER IMPORRE L’AGENDA AGLI AVVERSARI
di Massimo Franco

Il tema della campagna elettorale non sarà l’Europa, o i posti di lavoro, o il taglio delle tasse: non solo. In materia, si nota una rincorsa a chi promette di più, senza andare troppo per il sottile e ignorando la compatibilità con i vincoli di bilancio e i limiti alla spesa pubblica. Nelle schermaglie di queste settimane, la vera sfida si gioca sulla capacità di imporre agli altri la propria agenda; di scegliere l’avversario e di imporgli un’identità di comodo, in modo da ridurne credibilità e margini di manovra. Sotto questo aspetto, la Sicilia ha dato un vantaggio a centrodestra e M5S.
E entrambi cercano di mantenerlo rispetto al Pd. Lo scontro finale nell’isola tra i candidati di Silvio Berlusconi e di Matteo Salvini, e quelli di Beppe Grillo e Luigi Di Maio, permette di accreditare un «voto utile» tra loro, escludendo il partito di Matteo Renzi. E costringe i dem a inseguire per riacquistare un’identità che oggi appare confusa. Per questo, il Pd cerca di recuperare la tradizionale dimensione europea. Puntella il rapporto con l’esecutivo di Paolo Gentiloni, abbracciandolo suo malgrado. E si prepara a indicare non solo l’incompetenza ma l’opacità dei Cinque Stelle.
È un’operazione tesa a riaffermare un protagonismo che riceve un’accoglienza ambivalente. La stessa polemica sulle fake news , le notizie false, con M5S, andrà misurata nel suo reale impatto. Ma il Pd non ha scelta, dopo gli errori seguiti al referendum costituzionale perso il 4 dicembre scorso. Deve contrastare il tentativo di FI di riproporsi come una sorta di «usato sicuro», alternativo alle sinistre e all’incognita grillina; e l’offensiva dei Cinque Stelle che continuano a evocare un governo Berlusconi-Renzi,: anche se ora rifiutano l’etichetta di antipolitica e preferiscono presentarsi come l’«altra politica».

Non importa se i sondaggi ritengono l’ipotesi improbabile, perché non ci sarebbero numeri sufficienti in Parlamento. Oltre tutto, provocherebbe una frattura tra FI e la Lega Nord. Quando Salvini chiede un patto notarile a Berlusconi che escluda «inciuci», gioca d’anticipo. Fa prevalere la propria narrativa. È il motivo per il quale ognuno dà una lettura di comodo del sistema elettorale, sapendo che probabilmente non produrrà maggioranze, e toccherà al Quirinale interpretare i risultati.
Così, il centrodestra accarezza l’idea che l’incarico di formare il governo vada alla coalizione con più seggi. Confida di replicare lo schema siciliano a livello nazionale. Il Pd spera che tocchi al maggior gruppo parlamentare, convinto di tornare sulla cresta dell’onda. E il M5S insiste per l’incarico alla forza che avrà più voti, non più seggi, perché presentandosi solo non tradurrà facilmente i consensi in deputati e senatori. Lo schema di partenza non esclude un prolungamento del governo di Paolo Gentiloni, in attesa di una soluzione.