La Stampa 23.11.17
Nessun accordo col Pd
Mdp rompe sull’art.18 e schiera Grasso leader
Ma Civati non esclude accordi nei collegi per aiutare i Dem “Ad esempio: non candidare D’Alema dove corre la Boschi”
di Carlo Bertini
«Questa
legge elettorale è stato un autodafé del Pd», sorride beffardo Nicola
Fratoianni mentre esce dalla Camera accendendosi l’ennesima sigaretta.
«Volevano costringerci ad allearci facendo quella legge lì e invece...».
Invece la sinistra radicale ha resistito testarda, convinta che andando
col Pd avrebbe perso solo voti. «Se andiamo con loro che possiamo
portare alla causa?», chiede polemico Pippo Civati che si accompagna al
segretario di Si. Dunque l’unica cosa che a questo punto si può fare,
«se non continuano a darci addosso...», è la premessa dell’inventore di
Possibile, «è un qualche accordo per non fargli troppo male nei
collegi...». Ovvero? «Beh, che per esempio si può evitare di candidare
Massimo D’Alema proprio dove si candida la Boschi... e via dicendo»,
butta lì Civati. Nel giorno della lacerazione plastica dei due fronti in
aula alla Camera sull’articolo 18, dunque non si captano solo gli
strali come quello di Speranza sulle «finte aperture del Pd che getta la
maschera».
«Desistenze» mascherate
All’ora di pranzo la
rottura viene certificata con il niet sillabato a favore di telecamere
dagli emissari di Bersani e compagni dopo l’incontro con Fassino. E
forse per gli strascichi che avrà questa rottura, per il senso di colpa
che aleggia da ambo le parti verso il popolo della sinistra, non sono
solo i tamburi di guerra a rimbombare, ma anche le sirene di una tregua
da rincorrere con qualche stratagemma. Ecco perché la tentazione che
attrae alcuni dei compagni somiglia ad una sorta di «desistenza»
mascherata: un accordo per non confliggere troppo, piazzando dove serve
al Pd avversari incolori. Se il Pd potrà far correre i suoi big senza un
nemico a sinistra di peso, la gara sarà meno dura: e questo può valere
per un Delrio o un Richetti che si dovessero trovare di fronte Vasco
Errani nel loro collegio, e così via. Non che la sinistra ambisca a
conquistare svariate poltrone nell’uninominale, dove difficilmente potrà
spuntarla da sola.
La rivincita dei rottamati
Si vedrà,
anche perché non è detto che tutti la pensino come Civati, tanto che i
più pugnaci già si vedono ad insidiare i generali renziani sul loro
terreno. La sfida dei vecchi contro i giovani leoni è quella evocata da
un ex big dei Ds come Fabio Mussi domenica scorsa all’assemblea di Si:
candidarsi nei collegi per drenare più consensi dove si può.
Ecco,
così oscilla il pendolo nel giorno della doppia rottura: in aula
sull’art.18 e in un’oretta di profferte di Fassino ai compagni di Si e
Mdp. Con la storiella raccontata alla fine con perfidia, secondo cui
ogni volta che stavano per alzarsi, Fassino tirava fuori dalla borsa
un’altro testo di legge, un’altra carta delle buone intenzioni. Il
mediatore mette sul piatto misure sul Jobs Act per rendere più
conveniente il contratto a tempo indeterminato, più tutele in caso di
licenziamento, raddoppio dei fondi per il reddito di inclusione. L’avvio
del superamento del superticket. Niente da fare, copione già scritto:
Mdp è lanciata verso l’assemblea del 3 dicembre, dove Piero Grasso sarà
incoronato leader della lista unitaria con Sinistra italiana e
Possibile.
Grasso leader del listone
Una lista che stando ai
sondaggi che circolano anche nel Pd può ambire ad un 10% grazie alla
guida della seconda carica dello Stato. Il quale pare non avere alcuna
intenzione di scivolare verso Pisapia e verso il Pd. «È un uomo che le
scelte le matura e raramente le cambia», tagliano corto i suoi.
Fassino
oggi vedrà Tabacci, Luigi Manconi e Ciccio Ferrara di Campo
progressista, ma non Pisapia. Il clima non è sereno dopo che Renzi da
Vespa ha ironizzato sui piccoli, «a sinistra ci sono 29 sigle...».
L’intesa deve ancora maturare, serve prima il riconoscimento di «pari
dignità», che allo stato non c’è, ad opera di Renzi. Il Pd conta di
andare in coalizione con Pisapia, la Bonino - che oggi lancia Più Europa
- e con i centristi. «Invece di sbeffeggiarci, Renzi dovrebbe pregare
Pisapia di candidarsi...» avvertono i futuri alleati.