venerdì 17 novembre 2017

La Stampa 17.11.17
Negato a 50 mila studenti il diritto a borse di studio
In Italia solo un misero 2% del totale riceve sostegno economico. Nel nuovo anno, aumentano del 10% gli “idonei non beneficiari”
di Nadia Ferrigo

Ai «capaci e meritevoli» la nostra Costituzione garantisce il diritto allo studio con borse e servizi, dall’alloggio alla mensa. O meglio, dovrebbe garantire. In Italia solo poco più del 2% del totale degli studenti riceve un sostegno economico contro il 20% di Francia, Germania e Spagna, lontanissimi dall’80% di Svezia e Danimarca. Essere gli ultimi in classifica ancora non basta: l’anno accademico appena inaugurato registra un aumento di oltre il 10% degli studenti «idonei non beneficiari», cioè che per reddito e merito dovrebbero avere una borsa, ma non riceveranno nulla. Erano 45.090 ragazzi nel 2011, 49.444 nel 2015 e la buona notizia dell’aumento delle immatricolazioni nell’ultimo anno accademico porterà a un altro balzo in avanti.
Una vergogna tutta italiana che ancora una volta fotografa un Paese spaccato in due: le Regioni più ricche come Veneto, Friuli e Toscana riescono a integrare con risorse proprie il fondo statale, mentre Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna rischiano di non soddisfare nemmeno la metà delle richieste.
«Con le risorse a nostra disposizione copriamo il 42% delle borse, così la Regione si è impegnata per un finanziamento straordinario - continua Luigino Filice, pro rettore dell’Università della Calabria -. Ai nostri “idonei non beneficiari” è l’università a garantire l’esenzione dalle tasse e un contributo per l’alloggio». «In Lazio gli idonei sono passati da 16.780 dello scorso anno a 20.790. Considerando che alle Regioni tocca coprire il 40% e al fondo statale il 60%, l’aumento previsto di 10 milioni di euro non può bastare per tutti - spiega Carmelo Ursino, presidente dell’Andisu, che rappresenta tutti gli enti iper il diritto allo studio -. Secondo le nostre stime servirebbero altri 60 milioni. Poi c’è la drammatica situazione dei posti letto: se ne chiedono sempre di più, ma il posto non c’è».
A casa con mamma e papà
Otto universitari su dieci vivono a casa con mamma e papà. Cinque anni fa, come rileva il rapporto di Eurostudent sulle condizioni sociali ed economiche degli studenti europei, erano sette su dieci. Le famiglie che possono permettersi di pagare un affitto diminuiscono, così crescono le richieste per le residenze universitarie. Anche in questo caso i posti non bastano per tutti. Tra strutture degli enti universitari regionali, collegi e alloggi messi a disposizione dalle università in Italia ci sono poco più di 45 mila posti letto, circa 10 mila in più di quindici anni fa, la maggior parte nel Nord. «In Piemonte abbiamo duemila posti, assolutamente insufficienti - spiega Marta Levi, presidente Edisu -. Quest’anno resteranno fuori 1.500 ragazzi. Stiamo aspettando l’autorizzazione per un nuovo studentato, 90 posti». Ancora troppo pochi, proprio come nella virtuosa Toscana.
«Abbiamo richieste per 7 mila posti letto, riusciremo a garantirne 5 mila. A chi è in attesa proveremo a dare un contributo per l’alloggio - spiega Marco Moretti, presidente Dsu Toscana -. Quest’anno c’è una difficoltà in più: il cambio del regime dell’Iva sui servizi in vigore dall’estate ricade sugli studenti». Gli enti potevano infatti chiedere una compensazione all’Agenzia delle Entrate per l’imposta sui servizi per gli studenti, dalla metà di giugno si è passati all’esenzioni: si traduce in una perdita di milioni di euro per gli enti regionali, che hanno chiesto al Ministero un fondo straordinario per ammortizzare la spesa. A spulciare le classifiche europee, l’Italia è tra i peggiori anche sugli importi delle borse. «Saremo in piazza a fine novembre per chiedere di invertire la rotta - conclude Andrea Torti, portavoce del sindacato studentesco Link -. Investire in università e ricerca non è un vantaggio per gli studenti, ma per tutto il Paese».