La Stampa 16.11.17
Le ambizioni grilline crescono nonostante la Sicilia
di Marcello Sorgi
Per
quanto limitato a incontri non di primissimo piano - segno di
curiosità, ma anche di cautela rispetto a qualsiasi tentativo di
accreditamento - il viaggio in Usa di Luigi Di Maio e i contatti, di cui
s’è avuta conferma, con il Vaticano, dopo le polemiche sugli immigrati,
rivelano che la sconfitta nelle elezioni regionali siciliane non ha
affatto frenato le ambizioni dei 5 stelle per le prossime elezioni
politiche. Anche perché, se è vero che in Sicilia il Movimento ha
mancato l’obiettivo della guida della Regione, lo è altrettanto che,
almeno per ciò che riguarda il voto sul presidente, quel 35 per cento
raccolto dal candidato Cancelleri è l’indicatore del vero potenziale
politico pentastellato, la soglia che potrebbe raggiungere e superare
nel voto di primavera.
Una percentuale così elevata, specie di
fronte al default quasi scontato del centrosinistra (il tentativo di
Fassino di riannodare Pd e sinistra non sembra sortire grandi
risultati), rende inaspettatamente competitivo M5s anche nei collegi
uninominali in cui saranno eletti un terzo dei parlamentari, e dove la
competizione, nelle intenzioni dei partiti che avevano fatto approvare
il Rosatellum in funzione anti-5 stelle, doveva essere riservata a
centrosinistra e centrodestra. Invece, se la tendenza del centrosinistra
a presentarsi diviso sarà confermata, si avrà una riedizione in chiave
nazionale della partita siciliana tra centrodestra e 5 stelle, una sorta
di rivincita.
Inoltre la sera del voto, oltre a non sapere, per
la prima volta dopo venticinque anni, chi sarà il vincitore chiamato a
formare il governo, occorrerà cominciare a fare i conti con il ritorno
del proporzionale, che prevede che l’incarico sia assegnato al partito
che, avendo più voti, dovrebbe avere più possibilità di mettere insieme
una maggioranza. In altre parole, gli occhi di tutti gli osservatori non
dovranno più guardare, com’è avvenuto fino al 2013, la tabella delle
coalizioni, per capire se è meglio piazzato il centrosinistra o il
centrodestra. Ma quella dei partiti: nella quale, a meno di sorprese
inimmaginabili, i 5 stelle dovrebbero essere largamente primi, con un
vantaggio da cinque a dieci punti sul Pd, che arriverebbe secondo, e con
un terzo e un quarto classificato - si vedrà se Forza Italia e Lega o
viceversa - che avranno percentuali pari più o meno alla metà dei voti
M5s. Se nessuno degli aspiranti sarà in grado di dimostrare di aver
costruito alleanze e accordi politici solidi per formare il governo,
sarà difficile per Mattarella evitare di consentire a Di Maio di fare il
primo tentativo.