giovedì 16 novembre 2017

La Stampa 16.11.17
Negli Usa Di Maio vede Parolin
Piano per il disgelo col Vaticano
Intervista al leader grillino: taglierò le tasse alle imprese come Trump
di Ilario Lombardo Andrea Tornielli

Sulla strada che porta al governo ci sono due tappe fondamentali da compiere, per chiunque ambisca a giungere vittorioso alla fine. Gli Stati Uniti d’America e il Vaticano. Coincidenza ha voluto che Luigi Di Maio li incontrasse nello stesso posto, Washington, dove il candidato premier del M5S ha visto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato nella Santa Sede. L’incontro, espunto dall’agenda ufficiale consegnata dall’ambasciata ai giornalisti, è avvenuto martedì dopo i colloqui al Dipartimento di Stato e con i congressmen repubblicani e democratici. Un fuoriprogramma nato per caso ma che accelera il percorso di accreditamento di Di Maio. Parolin era nella capitale Usa per le celebrazioni del centenario della conferenza episcopale americana. Il grillino lo ha scoperto e ha chiesto all’ambasciata di organizzare l’incontro. Alle tre del pomeriggio è stato accolto alla sede della nunziatura apostolica di Washington. «Leggiamo tante cose su di voi…» è stata una delle battute di Parolin, incuriosito anche dalle ragioni di questo viaggio negli Stati Uniti. Per Di Maio un’ulteriore occasione per raccontare la sua idea di un Movimento che vuole ridisegnarsi in una forma più moderata, più credibile per il governo. Appena sei mesi fa il braccio destro del papa gelò Beppe Grillo per un paragone azzardato tra il M5S e la chiesa di Francesco. Erano i giorni in cui si parlava del reddito di cittadinanza, una misura apprezzata dalle gerarchie ecclesiastiche: «Nessun politico - disse Parolin - può definirsi francescano».
Nella geografia del potere, Di Maio ha piantato due cruciali bandierine di presenza. Ma il colloquio riservato di Washington con il «primo ministro» vaticano è già il secondo importante appuntamento che ha visto il candidato premier del M5S confrontarsi con le autorità vaticane. Come «La Stampa» è in grado di rivelare, una ventina di giorni fa, in gran segreto e lontano dai sacri palazzi, Di Maio ha infatti incontrato un altro dei più stretti collaboratori del Papa, anche in questo caso su sua esplicita richiesta. Segno che nelle manovre di accreditamento il leader del movimento grillino da tempo vuole tener conto anche della Santa Sede e più in generale della Chiesa cattolica. Nel corso dei colloqui Di Maio ha presentato diffusamente il programma di governo dei Cinque Stelle, su energia, lavoro, agricoltura, difesa e scuola, cercando di mandare messaggi il più possibile rassicuranti ai suoi interlocutori vaticani. In particolare ha spiegato di voler moderare certi estremismi movimentisti presentandosi come un interlocutore affidabile e «di governo». Nei faccia a faccia con i due alti prelati il candidato premier si è sentito ricordare le preoccupazioni per le politiche familiari, che non sembrano ai primi posti nell’agenda della politica nonostante la tenuta della famiglia sia fondamentale per il Paese, specie in tempi di crisi economica come quelli che viviamo. E si è anche sentito ricordare il tema dell’immigrazione, un’emergenza che richiederebbe risposte non emergenziali, ma meditate e di lungo periodo.
È significativo che l’aspirante premier grillino abbia incontrato gli uomini più vicini a Papa Francesco in entrambi i casi senza recarsi in Vaticano. A Washington, per una voluta coincidenza di date; per l’incontro romano di fine ottobre per sua esplicita richiesta di confrontarsi in un terreno «neutro» e soprattutto lontano da occhi indiscreti.
Questi incontri non sono comunque una novità per le autorità della Santa Sede: i canali di dialogo informale con il mondo della politica sono sempre esistiti ed è normale che si intensifichino con l’avvicinarsi della scadenza elettorale, anche se oggi il Vaticano e più in generale la Chiesa italiana non appaiono certamente più in grado di influenzare come un tempo il voto dei cattolici.