La Stampa 15.10.17
“Si sapeva tutto da tempo. Quell’intesa è da rivedere”
Emma Bonino: “Le milizie lasciano entrare solo in pochi centri”
di Francesca Paci
«Che
destino, quello di Cassandra». Emma Bonino guarda il filmato diffuso
dalla Cnn con l’amarezza di chi non gioisce per aver anticipato i tempi
né si aspetta strette di mano congratulatorie. Già a settembre, alla
presentazione romana del film di Andrea Segre “L’ordine delle cose”, la
leader radicale si era dissociata dall’ottimismo generale per la
drastica diminuzione degli sbarchi mettendo in guardia il governo
dall’appaltare alle milizie libiche le nostre frontiere e la vita dei
migranti.
Il video mostra una vera e propria asta di uomini. C’è un’escalation? I trafficanti vogliono sbrigarsi?
«È
solo una variante dell’orrore che conosciamo. Uomini, donne e bambini
ridotti in schiavitù, stuprati, battuti, ammassati uno sull’altro».
Perché l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani al Hussein parla ora, mentre da mesi si moltiplicano le denunce?
«Si
sapeva tutto e da tempo. Ma gli ispettori erano pochi e io passavo per
una visionaria. Poi è arrivato il rapporto di Médecins Sans Frontières e
poi il ministro Minniti ha dichiarato che i campi in Libia erano la sua
ossessione e che l’Oim e l’Unhcr ne avrebbero “migliorato” le
condizioni. Il risultato è che la Libia permette a mala pena di visitare
di tanto in tanto qualcuno dei 29 centri ufficiali di detenzione,
quelli di cui abbiamo letto i reportage giornalistici. Il resto, a
cominciare dai centri illegali, è terra di nessuno».
È la prima volta che l’Onu tocca con mano la situazione?
«L’accesso
ai campi è un problema enorme. Stavolta 6 osservatori sono stati
ammessi in 4 campi a Tripoli e abbiamo la prova provata. E dire che si
tratta sempre dei soliti centri, teoricamente “i migliori”. Ma in questi
giorni la foto del lager di Sahba acquisita dalla Procura di Palermo ha
rivelato cosa accade nel Sud della Libia, dove i migranti si danno il
cambio per dormire perché non possono stare sdraiati tutti insieme sul
pavimento coperto di feci».
Ha sempre criticato l’accordo sui
migranti siglato dall’Europa con la Turchia. Considera alla stessa
stregua quello con la Libia?
«È peggio. Per quanto io sia critica
con Erdogan e il suo Stato autocratico è pur sempre uno Stato e ha il
controllo del territorio. In Libia ci siamo accordati con un governo che
non controlla neppure i suoi uffici e, direttamente o indirettamente,
ha appaltato la questione alle milizie. Abbiamo anche assistito a una
cruenta guerra tra bande per la gestione dei migranti».
Puntando
il dito contro l’Ue, l’Alto rappresentante Onu ha chiesto anche di
decriminalizzare l’immigrazione irregolare. È la sua battaglia. A che
punto è?
«Infatti il reato di clandestinità è una vera e crudele
assurdità. Al Hussein ha detto testualmente che i centri di detenzione
in Libia sono terribili, al di là di ogni possibilità di miglioramento.
La nostra campagna “Ero Straniero”, per il superamento della Bossi-Fini,
è una lunga marcia, bisogna insistere. E dobbiamo andare avanti».
Avanti
da soli o d’intesa con forze politiche come il Pd che pure, dovendo
rispondere a un elettorato inquieto, non possono aprire le porte ai
migranti?
«Bisogna dire la verità agli elettori. Sarà pur vero che
gli sbarchi sono diminuiti ma sono aumentati i morti. Inoltre, per
ammissione di Tripoli, le persone detenute in Libia sono passate da 7
mila che erano a settembre alle quasi 20 mila attuali».
Cosa avrebbe dovuto fare l’estate scorsa l’Italia mentre gli altri Paesi europei ci lasciavano soli?
«Gentiloni
ha ragione nel ripetere che l’Italia ha avuto, rispetto ai migranti, la
politica più decente d’Europa. Ad eccezione della Grecia e un po’ della
Germania tutti gli altri sono rimasti indifferenti o hanno fatto
ostruzionismo. Sicché a un certo punto è stato deciso che la priorità
era fermare gli sbarchi a ogni costo, tanto più che, come vediamo, i
costi drammatici li pagano loro. Ma avremmo almeno potuto prima
negoziare il controllo dei centri di detenzione e pretendere la ratifica
dei trattati sui rifugiati che i libici non hanno mai sottoscritto.
Guardiamo invece la dinamica dell’ultimo naufragio avvenuto a 30 miglia,
in acque internazionali, con la vedetta libica che indifferente alla
richiesta di soccorso dell’elicottero della marina italiana se ne
infischia e trascina i cadaveri di 50 persone preparandosi a bastonare
quelle che ha tirato a bordo. Per quanto ci si possa abituare alla
cronaca, non funziona. È un rapporto tutto da rivedere. E non c’è solo
la Libia: per non ripetere Cassandra, cerchiamo di capire cosa succede
in Libano prima che sia troppo tardi».