mercoledì 15 novembre 2017

La Stampa 15.10.17
“Si sapeva tutto da tempo. Quell’intesa è da rivedere”
Emma Bonino: “Le milizie lasciano entrare solo in pochi centri”
di Francesca Paci

«Che destino, quello di Cassandra». Emma Bonino guarda il filmato diffuso dalla Cnn con l’amarezza di chi non gioisce per aver anticipato i tempi né si aspetta strette di mano congratulatorie. Già a settembre, alla presentazione romana del film di Andrea Segre “L’ordine delle cose”, la leader radicale si era dissociata dall’ottimismo generale per la drastica diminuzione degli sbarchi mettendo in guardia il governo dall’appaltare alle milizie libiche le nostre frontiere e la vita dei migranti.
Il video mostra una vera e propria asta di uomini. C’è un’escalation? I trafficanti vogliono sbrigarsi?
«È solo una variante dell’orrore che conosciamo. Uomini, donne e bambini ridotti in schiavitù, stuprati, battuti, ammassati uno sull’altro».
Perché l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani al Hussein parla ora, mentre da mesi si moltiplicano le denunce?
«Si sapeva tutto e da tempo. Ma gli ispettori erano pochi e io passavo per una visionaria. Poi è arrivato il rapporto di Médecins Sans Frontières e poi il ministro Minniti ha dichiarato che i campi in Libia erano la sua ossessione e che l’Oim e l’Unhcr ne avrebbero “migliorato” le condizioni. Il risultato è che la Libia permette a mala pena di visitare di tanto in tanto qualcuno dei 29 centri ufficiali di detenzione, quelli di cui abbiamo letto i reportage giornalistici. Il resto, a cominciare dai centri illegali, è terra di nessuno».
È la prima volta che l’Onu tocca con mano la situazione?
«L’accesso ai campi è un problema enorme. Stavolta 6 osservatori sono stati ammessi in 4 campi a Tripoli e abbiamo la prova provata. E dire che si tratta sempre dei soliti centri, teoricamente “i migliori”. Ma in questi giorni la foto del lager di Sahba acquisita dalla Procura di Palermo ha rivelato cosa accade nel Sud della Libia, dove i migranti si danno il cambio per dormire perché non possono stare sdraiati tutti insieme sul pavimento coperto di feci».
Ha sempre criticato l’accordo sui migranti siglato dall’Europa con la Turchia. Considera alla stessa stregua quello con la Libia?
«È peggio. Per quanto io sia critica con Erdogan e il suo Stato autocratico è pur sempre uno Stato e ha il controllo del territorio. In Libia ci siamo accordati con un governo che non controlla neppure i suoi uffici e, direttamente o indirettamente, ha appaltato la questione alle milizie. Abbiamo anche assistito a una cruenta guerra tra bande per la gestione dei migranti».
Puntando il dito contro l’Ue, l’Alto rappresentante Onu ha chiesto anche di decriminalizzare l’immigrazione irregolare. È la sua battaglia. A che punto è?
«Infatti il reato di clandestinità è una vera e crudele assurdità. Al Hussein ha detto testualmente che i centri di detenzione in Libia sono terribili, al di là di ogni possibilità di miglioramento. La nostra campagna “Ero Straniero”, per il superamento della Bossi-Fini, è una lunga marcia, bisogna insistere. E dobbiamo andare avanti».
Avanti da soli o d’intesa con forze politiche come il Pd che pure, dovendo rispondere a un elettorato inquieto, non possono aprire le porte ai migranti?
«Bisogna dire la verità agli elettori. Sarà pur vero che gli sbarchi sono diminuiti ma sono aumentati i morti. Inoltre, per ammissione di Tripoli, le persone detenute in Libia sono passate da 7 mila che erano a settembre alle quasi 20 mila attuali».
Cosa avrebbe dovuto fare l’estate scorsa l’Italia mentre gli altri Paesi europei ci lasciavano soli?
«Gentiloni ha ragione nel ripetere che l’Italia ha avuto, rispetto ai migranti, la politica più decente d’Europa. Ad eccezione della Grecia e un po’ della Germania tutti gli altri sono rimasti indifferenti o hanno fatto ostruzionismo. Sicché a un certo punto è stato deciso che la priorità era fermare gli sbarchi a ogni costo, tanto più che, come vediamo, i costi drammatici li pagano loro. Ma avremmo almeno potuto prima negoziare il controllo dei centri di detenzione e pretendere la ratifica dei trattati sui rifugiati che i libici non hanno mai sottoscritto. Guardiamo invece la dinamica dell’ultimo naufragio avvenuto a 30 miglia, in acque internazionali, con la vedetta libica che indifferente alla richiesta di soccorso dell’elicottero della marina italiana se ne infischia e trascina i cadaveri di 50 persone preparandosi a bastonare quelle che ha tirato a bordo. Per quanto ci si possa abituare alla cronaca, non funziona. È un rapporto tutto da rivedere. E non c’è solo la Libia: per non ripetere Cassandra, cerchiamo di capire cosa succede in Libano prima che sia troppo tardi».