La Stampa 15.11.17
Migranti come schiavi battuti all’asta in Libia
Video choc della Cnn, uomini venduti a 800 euro a testa La dura accusa dell’Onu: “L’accordo di Italia e Ue è disumano”
di Marco Bresolin
Quanto
vale la vita di un uomo? In Libia, se si tratta di un centrafricano
«forte, adatto al lavoro nei campi» meno di 800 euro. Con una base
d’asta di 500. Una cifra inferiore a quella spesa per arrivare fin lì,
affidando il proprio destino ai trafficanti. È un agghiacciante
reportage della Cnn che svela i contorni più crudi della tratta di
esseri umani in Libia, dove i migranti vengono venduti all’asta come
schiavi. Braccia da sfruttare al di là del Mediterraneo, non essendo più
possibile buttare quei corpi su un gommone da mandare in direzione
dell’Europa, dell’Italia, alla deriva.
Il documento giornalistico
arriva nel giorno della grande accusa lanciata dall’Onu per il piano che
ha chiuso la rotta del Mediterraneo Centrale insieme con gli occhi di
Italia e Unione Europea. Un patto “disumano” con le autorità libiche -
secondo l’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, Zeid Raad Al
Hussein - che ha risolto solo l’ultima parte del problema immigrazione,
quello visibile «al di qua». Sono diminuiti gli sbarchi e le vittime in
mare. Ma al di là del Mediterraneo continua a succedere quello che
succedeva prima. Anzi, con il blocco delle partenze, forse pure peggio.
«Migliaia
di detenuti denutriti e traumatizzati». Donne e bambini ammassati gli
uni sugli altri in capannoni «senza alcun tipo di accesso ai servizi
minimi essenziali». Episodi di «schiavitù moderna, stupri e altre forme
di violenza». Questo succede, accusa l’Onu, nelle «terrificanti
prigioni» libiche. Gli osservatori sono rimasti «scioccati» nel vedere
«le sofferenze dei migranti detenuti in Libia». Che, accusa Zeid Raad Al
Hussein, «sono un oltraggio alla coscienza dell’umanità». Tutto ciò,
insistono le Nazioni Unite, per evitare che queste persone raggiungano
le coste europee. Senza che «l’Ue e i suoi Stati membri abbiano fatto
nulla per ridurre gli abusi».
I toni e i contenuti della denuncia
dell’Onu non sono mai stati così duri. E questo ha certamente creato un
po’ di fastidio a Bruxelles, dove dalle parole dei portavoce della
Commissione si percepisce una certa irritazione. L’Ue assicura di
lavorare in Libia «in piena cooperazione con le Nazioni Unite» per
progetti che - si fa notare - vengono finanziati dall’Europa. Si
ribadisce la necessità di «chiudere i campi di detenzione» perché la
situazione è inaccettabile. L’Europa risponde alle accuse che riguardano
i metodi usati dalla Guardia Costiera libica dicendo di aver addestrato
«solo 142 uomini». Di ciò che fanno gli altri nessuno si assume la
responsabilità. E sottolinea di aver contribuito a realizzare 8.000
rimpatri volontari assistiti dalla Libia verso i Paesi d’origine,
liberando queste persone dal limbo. Ma ciò che non si vede è la tanto
pubblicizzata politica dei corridoi umanitari. Bruxelles a luglio aveva
lanciato un piano da 40.000 trasferimenti l’anno, ma fino al mese scorso
i governi avevano messo a disposizione solo 14.000 posti.
I
«resettlement» dalla Libia sono quasi impossibili perché gli Stati non
hanno un’ambasciata, dunque non danno il via libera per accoglierli. Nei
giorni scorsi l’Unhcr è riuscita a portare a termine la prima
evacuazione di un gruppo di migranti «estremamente vulnerabili»,
trasferiti temporaneamente in Niger in attesa della loro destinazione
finale. È la prima volta che succede. Erano in venticinque.