La Stampa 14.11.17
Quel passato che non è mai passato
di Ferdinando Camon
Ha
soltanto 23 anni, è poco più che un ragazzo, deve aver capito da poco
tempo che da piccolo veniva abusato da un adulto, ma non ha perso tempo:
è corso a casa dell’uomo, in piena notte, e l’ha accoltellato.
Chiudendo
una litigata, che dalle parole è passata subito ai fatti. Per la verità
a suo tempo c’era stata una denuncia contro l’adulto, per abusi
sessuali, ma presentata dalla madre. Lui raccontava a lei cosa il medico
gli faceva, e lei ha subito sospettato.
C’era un processo in
corso, ma subito fermato e poi ripartito. Non c’è ancora una sentenza, e
il medico nega le colpe. Nel frattempo il bambino è diventato ragazzo e
ora è uomo. Probabilmente adesso ha capito tutto quel che da piccolo
non capiva, e non ha perso tempo. Colpito dalle sue coltellate, il
medico è stato operato d’urgenza due volte, e adesso sta fra la vita e
la morte. Si dice: «La vendetta va servita fredda». Ma ci sono oltraggi
che bruciano, e l’abuso sessuale è fra questi. Di solito sentiamo di
abusi sessuali che vengono vendicati dopo tanto tempo. E c’è una
differenza tra la vendetta tardiva e quella rapida. Se un uomo,
diventato grande, si vendica di abusi sessuali che ha patito da
minorenne, accoltellando l’abusatore, noi siamo portati a interpretare
il suo gesto come una vendetta che ha questo messaggio: «Mi hai rovinato
la vita. Ti punisco perché mi hai fatto del male, mi vendico oggi per
il male che mi hai fatto ieri». Ma la vendetta compiuta domenica a
Pordenone ha un altro significato, perché colui che si vendica è ancora
molto giovane. Con la sua coltellata non dice che l’abuso gli ha
rovinato la vita, ma che gliela sta rovinando adesso. Un abuso sessuale
«guasta» la sessualità di colui che lo patisce. Perché, appena può
ragionare, si domanda se la colpa sia anche sua, se ci sia qualcosa di
sbagliato in lui, se la sua sessualità, ancora in formazione, si stia
formando in modo sbagliato. Se lui sia diverso dai suoi amici. Questo
23enne non ha passato le conseguenze dell’abuso che ha patito, ma le sta
passando adesso. Se ha una ragazza, entra in crisi con lei. L’abuso non
è per lui un tormentoso ricordo, è una bruciante attualità. È adesso
che la sua personalità si forma. Da piccolo, non sapeva cosa gli
capitava, subiva le attenzioni moleste (come pare) dell’adulto senza
capirle, perché non sapeva cos’è la sessualità. Adesso lo sa. Adesso
capisce. E adesso si vendica.
Quando un bambino vien abusato da
un adulto, patisce un inganno, perché l’adulto sa tutto e lui non sa
niente. Il bambino «si rimette» alla volontà dell’adulto, che considera
buona, perché l’adulto è un parente, un patrigno (a volte addirittura un
padre), un prete, un amico di famiglia… Uno legato da un rapporto di
amore. Quando scopre, anni dopo, di essere stato abusato, il bambino
diventato adulto si sente «tradito» nell’amore. La coltellata, o le
coltellate, inflitte da questo 23enne al medico 48enne sono la punizione
per il tradimento. Il piccolo che si rimette a un grande è come un
figlio che si rimette a un padre: da lui non si aspetta che il bene.
Questo medico aveva preso in casa propria questo ragazzo, dunque
vivevano insieme, era proprio un rapporto tra padre e figlio: abusandolo
il padre ha tradito il figlio, accoltellandolo il figlio ha punito il
padre. Non sappiamo quanti anni fa sia avvenuto l’abuso, supponiamo
pochi, visto che il ragazzo ha appena 23 anni. Dunque la vendetta è
scattata presto. Ma prima o poi doveva scattare, la memoria degli abusi è
difficile da liquidare o tenere a bada, resta nel cervello e fermenta.