La Stampa 13.11.17
Le “alte cariche” tutte in campo
Dopo Grasso si schiera Boldrini
La presidente della Camera attacca Renzi e ruba la scena a Pisapia
di Fabio Martini
Sta
parlando da 32 minuti, un intervento lunghissimo quello di Laura
Boldrini, più lungo di quello del padrone di casa, Giuliano Pisapia e
quando finalmente la presidente della Camera si congeda dalla platea, i
militanti di Campo progressista la salutano con una standing ovation, un
applauso lungo e appassionato. L’ex sindaco di Milano resta seduto e il
suo viso è contrariato. Per ragioni evidenti. Nella mezzora appena
conclusa, la presidente della Camera non soltanto ha trascurato la
terzietà che si attribuisce di solito alla terza carica dello Stato, ma è
intervenuta con espressioni lapidarie nel delicatissimo dibattito in
corso dentro Campo progressista e più in generale nell’area a sinistra
sull’opportunità di coalizzarsi col Pd e lo ha fatto con voce alta e
impostata, apprezzatissima dalla platea: «Di fronte a tante espressioni
di indisponibilità credo che non ci siano più le condizioni per
un’alleanza con il Pd! E io dico, purtroppo». E, sempre con un tono
gagliardo, da comizio, ha bocciato la politica economica dei governi a
guida Pd: «Basta con i palliativi, con i bonus a pioggia. Gli incentivi
devono essere strutturali e non elargiti come oboli!».
Espressioni
molto nitide, inserite in un intervento fiammeggiante che segue di
qualche giorno le esternazioni più misurate ma altrettanto nette
espresse giovedì scorso dal presidente del Senato Pietro Grasso al
Festival della letteratura di Pescara: «Non so se sia uscito io dal Pd o
se è il Pd che non c’è più. Il Pd era quello di Bersani...». Grasso e
Boldrini, due interventi nell’arco di 4 giorni che disegnano uno
scenario originale: la seconda e la terza carica dello Stato impegnate
nella bagarre politica con la stessa verve polemica dei leader di
partito.
Ma mentre Pietro Grasso è stato chiamato (da Bersani e
D’Alema) a guidare la “Cosa rossa” che dovrebbe nascere dall’alleanza
Mdp-Sinistra italiana-Montanari&Falcone, la presidente della
Camera non soltanto si è di fatto “iscritta” a Campo progressista, ma ha
fatto pendere il suo peso su una bilancia ancora molto in equilibrio
dentro il movimento guidato dal sempre più indeciso Pisapia.
Una
divisione tra le diverse anime affiorata anche nella assemblea dei
quadri, convocata all’Auditorium Antonianum dei Francescani, che era
chiamata a prendere una decisione sulle alleanze. L’ex sindaco di Milano
resta convinto che la Lista progressista in costruzione con altri
soggetti (i Radicali, i Verdi, i socialisti di Nencini, prodiani come
Giulio Santagata), debba lasciare aperta la strada per un’alleanza
tecnica col Pd nei collegi: «Non vogliamo un’altra Sicilia, non possiamo
non fare di tutto per unire». Chiede a Mdp, di non chiudersi in una
«ridotta» che può fare solo testimonianza, senza cambiare il Paese. E
ripete più volte che la parola-chiave, oltre ad «unità», è
«discontinuità». Non al punto di chiedere, almeno ora, che Renzi si
faccia da parte. Una linea condivisa, nei loro interventi, da Giulio
Santagata, ’ex braccio destro di Romano Prodi, dal leder dei Verdi
Angelo Bonelli e con qualche cautela in più da Riccardo Magi, segretario
dei Radicali italiani.
Ma dentro Campo progressista l’area ex Sel
(Ciccio Ferrara, Marco Furfaro) non ci sta e spinge non soltanto per
rompere col Pd, ma punta a ricongiungersi con Mdp e con gli eventuali,
ulteriori scissionisti dal Pd (Orlando e Cuperlo?), una linea che a
sorpresa ha trovato come portavoce la presidente della Camera.
Incoraggiata probabilmente dagli ex Sel (ma anche da Bruno Tabacci),
Laura Boldrini con un intervento appassionato e militante ha conquistato
gli applausi più convinti della giornata, costringendo una volta ancora
Pisapia a rinviare ogni decisione.