La Stampa 13.11.17
“Il blitz di Bankitalia in Etruria senza avvertire prima il governo”
La versione degli ex vertici di Arezzo: l’11 febbraio 2015 il commissariamento fu imposto
La proposta di Serra per rilevare 700 milioni di sofferenze arrivò fuori tempo massimo
di Gianluca Paolucci
«Le
pare che se a Palazzo Chigi avessero saputo del commissariamento di
Banca Etruria, nessuno ci avrebbe avvisato?». A porre la domanda è un
protagonista e testimone dei mesi convulsi che precedettero il
commissariamento della banca aretina. La sua e quella di altri
protagonisti di quella vicenda è una ricostruzione per forza di cose di
parte e parziale. Suffragata però da riscontri, anche documentali. E’ la
versione dello scontro tra Renzi e Visco vista da chi quello scontro lo
vissuto sulla propria pelle: i vertici della vecchia Banca Etruria. La
frattura tra governo e Bankitalia si sarebbe consumata poche settimane
prima, secondo questa ricostruzione, sulla riforma delle popolari varata
dal governo Renzi alla fine di gennaio.
Una riforma da tempo
richiesta dalla stessa via Nazionale, ma che si discostava in alcuni
punti da quanto Bankitalia avrebbe voluto. E soprattutto venne fatta per
decreto, in maniera traumatica, con Renzi che «prese il comando delle
operazioni e scrisse le regole», lasciando Palazzo Koch ai margini,
spiega un altro dei protagonisti. Da lì la rottura tra i due, Renzi e
Visco.
Che il commissariamento sia arrivato a sorpresa è un fatto.
Lo dimostra il verbale del cda di Etruria dell’11 febbraio del 2015,
giorno del commissariamento della banca. Il cda si riunisce per
discutere di un sacco di cose importanti: le svalutazioni richieste da
Bankitalia, un aumento di capitale per coprire le perdite e ripristinare
i requisiti patrimoniali richiesti da Bankitalia, l’aggiornamento sul
progetto di aggregazione richiesto da Bankitalia. I lavori iniziano alle
12,30 nella sede di via Calamandrei. Tra i presenti oltre al presidente
Lorenzo Rosi c’è anche il vice Pier Luigi Boschi, padre dell’allora
ministro Maria Elena Boschi.
Il verbale è pieno di riferimenti ai
rapporti con Bankitalia: viene illustrato il piano di taglio dei costi
portato avanti «in stretto contatto» con l’autorità di Vigilanza,
vengono comunicati i progressi sull’aggregazione «condivisi» con la
Vigilanza e le svalutazioni da questa richieste sulle sofferenze. Viene
preparata anche la bozza di un comunicato che avrebbe reso noto al
mercato l’entità della perdita e il progetto di un nuovo aumento di
capitale, anche questo da far visionare agli ispettori.
Alle 15.45
il cda riprende dopo una pausa e Rosi avvisa che gli ispettori di
Bankitalia «hanno invitato il consiglio alla trattazione dei soli
argomenti di massima urgenza (...) avvisando altresì che al termine dei
lavori e prima della loro chiusura dovranno rendere comunicazioni
urgenti al consiglio e al collegio sindacale». I lavori proseguono in un
clima per nulla disteso e il verbale si chiude con le firme dei
commissari appena insediati.
La richiesta di commissariamento di
Bankitalia al ministero dell’economia è del 6 febbraio, un venerdì. Il
decreto del Mef è del martedì 10 febbraio. Possibile che nessuno abbia
avvisato Palazzo Chigi? E perché da Palazzo Chigi nessuno chiama Arezzo?
Nelle settimane precedenti è provato che l’attenzione di Palazzo Chigi
sul dossier Etruria è estremamente elevata.
C’è l’episodio
dell’interessamento di Ghizzoni, allora ad di Unicredit. Episodio che la
Boschi ha smentito, ma è un fatto che Rosi incontrò, a fine 2014, lo
stesso Ghizzoni per parlare della possibilità di un’acquisizione. C’è la
telefonata dell’allora sottosegretario Delrio al presidente di Bper,
nei primi giorni del 2015, per informarsi della questione Etruria.
Delrio ha spiegato di essersene interessato «per le possibili ricadute
occupazionali».
Ma è un fatto che questo risulta l’unico
intervento di Delrio, sul quale allora convergevano tutte le vertenze
industriali, in materia bancaria. E c’è il lungo abboccamento con il
finanziere Davide Serra, che per mesi - dal fallimento dell’ipotesi
Vicenza - porterà avanti i suoi contatti con Etruria. Non è l’unico
fondo che si fa avanti per Etruria in quel periodo. Ma le fonti
interpellate chiamano Serra «la carta di Boschi» per il salvataggio. I
contatti si concretizzeranno in un’offerta da 700 milioni per rilevare
le sofferenze della banca. Arrivata però a fine febbraio, con la banca
già commissariata.