La Stampa 12.11.17
Un milione e mezzo di donne molestate
Nove
donne italiane su cento subiscono ricatti hard e abusi sul posto di
lavoro. Secondo l’Istat le molestie avvengono già al primo colloquio.
La Cgil: “Fenomeno considerato normale, zero denunce”
di Paolo Baroni
«Ma
mica le molestie ci sono solo nel mondo del cinema. Adesso va di moda
questa narrazione, ma la questione non si ferma certo solo ad attrici e
registi», avvisa Loredana Taddei responsabile delle politiche di genere
della Cgil. Basta infatti alzare il velo sul mondo del lavoro per
scoprire una realtà, purtroppo quotidiana, che presenta cifre
impressionanti e che è fatta di avance, ammiccamenti, battute, ricatti e
violenze, che nei casi estremi posso arrivare finanche allo stupro.
Gli
ultimi dati li ha forniti a fine settembre in Parlamento il presidente
dell’Istat Giorgio Alleva spiegando che 9 donne su 100 nel corso della
loro vita lavorativa sono state oggetto di molestie o di ricatti a
sfondo sessuale. Parliamo di qualcosa come 1 milione e 403 mila casi.
Dalla carezza non gradita alla pacca sul sedere, dal bacio rubato sino
alla richiesta esplicita di prestazioni sessuali per avere un lavoro,
per mantenere il posto o magari per fare carriera. Poi ci sono gli
stupri, consumati o anche solo tentati (84% dei casi): 76 mila in tutto
sempre considerando l’intero arco lavorativo delle donne.
Chi sono le vittime
Molestie
e ricatti sono sostanzialmente trasversali, ma riguardano innanzitutto
le donne di età compresa fra i 25 ed i 44 anni, diplomate o laureate,
residenti al Nord, nei grandi centri, occupate nel settore dei servizi
(trasporti e comunicazioni) e nel settore pubblico. «I ricatti sessuali
si verificano nei momenti in cui le donne si trovano più in difficoltà e
nascono da una situazione asimmetrica: la donna ricerca lavoro dopo
averlo perso, lo cerca al Sud dove è difficile trovarlo, si mette in
proprio, vuole fare carriera e la sua carriera dipende dal giudizio o
dall’azione di qualche superiore», segnalava tempo addietro Linda Laura
Sabbadini che dai tempi dell’Istat segue questi temi. «In molti casi non
c’è nemmeno bisogno di esplicitare il ricatto, la donna lo percepisce
subito, lo capisce dagli atteggiamenti dei superiori - spiega Taddei -.
Quello delle molestie purtroppo è un fenomeno che c’è da sempre e che
per questo è considerato normale, tant’è che nella maggioranza dei casi
non lo si denuncia nemmeno, perché ci si vergogna o perché si teme di
venir ridicolizzati dai colleghi». E in effetti, segnalava Alleva, «solo
una donna su 5 racconta la propria esperienza». E, soprattutto, «quasi
nessuna ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine», lo fa appena lo
0,5%. Per il resto gli esiti finali sono altrettanto sorprendenti: l’11%
viene infatti licenziata, il 34% cambia volontariamente lavoro o
rinuncia a far carriera, un altro 1,3% è stata trasferita di ufficio.
Poi c’è un 4,7% che continua a lavorare ed un 1,4% che cede alle
richieste.
Norme inadeguate?
«Certamente, soprattutto in
tempi di crisi, pesa molto la sudditanza psicologica della donna, che
nel campo del lavoro ha sempre poche opportunità» segnala la presidente
della Commissione d’inchiesta parlamentare sul femminicidio Francesca
Puglisi (Pd). In Italia occorre rafforzare l’apparato legislativo, come
segnala anche l’Ocse in un suo recente rapporto? «Con la legge del 2013
sulla violenza di genere abbiamo fatto molti passi avanti - risponde -
ma è vero che sul fronte delle molestie sui posti di lavoro siamo meno
attrezzati. Per questo abbiano deciso di ampliare il nostro raggio
d’azione e già la prossima settimana ascolteremo Cgil, Cisl e Uil». «La
questione delle norme merita una analisi approfondita - risponde a sua
volta la Taddei -. Però, in quanto a regole, voglio ricordare che in
Italia solo nel 2016 siamo riusciti a recepire l’accordo quadro europeo
sulle molestie. Confindustria ha fatto resistenza e ci abbiamo messo 9
anni».