La Repubblica 21.11.17
Veltroni teme il disastro elettorale Boldrini sospesa tra le due sinistre
L’ex
segretario dem: “Le rese dei conti portano macerie”. I bersaniani:
“Serve più rispetto”. Tra i parlamentari fuoriusciti c’è agitazione per
la corsa in solitaria
di Giovanna Casadio
ROMA.
«Stanno facendo un pressing vicino allo stalking, un po’ di rispetto…».
Il giorno dopo la decisione di non allearsi con il Pd per correre alle
elezioni del 2018 con una lista di sinistra, Mdp reagisce con
insofferenza agli appelli dei Dem e dei “padri nobili” del
centrosinistra. A lanciare l’ultimo è Walter Veltroni: «Se il problema è
regolare i conti, a sinistra resteranno solo macerie ». Avverte il
primo segretario dem: «La divisione è il demone della sinistra. Il Pd
per la prima volta nella storia della sinistra è nato per fusione e non
per scissione. È un demone che porta a divisioni e al tanto peggio tanto
meglio, lo si ritiene ineluttabile, ma penso sia un errore ». E a
proposito della scelta di Bersani e dei demoprogressisti, Veltroni
afferma: «Non vedo cosa di positivo possa portare alla sinistra
italiana, se per effetto di questa divisione dovesse vincere il
centrodestra ci sarebbero da fare considerazioni amare».
Parole
che ai demoprogressisti suonano come un rimprovero, tanto che Gugliermo
Epifani, ex segretario dem ora Mdp, replica: «Dico a Walter Veltroni che
ci vuole più rispetto. A sinistra non ci sono né rese di conti né astio
nei confronti di Renzi. Il punto è più semplice ma anche più profondo.
Ci dividono questioni di merito, sul lavoro, sulla scuola, sul fisco,
sulla politica dei bonus». Non c’è più alcun margine per una ricucitura
tra i demoprogressisti e il Pd renziano. Però Piero Fassino, il
“tessitore” inviato da Renzi a ricucire il centrosinistra, vedrà domani
la sinistra. Non ci saranno, quasi certamente, i leader Pierluigi
Bersani e Roberto Speranza. Saranno invece i capigruppo Francesco
Laforgia e Cecilia Guerra (forse anche con quelli di Sinistra Italiana e
di Possibile) ad incontrare Fassino.
La preoccupazione è grande
anche tra i demoprogressisti, sia per un risultato che potrebbe essere
sotto le aspettative del 6-8%, sia, per i peones, di trovarsi con un
pugno di seggi e non rieletti. Non è stato indifferente poi, l’invito di
Romano Prodi. Il padre dell’Ulivo ha messo in guardia sul vantaggio che
una divisione del centrosinistra regala a Berlusconi e a Grillo. Però,
twitta Speranza: «E se invece di farci un appello al giorno convinceste
Renzi ad approvare la nostra proposta di legge che reintroduce
l’art.18?#padrinobili ». La proposta di Mdp è in aula. Oggi il Pd
chiederà che torni in commissione. Lo scontro si accende. Laforgia
sollecita i dem (e i 5Stelle) a non fuggire e a votarla. Ma il Pd non ci
sta. «È una proposta-bandiera, una provocazione in questo momento.
Nella manovra abbiamo presentato un emendamento per alzare il costo del
licenziamento per le aziende», spiega il dem Cesare Damiano.
A
sinistra molte sono le fibrillazioni. La scelta di Giuliano Pisapia con
Campo progressista e gli ulivisti prodiani di allearsi con il Pd,
spiazza chi, in quel movimento, pensava a un’alternativa netta a Renzi.
Come Laura Boldrini. La presidente della Camera fa sapere che «sta
valutando ». Nella convention dei progressisti si era espressa
chiaramente: «Credo che non ci siano più le condizioni di un’alleanza
con il Pd, purtroppo», aveva notato. Ma Pisapia sembra avere superato il
bivio per imboccare la strada dell’alleanza. Nient’affatto deciso è
l’accordo di Pd con Emma Bonino e i Radicali per una lista europeista.
C’è il problema di raccolta delle firme per presentarsi, e non solo. Gli
alfaniani invece vanno verso una spaccatura tra chi vuole stare con il
Pd e chi no.