Il Sole Domenica 19.11.17
Evoluzione umana
Difficile diventare Sapiens
Il
nostro percorso è stato molto complicato, non si è svolto in linea
retta, ma attraverso prove ed errori: sono tante le forme umane che non
hanno avuto successo
di Guido Barbujani
Da tempo
Giorgio Manzi cura per Le Scienze una rubrica molto seguita, Homo
sapiens. Dalle sue pagine ci ha tenuto aggiornati sulle ultime scoperte
della paleoantropologia, lo studio della nostra evoluzione a partire dai
resti fossili, che è poi il campo nel quale è un’autorità indiscussa a
livello internazionale. Ma ha trovato modo di parlare anche d’altro: di
come abbiamo addomesticato i cani; di Ötzi, l’uomo del ghiacciaio del
Similaun; di come sofisticate tecniche digitali permettano di dare un
volto a individui vissuti migliaia o milioni di anni fa; e addirittura
del movimento Neoborbonico che reclama il cranio del brigante Vilella
(attualmente al Museo Lombroso di Torino).
Oggi i suoi pezzi (di
Manzi, non del brigante Vilella) sono stati raccolti in volume (Ultime
notizie sull’evoluzione uman a), e leggerli tutti di seguito non è solo
piacevole, è anche illuminante. Si coglie, al di là del tema di volta in
volta affrontato, il disegno complessivo: un insieme di idee che Manzi
ha messo a fuoco nel corso degli anni, a cui tiene, e che ribadisce,
esplicitamente o implicitamente, ogni volta che si mette a parlare di
scienza.
La prima idea è che il nostro percorso evolutivo è stato
molto complicato. Avete presenti quelle illustrazioni in cui, partendo a
sinistra da un antenato scimmiesco, man mano che ci si sposta verso
destra sfilano creature sempre più erette, più gradevoli alla vista e
più simili a noi? Bene, se vogliamo capire qualcosa dell’evoluzione, e
non solo della nostra, meglio dimenticarsele. Non è andata così, non va
mai così: riprendendo un tema caro al mai abbastanza compianto Stephen
Jay Gould («impareggiabile maestro»), Manzi mette ripetutamente in
chiaro che progresso lineare, nella nostra storia, se ne trova proprio
poco. Non ci siamo evoluti in linea retta, ma per prove ed errori. Ci
sono state tante specie umane; tutte tranne una hanno finito per
estinguersi. Il nostro cammino è stato a zigzag, e molte delle sue tappe
ci sono ancora sconosciute.
La seconda idea su cui Manzi insiste
è, a pensarci bene, la stessa, ma declinata in modo diverso: non è
complicata solo la nostra evoluzione, ma anche il processo intellettuale
attraverso cui cerchiamo di ricostruirlo, ragionando su un cranio o su
una pietra scheggiata. «Cautela verso i facili entusiasmi; con il
passare del tempo, certe ipotesi possono essere riconsiderate o, magari,
abbandonate», scrive. È un buon consiglio, specie di questi tempi.
Nella
forsennata ricerca di fondi a cui ogni ricercatore è costretto, pena
l’espulsione dal mercato, una popolare e sciagurata strategia è far
parlare in qualche modo di sé giornali e siti web, magari sparandola
grossa. Una volta è il ritrovamento di scheletri di Homo sapiens nel
posto dove nessuno se li sarebbe aspettati, un’altra un fossile che
sconvolgerebbe le datazioni correnti. Le cose, però, non stanno così.
Nella scienza, e la paleontologia non fa eccezione, ci sono continue
correzioni ma poche rivoluzioni.
Ogni volta che otteniamo nuovi
dati possiamo mettere meglio a fuoco fenomeni che non comprendevamo o
comprendevamo in maniera incompleta, certo. Ma questo cambiamento di
prospettiva è, di regola, graduale. Il sensazionalismo, il presentare
ogni nuova scoperta come sbalorditiva, finisce per generare, e non solo
nel lettore meno accorto, il sospetto che la paleoantropologia sia una
scienza fragile, così fragile da finire rivoltata come un calzino ogni
volta che da uno scavo salta fuori un osso un po’ diverso. È un sospetto
infondato, ci spiega, gentilmente ma fermamente, Giorgio Manzi.
I
capitoli del libro seguono le tappe principali della nostra evoluzione,
dal remoto e sconosciuto antenato comune di tutte le scimmie (noi
compresi), agli australopiteci, al genere Homo, fino alla comparsa e ai
primi passi per il mondo di Homo sapiens. Un capitolo è dedicato alle
storie italiane, a un ristretto ma qualificato gruppo di creature, con i
cui resti Giorgio Manzi ha avuto un rapporto stretto. Da questi fossili
abbiamo imparato a conoscere aspetti sorprendenti del nostro passato:
per esempio, dall’uomo di Ceprano.
In poche, emozionanti righe,
Manzi, che ha partecipato in prima persona alla scoperta, racconta come
forti piogge abbiano portato alla luce un vecchio osso nella campagna
laziale; l’intuizione che quell’osso possa avere qualche importanza
scientifica; e la conferma, cioè il processo attraverso cui si è
arrivati a capire che quella calotta cranica è appartenuta all’essere
umano più arcaico mai trovato dalle nostre parti. La storia è istruttiva
per più di un motivo. Inizialmente datato intorno a un milione di anni
fa, il cranio di Ceprano è stato collocato da analisi più recenti
intorno a 400mila anni fa: in Europa ci sono fossili più antichi. Ma con
questo la scoperta non perde di importanza, anzi, ne acquista. Le
caratteristiche arcaiche del cranio di Ceprano in un periodo
relativamente recente confermano una volta di più che la nostra
evoluzione non è avvenuta in linea retta, che non siamo il punto
d’arrivo di un processo inevitabile. L’uomo di Ceprano non è né antenato
nostro, né dell’uomo di Neandertal, anche se lo precede di poco: è, con
ogni evidenza, una delle tante forme umane che non hanno avuto
successo, e hanno finito per estinguersi.
E all’uomo di
Neandertal, così diverso da noi ma così vicino a noi da essersi
accoppiato con qualche nostro antenato, è dedicato un altro capitolo, il
terzultimo. Le conseguenze di questi scambi sessuali, di questi
incontri ravvicinati fra strani tipi non sono ancora chiare, ma è chiaro
che, per studiarle e comprenderle, disponiamo oggi di uno strumento
formidabile: il DNA. Così, allo studio dell’anatomia e dei reperti
archeologici, oggi si è affiancata la genetica. Combinando i metodi di
tutte queste discipline stiamo imparando a leggere nei fossili storie
sempre diverse, spesso stupefacenti, che speriamo Giorgio Manzi
continuerà a raccontarci.
Giorgio Manzi, Ultime notizie sull’evoluzione umana , Il Mulino, Bologna, pagg.248,€ 13,60
Guido Barbujani