Il Sole Domenica 12.11.17
Tra percezione e deviazione
Aprirsi alle illusioni
Il
sistema visivo non è una copia della realtà esterna, l’evoluzione lo ha
ricostruito per consentirci di agire fuori dagli schemi
di Paolo Legrenzi
Il
23 maggio 1794 Joshua Garnett cede il posto di Assistente
dell’Astronomo Reale di Greenwich a David Kinnebrook. Era una
professione ambita perché si lavorava nell’Osservatorio più importante
del mondo, diretto da Lord Nevil Maskelyne. L’osservazione della volta
celeste, oltre che a scopi scientifici, serviva per tracciare
longitudini e rotte. E dalla precisione delle rotte dipendeva
l’efficienza dell’Impero Britannico fondato sul dominio dei mari.
Bisognava avere resistenza, durante lunghe notti fredde, e attenzione
distribuita su quattro punti: un orologio, il cielo, il reticolo del
telescopio, il battito di un metronomo che scandiva i secondi. Questo
dimostra ancora una volta che il multitasking, cioè lo stare attenti
simultaneamente a più cose, non è nato con gli smartphone e le nuove
tecnologie, come spiega bene Carlo Umiltà, grande studioso
dell’attenzione (cfr. Una cosa alla volta, saggio del 2016).
Kinnebrook
tiene l’occhio appoggiato all’oculare del telescopio su cui è tracciato
un reticolo. Quando un corpo celeste si avvicina a un punto del
reticolo egli sbircia la lancetta dei minuti di un orologio e torna a
guardare il reticolo calcolando quanti battiti del metronomo c’erano
stati prima e dopo l’attraversamento di una linea sul reticolo. Poi
sposta l’oculare del telescopio e fa un’altra lettura della posizione
spazio-temporale del corpo celeste ripetendo tutto cinque volte. La
posizione esatta della stella era stimata grazie a una media delle
cinque misurazioni.
Un compito non facile: bisognava imparare a
farlo con perizia. L’Astronomo Reale controllava che l’Assistente lo
eseguisse sempre con precisione. Maskelyne era convinto che il margine
di errore non potesse superare i 100 millesecondi, ma si accorge che
Kinnebrook ha un ritardo sistematico di circa 800 millesecondi rispetto a
lui. Registra nel diario dell’osservatorio queste differenze
sistematiche e le attribuisce a leggerezza e sbadataggine, senza
domandarsi come mai fossero costanti. Scopre infine che, senza avergli
detto niente, Kinnebrook intrattiene una corrispondenza relativa al
passaggio di una cometa con l’astronomo tedesco Herschel. L’insieme di
queste cose – forse anche il rifiuto di sposare una nipote – portano
alla sua sostituzione con Thomas Evans il 12 febbraio del 1796.
Kinnebrook torna in famiglia. Non si riavrà mai dal dolore per il torto
subito, lui che credeva di essere stato rispettoso, coscienzioso e
preciso, non un “deviante” rispetto alle regole sociali e professionali.
Il
diario di Greenwich viene pubblicato nel 1816 da von Lindenau e
l’astronomo tedesco Bessel di Königsberg (oggi Kaliningrad, città
russa), si stupisce della differenza sistematica. Si mette a studiare il
fenomeno confrontando le rilevazioni di diversi assistenti in molti
osservatori tedeschi. Scopre così che in realtà ogni rilevatore, per
quanto provetto, ha una sua «equazione personale», e cioè un modo
individuale ma costante di eseguire un compito così complesso. Il
commovente episodio di Kinnebrook, che morirà a trent’anni, e lo studio
sistematico di Bessel saranno ricordati come la data di nascita della
psicologia sperimentale e della teoria della misura. L’occhio degli
astronomi verrà ben presto sostituito dalle registrazioni fotografiche,
ma avremo sempre più spesso a che fare con radar, contraeree, e altri
macchinari che producono un margine di errore nelle rilevazioni (si veda
il mio articolo sulla Domenica dello scorso 22 ottobre).
L’equazione
personale affascinò lo stesso Freud. Anche in psicoanalisi come in
astronomia non si potevano fare esperimenti, anche in psicoanalisi non
si era sicuri che terapeuti diversi avessero “visto” le stesse cose nei
colloqui con i pazienti. Ma se l’esame dei corpi celesti aveva proceduto
nonostante un certo margine di incertezza, non si vedeva come lo stesso
non potesse accadere con i contenuti mentali.
Nelle presentazioni
delle scienze cognitive le illusioni ottiche giocano un ruolo rilevante
tanto quanto gli errori sistematici di giudizio nello studio del
pensiero. I casi in cui la percezione non ci restituisce la realtà
ambientale e in cui il pensiero abbandona i canoni della razionalità
sono indizi per scoprire i meccanismi che l’evoluzione ha incorporato
nel nostro cervello.
La recente e ottima traduzione del saggio di
Beau Lotto, ha come titolo Percezioni e sottotitolo C ome il cervello
costruisce il mondo. Si potrebbe pensare che si tratti di un manuale
aggiornato sulla percezione e sulle sue basi neurali. Il titolo
originale era Deviare con il sottotitolo scritto in verticale: la
scienza di vedere le cose in modo diverso. Deviare è proprio quello che è
successo per la prima volta a Greenwich più di due secoli fa:
Kinnebrook aveva “deviato” rispetto a quella che Maskelyne considerava
la strada maestra fondata sull’esame di una realtà oggettiva. Solo
Bessel «aveva visto le cose in modo diverso».
Lotto cerca di fare
qualcosa di differente dal classico manuale divulgativo, qualcosa di più
(forse meno, per uno studioso tradizionale?). Lo studioso inglese è un
amante dello spettacolo delle meraviglie, insomma di quella che gli
anglosassoni chiamano pop-science, tant’è vero che il suo saggio è stato
apprezzato particolarmente da un sommo curatore di mostre come Hans
Ulrich Obrist, responsabile della Serpentine Gallery a Londra.
Lotto
sfrutta figure simili a quelle create dal noto studioso triestino
Gaetano Kanizsa, come il famoso triangolo che si vede anche se dal punto
di vista fisico, non esiste. Ma lo scopo di Lotto non è indagare i
meccanismi della visione, e le sue basi neurali, bensì stupirci come fa
un mago nel corso di uno spettacolo. E la meraviglia dovrebbe
convincerci che etichettare come illusorie le classiche illusioni
ottiche è anch’esso un abbaglio: il sistema visivo non è una copia della
realtà esterna. Al contrario, l’evoluzione l’ha costruito in modo che
noi ricostruiamo il mondo per agire meglio in esso. Proprio per questo
possiamo de-costruire la realtà oggettiva e usare le illusioni come una
chiave per spingerci a “deviare” dai modi consueti di affrontare le
cose. Lotto vuole insegnarci a vedere gli altri e la realtà esterna in
più modi, fuori dagli schemi, dalle regole, proprio come per solito
fanno gli studiosi che analizzano il pensiero.
Insegnare la
creatività e l’innovazione: questo è il suo vero obiettivo. Lo stupore
di fronte alle illusioni ottiche non è altro che l’inizio di un cammino
di de-costruzione, di valorizzazione delle incertezze con cui oggi
dobbiamo convivere. Lotto vorrebbe indurci a vedere oltre le regole
consuete, sfruttando il casuale e il deviante per innescare nuove
visioni in ogni campo dell’attività umana. Persino dagli infingimenti
ottici più spettacolari può forse partire un percorso di addestramento
al dubbio, al pensiero critico, alla messa in crisi dell’illusione della
conoscenza. In questa prospettiva Kinnebrook è stato una vittima del
conformismo. L’Assistente dell’Astronomo Reale, con il suo stile
personale e la sua indipendenza, aveva dato la chiave per iniziare
questo percorso. Nessuno nella Gran Bretagna di allora volle
proseguirlo.
Beau Lotto, Percezioni. Come il cervello costruisce
il mondo , traduzione di Giuliana Olivero, Bollati Boringhieri, Torino,
pagg. 332, € 25