Il Sole Domenica 12.11.17
Il ruolo degli aleviti
In strada l’altro volto dell’Islam
Le
manifestazioni di piazza Takism degli scorsi anni hanno fatto conoscere
al grande pubblico fuori dalla Turchia che qui c’è un Islam diverso e
tollerante che chiede di essere riconosciuto. Ci sono musulmani che non
hanno l’obbligo delle cinque preghiere rituali, che celebrano le loro
cerimonie accompagnandole in luoghi che non sono le moschee ma i
cemevis, le case comuni, dove uomini e donne senza il velo stanno fianco
a fianco danzando al suono del liuto, musulmani per i quali la
convivenza tra le fedi è un valore fondamentale: tutto questo sono gli
aleviti, 12 milioni su 70, una minoranza comunque consistente che non si
trova in nessuna statistica della Turchia dove ufficialmente la
popolazione è al 98% sunnita. Ma gli aleviti ci sono, eccome: lo è il
capo del partito repubblicano Chp, Kemal Kilicdaroglu, il magnate dei
media Aydin Dogan, il finanziere Mustafa Suzer, lo sono soprattutto
migliaia di turchi scesi in piazza ad Ankara e Istanbul per chiedere
l'abolizione del direttorato degli affari religiosi che monopolizza ogni
versione dell’islam omologandola a quella sunnita ortodossa.
Per
molto tempo la loro vicenda, che si snoda anche in Siria, Iraq e Iran, è
stata ignorata: ritenuti eretici, gli aleviti hanno mantenuto nei
secoli, e anche dopo la repubblica di Mustafa Kemal Ataturk, un profilo
basso, praticando la taqyya, la dissimulazione della propria fede, per
sopravvivere alle persecuzioni. Milioni di turchi non sanno neppure
esattamente chi siano, basandosi su pregiudizi o storie infamanti che
portarono nel 1993 a un attacco integralista in cui 37 cantori aleviti
furono arsi vivi nell'incendio doloso dell'hotel Madimak di Sivas.
Alla
base della dottrina c’è l’opposizione tra ciò che è manifesto, zahir, e
quanto invece resta nascosto, batin, espressa nella metafora del guscio
e della mandorla: il segreto del culto alevita è estrarre dall’Islam
“la mandorla della conoscenza” e lasciare ai bigotti “il guscio vuoto
della legge”. Gli aleviti, da non confondere con gli alauiti siriani,
non osservano il Ramadan ma digiunano per il martirio di Hussein,
consentono gli alcolici, non compiono il pellegrinaggio alla Mecca,
venerano il Corano ma non lo recitano.