Il Sole Domenica 12.11.17
Manuali
Come usare il cervello
di Gilberto Corbellini
Un
libro sul cervello scritto nella forma di un manuale per l’utente, con
tanto di informazioni sulla garanzia, la risoluzione degli
inconvenienti, le note legali, etc. è un originale e intelligente modo
di divulgare le neuroscienze. L’ha pubblicato Marco Magrini, giornalista
che scrive di economia e scienza, e contiene una semplificata ma
aggiornata e corretta sintesi delle conoscenze neuroscientifiche. Del
device che porta incorporato, l’utente, cioè il lettore, sa pochissimo,
dando per scontate non poche false credenze in circolazione. L’autore
illustra le caratteristiche tecniche del cervello, i modi di funzionare e
le prestazioni della macchina che governa ogni essere umano. Ne
descrive le potenzialità straordinarie, ma anche i limiti, cioè a quali
problemi può andare incontro per difetti, malfunzionamenti o
invecchiamento, con relative conseguenze per la qualità e la continuità
della sanità mentale. La forma del manuale d’uso consente di comunicare
le informazioni a diversi livelli, di produrre tabelle di sintesi, di
trattare con ironia luoghi comuni e miti.
Tra questi, accanto
all’ingenuità di credere che noi useremmo solo il 10% del nostro
cervello, o che ascoltare Mozart farebbe diventare più intelligenti, o
che il sudoku e altri giochetti logici rallenterebbero il decadimento
mentale dovuto a senilità, da alcuni anni ci sono anche i neuroni
specchio. Magrini si è assunto l’onere di leggere le prove, chissà come
inaccessibili agli autorevoli scienziati che hanno premiato Giacomo
Rizzolatti con un milione di euro di soldi pubblici dei cittadini
lombardi (in quale paese civile si usano soldi pubblici per farne premi
scientifici?), che i neuroni specchio, benché di una certa importanza,
non spiegano il meglio della natura umana, e non c’è uno straccio di
dimostrazione che entrino in gioco nell’autismo.
Il manuale
insiste sulla modificabilità o plasticità, cioè adattabilità ai contesti
o trasformabilità in funzione dell’esperienza, del cervello. Nel libro
si leggono cose in larga parte vere e alcune ancora da controllare, su
come funzionano e dove si distribuiscono anatomicamente memoria,
apprendimento, immaginazione, linguaggio, etc. Un concetto enfatizzato è
che il cervello è una macchina che risponde agli stimoli non
passivamente, cioè registrandoli come tali, ma usandoli per selezionare
risposte pertinenti all’interno di sterminati repertori di possibilità
costruiti in anticipo e spontaneamente.
L’autore parla di
«predizione» e correttamente paragona la strategia decisionale del
cervello al ragionamento bayesiano. Il cervello è la macchina più
complessa al mondo proprio perché usa la serialità, la gerarchizzazione e
la modulabilità dei collegamenti fra strutture e aree per esplorare
attivamente in anticipo infinite possibilità di risposta a situazioni
previste o impreviste, conservando poi una memoria riorganizzativa ed
emotivamente pesata di quell’esperienza. All’interno di queste regole
emerge probabilmente l’illusione del libero arbitrio. Il cervello ha
moltissimi gradi di imprevedibilità, benché sempre all’interno di uno
spettro predefinito dalla genetica e dall’epigenetica della macchina.
Questo non vuol dire che ci sia qualcuno (un Io) che decide
indipendentemente dai processi neuronali che hanno luogo e che
determinano completamente il comportamento individuale.
Anche di
coscienza e libero arbitrio si parla nel libro in modi pertinenti, cioè
riportando informazioni che vengono da esperimenti e ricordando che non è
ben chiaro da quali strutture e collegamenti dipendano (anche se si sa
da quali NON dipendono). L’autore dice che «noi siamo il nostro
cervello» e nient’altro, ma spesso sembra rivolgersi al lettore come se
parlasse a qualcuno che può decidere, per un atto di libera volontà, di
fare cose diverse da quelle che il suo cervello gli fa fare. La
coscienza, credere nel libero arbitrio e altre manifestazioni funzionali
della macchina che danno l’idea che ci sia un sé immateriale ma capace
di agire sulla materia del cervello, si sono probabilmente selezionate
per autoingannarci e favorire le capacità di autocontrollo, che davano
vantaggi riproduttivi agli esemplari della specie che le sperimentavano.
Insomma
il libero arbitrio non esiste, della coscienza non c’è da essere solo
orgogliosi, il sé è una costruzione molto precaria che può fare ben
poco: allora chi siamo noi? Perché in alcuni casi il cervello ci tira
fuori dai guai e in altri no? Sappiamo per esperienza comune di persone
che riescono a uscire da dannosi loop mentali (e mettere in atto
apparentemente alcune strategie che suggerisce Magrini per attivare la
motivazione) e altre che nella stessa condizione sprofondano. I geni e
le esperienze producono alla fine cervelli unici e non sempre, o per
alcune condizioni mai quel che riesce a fare un cervello lo può fare un
altro. Non tutte le dotazioni genetiche sono appropriate per sviluppare
le stesse potenzialità, al di là dell’ambiente. Se una persona riesce a
superare abitudini dannose, o meno, che non siano segni clinici di
malattie mentali o comportamenti funzionali e a non perdere il
controllo, non lo deve ad altro che ai modi nei quali il potenziale
innato e l’ambiente sono risultati consonanti. Il resto sono
autoinganni, di cui sappiamo bene che la coscienza, tanto decantata, è
maestra assoluta.
Anche la questione dei bias o predisposizioni a
fare scelte o dare giudizi in modi irrazionali, che esistono a
centinaia, alla fine è un problema in una società industrializzata. Nel
corso delle decine di migliaia di anni in cui i nostri antenati erano
cacciatori-raccoglitori-orticoltori, quei bias hanno assicurato la
sopravvivenza o non erano svantaggiosi. La selezione naturale non poteva
prevedere il capitalismo, la democrazia, lo stato di diritto… il web.
Così, oltre che accudirli auspicabilmente con attaccamento, conviene
mandare a scuola i nostri cuccioli, forzando la loro natura, proprio
perché bisogna insegnare loro, manipolando sinapsi e neurotrasmettitori,
a ragionare strumentalmente, a mettere sotto controllo gli impulsi, a
potenziare il linguaggio, a usare il pensiero astratto, etc. Ovvero come
comportarsi accettabilmente nel mondo moderno per godere dei doni che
ci hanno lasciato le generazioni precedenti, a cominciare dalla libertà
per continuare con il benessere, la salute, più eguaglianza, meno
violenza, etc. Dove il cervello dei bambini non è educato abbastanza o è
indottrinato, c’è arretratezza non solo economica, ma anche morale.
Marco
Magrini, Cervello: manuale dell’utente. Guida semplificata alla
macchina più complessa del mondo , Giunti, Firenze, pagg. 255, € 14