venerdì 3 novembre 2017

Il Sole 3.11.17
Ritratto di Xi, il leader cinese più potente dai tempi di Mao
Figlio dell’aristocrazia rivoluzionaria dei «principi rossi»
Esce oggi il nuovo libro di Bruno Vespa, “Soli al comando. Da Stalin a Renzi, da Mussolini a Berlusconi, da Hitler a Grillo. Storia, amori, errori”. Mondadori - Rai Eri, 516 pagine, 20 euro. Pubblichiamo una parte del capitolo dedicato a Xi Jinping.

L’estate del 2017 non ha fatto eccezione. Come ogni anno, da molti decenni, gli uomini che dirigono la Cina si riuniscono nelle prime due settimane di agosto a Beidaihe, una località marittima a meno di 300 chilometri da Pechino, per mettersi d'accordo sul futuro del paese. Qui, nel 1958, Mao Tse-tung ha lanciato il Grande balzo in avanti (un disastro economico con 40 milioni di morti per fame). Qui, trent’anni dopo, Deng Xiaoping criticò le politiche riformiste del premier Zhao Ziyang che portarono poi alla repressione di piazza Tienanmen.
Nel 2017, ricorda Cecilia Attanasio Ghezzi nell'articolo Xi Jinping pronto al secondo mandato: un uomo solo al comando («Lettera43», 26 agosto 2017), il clima era piuttosto teso perché in luglio, pochi giorni prima delle vacanze, era stato arrestato Sun Zhengcai, il segretario del partito a Chongqing, la cui provincia conta da sola la metà degli abitanti dell'Italia. Sun era uno dei 25 membri del Politburo, l'ufficio di vertice del Pcc, ed era considerato il più accreditato successore di Xi Jinping alla guida del partito e dello Stato nel 2022. Nello stesso mese, Xi è stato il solo leader a sfilare nella grande parata commemorativa dei 90 anni dell'Esercito popolare di liberazione, che ebbe in Mao il suo primo condottiero. Non c'è voluto molto a capire che il successore di Xi sarebbe stato Xi.
Il nuovo Mao
Il XIX congresso del partito, svoltosi tra il 18 e il 25 ottobre 2017, ha deciso con voto unanime che «il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era» fa parte della Costituzione del Partito comunista cinese dal giorno conclusivo del congresso stesso. I soli nomi presenti in Costituzione sono quelli di Marx, Mao e Deng Xiaoping, peraltro aggiunto dopo la morte. La decisione di quest’ultimo di porre fine alla guida monocratica del partito, per non far nascere nuovi Mao, è dunque fallita. E nel nuovo Politburo, Xi ha inserito solo persone non giovani e quindi non in grado di sostituirlo nel 2022. Si annuncia, pertanto, una presidenza potenzialmente a vita. Come quella di Mao, appunto.
C’era un tempo in cui a noi occidentali i cinesi sembravano tutti uguali. Non solo perché insaccati nell’uniforme alla Mao, che non capivi mai se fosse civile o militare. Ma ci sembravano uguali anche in viso. Xi Jinping, con i suoi abiti di buon taglio occidentale e la sua espressione simpatica, aperta, gioviale, è il ritratto della nuova Cina postcomunista, pur essendo rigidissimamente comunista.
È nato a Pechino nel 1953 ed è nato bene, anzi benissimo, per gli standard del suo paese. Fa parte, infatti, dei «principi rossi», l’aristocrazia rivoluzionaria, che discendono da chi, come suo padre Xi Zhongxun, ha combattuto la guerra civile accanto a Mao e ha vissuto con lui la liberazione del 1949.
Nel 1969 Xi, appena sedicenne, incappò nella Rivoluzione culturale. Suo padre finì in prigione, lui fu mandato a rieducarsi nello Shanxi, in un gruppo di produzione. «Un ragazzo istruito», gli dissero, «ha bisogno di rieducazione da parte dei contadini più poveri.» Furono anni di forti privazioni, ma lui ne ha fatto un punto di forza della sua carriera.
«Mi ritrovai ogni giorno a fare diversi chilometri a piedi in montagna, trasportando sulle spalle 50 chili di peso in equilibrio sul bastone dei portatori».
Quando, a metà degli anni Settanta, la Rivoluzione culturale finì, Xi si laureò in ingegneria chimica e divenne funzionario di partito. Nel 2002, alla vigilia dei 50 anni, la prima svolta: diventò membro del comitato centrale del partito e, come governatore, fece dello Zhejiang una delle province più avanzate. Fu allora che iniziò la lotta alla corruzione, che ha sempre caratterizzato la sua politica.
La lotta alla corruzione
Da quindici anni era sposato con Peng Liyuan, una militante comunista (è stata anche membro dell’Esercito popolare di liberazione) che era, soprattutto, una cantante di successo. Nel 1983 era diventata popolarissima perché era stata la star della notte del Capodanno lunare, ruolo che avrebbe svolto anche negli anni successivi. Nei primi anni di matrimonio, insomma, Xi veniva chiamato «il marito di Peng Liyuan». La coppia ha avuto una figlia, Xi Mingze, che ha studiato a Harvard sotto pseudonimo per evidenti ragioni di sicurezza e di privacy.
Nel 2007 i ruoli si ribaltarono, quando lui diventò segretario del partito di Shanghai, fu eletto membro dell’ufficio politico del Pcc e segretario del comitato centrale: una posizione di potere strategica. Uomo di fiducia del presidente Hu Jintao, diventò suo vice nel 2008, viaggiando spesso all’estero e facendosi conoscere da molti statisti stranieri. Diede le prime dimostrazioni del suo celebrato pragmatismo durante un viaggio in Messico nel 2009, nel pieno della crisi finanziaria internazionale. Difendendo l’impegno del suo paese per combatterla, Xi andò per le spicce con un gruppo di garbati contestatori: «Primo, la Cina non esporta la rivoluzione. Secondo, la Cina non esporta fame e povertà. Terzo, la Cina non esporta seccature. Che altro c’è da dire?». (...)