Il Sole 25.11.17
La Leopolda tra l’ombra di Berlusconi e il ritorno dei «padri» del Pd
di Lina Palmerini
Si
è aperta la prima Leopolda dopo la sconfitta referendaria. La prima
dopo quella scommessa persa che ha messo in discussione molti degli
obiettivi che si era dato Matteo Renzi. Ed è certo per questo che
l’appuntamento iniziato ieri sembra così distante dagli slogan di una
volta. La rottamazione che sbiadisce davanti al ritorno – necessario -
dei “padri nobili”, di quegli “ex” richiamati in campo proprio dal
leader Pd per tessere la tela delle alleanze. Tornano Romano Prodi,
Walter Veltroni e pure Piero Fassino che un po’ di tempo fa erano tenuti
in disparte da un leader che doveva segnare la discontinuità con la
storia e la tradizione della sinistra. E torna la parola coalizione, una
volta bandita da ogni discorso perché così stantìa, così tanto vicina a
quei ragionamenti in politichese che Renzi rifuggiva. Eppure ora gli
tocca pronunciarla e parlare di pensioni e superticket, di bonus bebè e
ius soli soprattutto in chiave di un patto tra futuri alleati.
Insomma,
è come se le ferite della sconfitta di un anno fa si riaprissero tutte
alle Leopolda perché in fondo proprio questo è stato il luogo in cui
tutto è cominciato, un avamposto della rivoluzione renziana che ha poi
trovato la sua principale realizzazione nella riforma costituzionale.
Fallito quel referendum, e il sistema elettorale con ballottaggio a cui
era collegato, fallisce pure la potenza di quegli slogan sulla
rottamazione, sul ricambio di classe dirigente, sugli italiani che
decidono chi li governa e che la sera stessa sanno chi ha vinto. A Renzi
resta un Pd che nel frattempo ha avuto una scissione, un partito nato a
sinistra in diretta competizione con il suo, un Governo guidato da un
premier – Paolo Gentiloni – che molti vedrebbero bene al suo posto e una
legge elettorale che lui ha votato ma che rimette in gioco i negoziati
tra partiti e cambia i connotati della sua leadership.
È un po’
questa la terra incognita del segretario Pd. Dover trovare una nuova
chiave alla sua guida politica che è nata ed è ancora percepita dagli
elettori non per fare mediazioni ma per cambiare schemi di gioco. Ed è
questo il suo dilemma tanto più se la corrente di oggi, proprio per il
Rosatellum, spinge non solo verso i patti a sinistra ma verso le larghe
intese con Silvio Berlusconi. Uno scenario imprevisto e pure beffardo
che aleggia sulla Leopolda che era nata per ribaltare la politica
italiana dell’inciucio, per rimuovere i leader incollati alla poltrona e
si ritrova a fare i conti con un possibile patto con il Cavaliere, 81
anni anche se ben portati. Ecco, in questa kermesse Renzi e i suoi
dovrebbero cercare di dare un senso a questo mondo al rovescio e trovare
un filo tra le promesse delle origini e una realtà così distante da
come l’avevano pensata. Che oggi richiama più alla responsabilità che
alla rottamazione.