il manifesto 9.11.17
Grasso riceve i ’big’ di sinistre e civici. E ora prova a ripescare Pisapia
Elezioni&alleanze.
Il no del Prc: «Non vi sono condizioni per convergere». Critica anche
L’Altra Europa. Il comunista Acerbo: «Non consegnamoci a D’Alema» .
Malumori e dissensi nell’area del Brancaccio
di Daniela Preziosi
Dalle
dieci di mattina sono quasi delle consultazioni ufficiose quelle che
vanno in scena a palazzo Giustiniani, nello studio del presidente del
senato. Per primo arriva Gianni Cuperlo, tormentato esponente di
minoranza del Pd dato in uscita dal partito.
Alle due del
pomeriggio salgono i tre capofila della futura lista unitaria: Roberto
Speranza (Mdp), Nicola Fratoianni (Sinistra italiana) e Pippo Civati
(Possibile). Dopo poco si aggiungono Anna Falcone e Tomaso Montanari,
esponenti civici dell’area ‘del Brancaccio’. «Abbiamo portato un
documento condiviso da tutti che segna l’avvio di un percorso comune cui
ci piacerebbe prendesse parte», gli spiegano. Dall’entourage di Grasso
si sottolinea che il presidente del senato resta nel suo abito
istituzionale almeno fino alla fine della sessione di bilancio, e cioè
fino a fine novembre. Anche se l’abito che gli viene confezionato dai
promessi alleati è quello da leader.
LUNEDÌ IL PRESIDENTE ha visto
anche Giuliano Pisapia, martedì il suo ambasciatore alla Camera Ciccio
Ferrara. Con nessuno Grasso fa mistero di due punti fondamentali per il
suo eventuale impegno politico: l’idea di un’alleanza «larga e
inclusiva» e il no alla coalizione con il Pd. Ormai lo sanno anche i
’trattativisti’ dem, che infatti hanno tentato un approccio solo per
mettere a verbale di averci provato.
ORA STA A PISAPIA battere un
colpo per rientrare in famiglia con Mdp e Sinistra italiana dopo la
rottura degli scorsi mesi. Pisapia potrebbe accettare se fosse esplicita
la collocazione di «centrosinistra». Quella che però lo aveva reso
indigesto in primis ai civici. La via è stretta, funestata da rancori e
conflitti recenti e antichi. Ma ancora non del tutto sbarrata: «Siamo
interessati a costruire un nuovo centrosinistra. Al momento non ci sono
le condizioni per farlo con il Pd, ma non cederemo a una ridotta»,
spiega un dirigente di Campo progressista, «La nostra linea rimane la
stessa: un campo largo, plurale, in cui abbiano spazio la cultura
ecologista, i radicali, il civismo, la sinistra e il cattolicesimo
democratico. Se il Pd domani sarà quello di oggi, lo faremo senza il
Pd». Ma la parola finale spetta all’ex sindaco, che ieri notte è
arrivato a Roma e stamattina riunisce i suoi. E domenica mattina terrà
la sua assemblea, presente anche Laura Boldrini, la presidente della
camera. «Una leadership collettiva di Grasso, Boldrini e Pisapia sarebbe
un messaggio chiaro di una coalizione aperta e non una ridotta della
sinistra», spiegano ancora da Cp.
CHE CI SIA O NO PISAPIA,
all’uscita di Palazzo Giustiniani fra i cinque promessi alleati circola
ottimismo. «Avevo detto che l’ultimo uscito dal Pd sarebbe stato il
primo», scherza Civati. Speranza riferisce ai suoi di Mdp. Come per
Sinistra italiana, il documento della lista comune, concordato virgola
per virgola fra le quattro componenti, sarà approvato dalle rispettive
assemblee di partito già convocate in parallelo a Roma per il 18
novrembre. Non si prevedono colpi di scena.
NON COSÌ PER I CIVICI e
per la loro l’assemblea convocata il 18. Ieri sull’Huffington post
campeggiava la soddisfazione di Montanari per i primi passi verso la
lista unitaria. Ma non tutte le assemblee dei territori condividono lo
stesso sentimento. L’Altra Europa per Tsipras, l’associazione nata alle
scorse europee e oggi confluita nell’Alleanza popolare per la democrazia
e l’uguaglianza (il vero nome dei civici) chiede chiarimenti (la
lettera aperta è a pag. 15 del manifesto di oggi).
È INVECE UN NO
QUELLO DEL PRC, il il partito della Rifondazione comunista, che confida
nel confronto del 18 per un cambio di rotta radicale: nel documento,
dice un comunicato, «non vi sono condizioni per una nostra convergenza».
È durissima l’analisi del segretario Maurizio Acerbo: «Non c’era
bisogno di scomodare migliaia di persone in decine e decine di assemblee
per fare una lista tra Mdp, Possibile e Si», «Se volevamo contrattare
qualche seggio in una lista con la vecchia leadership del centrosinistra
telefonavamo a D’Alema e Bersani», e infine, «Ci interessa un processo
che motivi all’impegno e al voto i tanti elettori di sinistra rivolti al
M5S o verso l’astensionismo. Consegnare il Brancaccio a Bersani e
D’Alema non ne riconquisterà nemmeno uno ma di certo farà allontanare
proprio quel poco di sinistra sociale che in questi anni ha contrastato
il neoliberismo e difeso diritti e beni comuni».