il manifesto 7.11.17
Gabanelli, le dimissioni e il virus dell’Agire Etico
Habemus
Corpus. Le dimissioni in Italia sono cosa rara. Quelle della ex
conduttrice di Report dalla Rai hanno in più, alcuni elementi che
dovrebbero far vergognare chi sta attaccato alla poltrona pensando solo
ai propri interessi di conservazione del posto
di Mariangela Mianiti
Le
dimissioni in Italia sono cosa rara. Quelle di Milena Gabanelli dalla
Rai hanno in più, alcuni elementi che dovrebbero far vergognare chi sta
attaccato alla poltrona pensando solo ai propri interessi di
conservazione del posto, del potere e dello stipendio. Già è scandaloso
che un’azienda come la Rai, pagata con il canone da tutti gli italiani
intestatari di un contratto di elettricità, abbia tenuto per più di un
anno a bagnomaria una delle sue giornaliste di punta che fa vera
informazione. Se poi si pensa al palinsesto Rai, al fatto che lì ci sono
quasi 1600 giornalisti, a quali e quanti programmi di approfondimento e
di inchiesta sono prodotti, non c’è mica bisogno di aver frequentato la
London School of Economics per capire che paghiamo tanto per ottenere
il minimo. Dopo aver lasciato Report un anno fa, Milena Gabanelli aveva
presentato alla Rai piani e proposte di vario genere. Un imprenditore o
editore degno di questo nome le avrebbe dato credito perché, anche
considerando solo l’aspetto commerciale e del capitale, bisogna essere
masochisti a non investire su chi è bravo, ha idee e produce risultati. E
invece che fanno questi? Le propongono di tornare al punto di partenza,
ovvero condurre Report, proprio la trasmissione da lei ideata nel 1997 e
che ha lasciato per desiderio di costruire altro.
Chi conosce il
difficile mestiere del giornalismo d’inchiesta sa che richiede tempo,
esperienza, tenacia, bravura, intuito, a volte un po’ di fortuna e un
ottimo lavoro di squadra. Dietro a Milena Gabanelli, infatti, la squadra
c’era e c’è tant’è che, partita lei, la trasmissione continua condotta
da Sigfrido Ranucci, coautore di Report dal 2006 e con un lungo
curriculum di cronista e inchiestista. Oltre all’impossibilità di dare
un contributo utile, una delle ragioni per cui Gabanelli ha preferito
andarsene ha qualcosa di straordinario in questo Paese. Intervistata dal
Corriere della Sera ha detto: «Per quel che riguarda la proposta di
ritornare a Report in condirezione con Ranucci, oltre a precisare che è
stata la sottoscritta a decidere che dopo 20 anni era venuto il momento
di considerarla un’esperienza conclusa, la ritengo mortificante per il
collega e l’intera squadra che sta portando avanti il programma in modo
eccellente». Ha detto proprio così, mortificante. Non perdo tempo a
disquisire sulla proposta della Rai perché si commenta da sola. Voglio
invece dire qualcosa su ciò che c’è dietro le parole di Gabanelli.
C’è
il riconoscimento per chi lavora e lo fa bene. C’è l’orgoglio di chi ha
costruito qualcosa e lo ha lasciato in ottime mani. C’è il rispetto per
chi ti ha sostituito. C’è l’allergia per mosse opportuniste. C’è il non
ritenersi indispensabili. E poi c’è l’indisponibilità a rendersi
complici di tiri mancini. Tutto ciò si chiama Agire Etico. Non è una
merce e infatti non la si trova al mercato. È un modo di essere. È una
scelta di vita, un metodo di lavoro, una qualità dei rapporti e delle
relazioni. È un virus che viene inculcato dall’ambiente, dall’educazione
e quando ti prende non c’è antidoto che lo debelli anzi, più lo si
pratica e più si installa rendendo la persona allergica alle schifezze.
Colpisce laici e non, quindi non ha religione. Purtoppo l’Agire Etico
molti lo predicano e poi non lo praticano e quelli sono i peggiori. Dopo
le dimissioni di Gabanelli, il direttore generale della Rai Mario Orfeo
si è detto «Molto dispiaciuto, ma anche molto stupito». Ha poi aggiunto
di aver cercato «Ogni soluzione per convincerla a restare», ma che le
richieste da lei avanzate erano «Impraticabili». Eh già, mortificare era
invece praticabilissimo.