il manifesto 2.11.17
Falcone: «Per una nuova forza serve un leader di nuova generazione»
Liste&alleanze.
L'avvocata dell'area civica del Brancaccio: Grasso stimabile ma il
metodo no, prima scriviamo il programma e poi chi lo sa incarnare
davvero. Bersani e D’Alema come capi no, serve più coraggio. Ma per le
candidature anche Rifondazione ricordi che le assemblee saranno
democratiche e sovrane
di Daniela Preziosi
Il 18
novembre terranno un’assemblea nazionale «di restituzione del programma,
con tavoli tematici in cui confluiranno le proposte arrivate dai
territori e sulla piattaforma online. Lavoro, diseguaglianza, economia,
Europa» così la spiega Anna Falcone, avvocata e capofila dell’«alleanza
popolare per la democrazia e l’uguaglianza», a sinistra chiamata
sbrigativamente ’quelli del Brancaccio’, dal teatro romano dove si sono
autoconvocati lo scorso 18 giugno. Il numero degli iscritti al movimento
ancora non c’è, spiega, «abbiamo attivato le adesioni online, per
pronunciarsi sulle nostre proposte bisognerà fare un’iscrizione
certificata. Ma ancora non abbiamo tirato le somme». Dopo l’assemblea
quest’area confluirà – se ce ne sono le condizioni – con altre forze
della sinistra in un’altra assemblea, a dicembre, per il varo di una
lista unitaria. «Abbiamo chiesto che sia un’assemblea democratica, non
solo confronto fra gruppi dirigenti. Bisogna dimostrare che cambiamo
metodo, non solo proposta politica. Non dobbiamo rischiare di essere
un’accozzaglia di sigle. Il nostro obiettivo è portare al voto almeno il
50 per cento degli elettori di sinistra che non vota più».
Avvocata,
avete gelato gli entusiasmi dei vostri compagni di strada sul
presidente Grasso. Non è ’il nostro programma vivente’ come lo definisce
Nichi Vendola?
Ho la massima stima di Grasso, gli riconosco
un’identità di sinistra che ha speso nella sua storia precedente da
servitore dello stato. Ma dopo aver perso sei mesi dietro
all’indicazione della leadership di Pisapia vorrei evitare di perdere
altri mesi sull’indicazione di un altro leader, Grasso o no. Non sarà un
leader più o meno carismatico a riportare al voto i delusi, ma riuscire
a far capire che la nostra proposta può cambiare loro la vita. Anche in
parte, sul lavoro, sulle diseguaglianze fra chi vive nelle periferie
del paese o in quelle sociali.
Il problema è il metodo con cui scegliere un leader, o non volete un leader?
Intanto
non vogliamo un leader indicato dai media, anche loro come la politica
hanno un problema serio di scollamento dalla vita reale. Chiediamo di
procedere per priorità: scriviamo un programma insieme, diamo risposte
convincenti, e solo alla fine sceglieremo le migliori candidature e la
migliore leadership che incarni quel programma. Invertire le priorità è
segno di debolezza. Ed è debolezza cercarsi ogni volta un soggetto
terzo, buono per la sua credibilità personale, a prescidere dal
programma. C’è una nuova classe dirigente che emerge, una nuova
generazione che dovrebbe prendersi la responsabilità di essere portavoce
del progetto. Comunque a me piacerebbe una leadership diffusa.
Intanto
di voi ’civici’ in prima fila siete sempre e solo in due, lei e il
professore Montanari. Le vostra ’leadership diffusa’ quando arriverà?
Dopo
l’assemblea del 18 novembre. Ma guardi che la stragrande maggioranza
dei nostri incontri in giro per l’Italia si svolgono senza di noi.
Un leader della lista comunque dovrete sceglierlo. Il Rosatellum prevede che sia indicato il «capo della forza politica».
Chi
incarna un programma dev’essere coerente con quello. Se scegliamo prima
il leader svuotiamo di significato e di forza il programma. In una
società quotata prima si sceglie la nuova mission e poi l’amministratore
delegato giusto per la mission.
Ai tempi di Pisapia eravate contro un leader che aveva votato sì al referendum. Non va bene neanche chi è stato nel Pd?
Ci
mancherebbe altro. Vogliamo costruire un campo largo e non facciamo
liste di proscrizione. Se parla di Grasso, ripeto, è persona
stimabilissima. Ma oltre al metodo c’è un problema di coraggio. Grasso è
rassicurante perché ha servito lo stato. Ma gli italiani non ci
chiedono di essere rassicurati, ci chiedono di essere coraggiosi. Se la
leadership fosse nelle mani dei cittadini sono sicura che farebbero una
scelta più coraggiosa.
Per Rifondazione, che partecipa alle vostre
assemblee, ministri e esponenti dei governi del fu centrosinistra
devono restare fuori dalle liste. Tradotto: no a Bersani, D’Alema. E
altri. La pensa così anche lei?
Certo non possono essere leader.
Ma per le candidature invito tutti, anche Rifondazione, a ricordare che
le assemblee saranno democratiche e sovrane. Si converge su un
programma, e tutto il resto arriverà in coerenza. Non credo che ci
voterebbero se dicessimo: abbiamo un programma radicale, innovativo e
coraggioso, alla Corbyn, alla Sanders, ma un leader della stagione dei
governi precedenti. A Rifondazione ricordo anche di non iniziare dai
veti che dividono. Abbiamo un obiettivo preciso: andare in parlamento
per evitare che i suoi due terzi possano cambiare la Costituzione. Per
questo dobbiamo far eleggere una seria rappresentanza di una nuova
sinistra.
Davvero avete frenato la convergenza con Mdp per le offerte tattiche di dialogo di Speranza a Renzi?
C’è
una parte di Mdp che continua a pensare in maniera ossessiva
all’elettorato del Pd e fa passi comprensibili in quel mondo, volti a
raccogliere l’elettorato in fuga dal Pd. Ma è una cosa incomprensibile
all’esterno. L’elettorato in fuga dal Pd ci voterà non per i tatticismi e
le stoccatine ma per un programma coraggioso, magari anche più di
quello di Italia bene comune.
E ora con Mdp vi siete chiariti?
È
un problema che deve chiarire Mdp al suo interno e con la sua base. Che
viene alle nostre assemblee ed ha le idee chiare. Non capisco le
timidezze dei dirigenti.