il manifesto 28.11.17
65 milioni in fuga: è «apocalisse umanitaria»
La
ricerca. Rapporti Diritti Globali 2017. Il volume sottolinea la svolta
securitaria contro le Ong. Action Aid e Antigone: tolti spazi di
agibilità. Il curatore Segio: 16 miliardi per costruire frontiere
Durante (Cgil): invertire la rotta
di Nina Valoti
Nel
mondo ci sono 65,6 milioni di profughi in fuga da guerre, violenza,
soprusi, povertà. Vent’anni fa erano quasi la metà: 33,9 milioni. Ma
paradossalmente aumentano le spese in sicurezza per le frontiere: ben 16
miliardi e 700 milioni con un trend di crescita annua stimato nell’8
per cento.
Sono solo due dei dati contenuti nel quindicesimo
rapporto “Diritti globali” e spiegano benissimo il titolo scelto
quest’anno: «Apocalisse umanitaria».
Se da anni il dramma globale
dei migranti ha come epicentro il Mediterraneo, quest’anno sono state le
politiche e gli accordi del nostro governo con la Libia a creare un
elemento nuovo e ancor più preoccupante: la criminalizzazione delle
organizzazioni non governative e la quasi totale negazione dell’asilo
politico, definito giustamente «chimera»: solo il 5 per cento delle
domande del 2016 sono state accolte a pieno titolo in Italia.
«Una
apocalisse umanitaria incombente anche perché le guerre sono
proliferate – spiega Sergio Segio, ideatore e curatore del volume con la
sua associazione SocietàINformazione – e hanno due caratteristiche
inedite: la percentuale delle vittime civili aumenta sempre più fino a
toccare il 95 per cento, mentre nella seconda guerra mondiale era del 50
per cento, e i conflitti tendono a non chiudersi mai come dimostrano i
casi della Siria, dell’Iraq e dell’Afghanistan per non parlare di Libia e
Somalia».
Un quadro che rende ancora più urgente «costruire un
mutamento di paradigma che deve partire dal sistema di sviluppo
coinvolgendo però il maggior numero di individui – osserva Segio – il
tempo per cambiare rotta è adesso, diversamente il futuro rischia di
essere un buco nero in cui la governance cieca continuerà a tenere in
piedi il castello di carte dominato dalla finanza».
Come da
tradizione il Rapporto, sostenuto dalla Cgil e da una galassia di
associazioni, si basa «sull’idea di interdipendenza dei diritti
nell’epoca della globalizzazione» e mette dunque in rapporto economia,
lavoro, diritti umani e ambiente.
I capitoli sui migranti dunque
si legano a quelli sulla «crescita economica elusiva» «al tempo degli
algoritmi», «il disordine globale», «la dolosa obsolescenza del pianeta»
più il nuovo capitolo «In comune» che racconta «reti e pratiche dal
basso» per dimostrare che «cambiare è possibile» alternando storie
vicine come il Baobab di Roma con altre lontane, come la Coopamare in
Brasile, cooperativa di raccoglitori di immondizia.
Il tema
dominante però è quello dei migranti e le sue conseguenze, prima fra
tutte «l’odio sociale nella società dell’esclusione». «Il tratto
caratteristico dell’ultimo periodo è certamente la crisi della
cittadinanza – commenta Marco De Ponte, segretario generale di Action
Aid Italia – non si discute più, tutto viene deciso in modo opaco e così
accade anche per la crisi migratoria. In Italia per gestire questo
fenomeno ci sono 12mila microbandi sull’accoglienza senza nemmeno un
database nazionale. Noi cerchiamo invece di investire su competenze e
dialogo per cambiare le cose».
«Siamo davanti ad un genocidio
nell’indifferenza anche da buona parte del mondo progressista perfino
davanti alla tortura – sottolinea Patrizio Gonnella, presidente di
Antigone – . La questione si lega agli spazi di agibilità delle Ong: non
è possibile che proprio dall’Italia sia partita l’idea che chi vuole
salvare vite umane sia cacciato della legalità, queste visioni
securitarie fanno impallidire quanto successe a noi nel 2002: l’allora
ministro Castelli ci fece cacciare dalle carceri perché sosteneva
avessimo legami con gli anarco-insurrezionalisti, ma a nostra difesa si
mobilitò anche la destra. Ora le Ong sono praticamente sole».
«Ormai
il diritto penale è usato per ridurre l’agibilità delle Ong – gli fa
eco Francesco Martone, portavoce della rete «In difesa di» – per reagire
dobbiamo proteggere tutti coloro che fanno sentire la loro voce nel
mondo a partire dagli attivisti a rischio, specie in America latina».
«Condividiamo
questa avventura che consideriamo di grande importanza anche per il
futuro – ha concluso la presentazione del volume di ieri pomeriggio il
padrone di casa Fausto Durante, responsabile delle politiche
internazionali della Cgil – . Nel mondo del lavoro in tutto il mondo i
diritti calano, noi vogliamo invece che siano in capo alle persone e che
siano riconosciuti per legge: per questo in Italia abbiamo presentato
la Carta universale dei diritti».