il manifesto 25.11.17
In tutta Italia, un sostegno deciso alla
lotta delle donne. Non Una Di Meno invita oggi alla grande
manifestazione nazionale. Partenza alle 14 da piazza della Repubblica e
conclusione in piazza San Giovanni in Laterano
di Alessandra Pigliaru
Che
sia una panchina rossa inaugurata a Milano, un flash mob a Sassari per
dire che «l’unico segno che voglio è quello di un bacio», o ancora un
nuovo centro antiviolenza con annessa casa rifugio in Ciociaria, fino
alla installazione performativa in quel di Lecce, oggi l’Italia sarà
attraversata – in lungo e in largo – da iniziative che aderiscono alla
Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Seppure la
qualità e il peso politico di ciascun appuntamento siano assai diversi, è
vero che dalla Basilicata al Veneto, passando per Calabria, Sicilia e
Liguaria, in ogni territorio (nessuno escluso) si moltiplicheranno gli
incontri e in decine di città si scenderà in piazza per dire no alla
violenza contro le donne.
Il movimento Non Una Di Meno, che lo
scorso anno ha portato nelle strade della capitale più di 200mila tra
donne e uomini, invita oggi nuovamente a Roma (dalle 14). Partenza da
partire da piazza della Repubblica per una grande e – si spera –
oceanica manifestazione nazionale; dopo aver rasentato Termini,
costeggerà piazza Vittorio, passerà per via Emanuele Filiberto e,
tagliando viale Manzoni, arriverà fino a piazza San Giovanni in
Laterano. Le varie assemblee cittadine sparse per i territori
organizzeranno certo ulteriori incontri nei propri luoghi di
provenienza, ma è nella capitale che confluiscono oggi più di 20 città;
si attende in questo modo l’addensarsi della marea. Diversi i soggetti
politici che hanno aderito all’appello di Non Una Di Meno che ha appena
diffuso le 57 pagine del primo «Piano femminista contro la violenza
maschile sulle donne e tutte le forme di violenza di genere». Dalla Flc
Cgil alla Fish, quest’ultima (Federazione Italiana per il Superamento
dell’Handicap) annunciando già da diversi giorni la propria
partecipazione per segnalare la maggiore esposizione a violenze e
molestie delle donne con disabilità.
Quel che si attende a Roma è
una composizione piuttosto vasta, libera e soprattutto organizzata da
molti movimenti e associazioni, così come centri antiviolenza e
collettivi, che tagliano il territorio italiano da nord a sud e che
rappresenteranno la propria parzialità di lotta e sostegno al progetto
politico di Non Una Di Meno. Un modo per dire che il femminismo, da cui
nell’ultimo anno sono esplose le più incisive forme di dissenso critico a
livello mondiale, è inaggirabile. Bisognerebbe imparare dalla propria
radicalità generativa, dal proprio smalto insorgente. Le migliaia di
donne e uomini che oggi saranno in piazza non faranno altro che
testimoniarlo.
Nonostante la pratica politica e i saperi di molte
donne rendano grande e sensato lo stesso stare al mondo di tutte e
tutti, una scommessa di civiltà, continuano a persistere delle
contraddizioni che paiono insanabili, pervicace è infatti la
sottocultura che le produce. Tra gli esempi più recenti c’è
l’interrogatorio – per 12 ore di fila – si due ragazze che hanno
denunciato il proprio stupro, sottoponendole – come è capitato al
tribunale di Firenze due giorni fa – allo sfinimento di circa 200
domande tra cui spicca, per eleganza e misura, una relativa all’aver
portato o meno biancheria intima.
Nello stesso paese, quello che
oggi accenderà calde luci arancioni sui monumenti e in cui Laura
Boldrini organizza #InQuantoDonna, lodevole iniziativa a Montecitorio,
sembra spuntare sempre la gramigna del sospetto che, in effetti, dietro
la parola delle donne possa celarsi un qualche inganno. È su quella,
perché risponde a un’esperienza, non importa se riportata dopo un’ora o
20 anni, che invece bisognerebbe puntare tutto. O almeno l’inizio di un
ragionamento politico che possa dirsi credibile. Alla vigilia di questa
giornata apprendiamo che per il rapporto dell’Eures, presentato giovedì,
anche la metà dei femminicidi non sarebbero forse avvenuti se solo si
fosse fatto lo sforzo di dare seguito alle denunce da parte delle donne
poi uccise. Ancora una volta ciò dimostra che il fenomeno della violenza
maschile contro le donne va fermato non in quanto emergenza sociale,
bensì con un lavoro capillare e politico che sappia rinnovarsi
costantemente in tutti i luoghi della vita. Per decostruire alcune forme
endemiche di patriarcalismo. E per dire che nessuna è vittima fino a
quando si lotta insieme, per la propria libertà già guadagnata. Oggi,
come ieri.