il manifesto 17.11.17
Libera scelta in libera chiesa. Il Papa ridefinisce il fine vita
Vaticano/Italia.
Sì alla sospensione dei trattamenti, autodeterminazione e ultima parola
al malato. Bergoglio cambia la «prospettiva» sul biotestamento. I
pro-life vanno in tilt ma la legge ancora attende.
di Eleonora Martini
No
all’eutanasia e no all’accanimento terapeutico. Non dice nulla di
rivoluzionario, Papa Francesco: concetti già espressi almeno dal suo
predecessore Benedetto XVI. Nulla di nuovo, se non fosse che il diavolo
si nasconde nei dettagli. Con grande tempismo e senso politico,
Bergoglio, nella lettera inviata alla Pontificia Accademia per la Vita e
al Meeting europeo della World medical association, usa infatti parole
risolutive su due o tre punti sostanziali sui quali invece il Parlamento
– non certo la società italiana e neppure la chiesa dei credenti – è
impantanato almeno dai tempi di Eluana Englaro.
Sì alla
sospensione dei trattamenti; tutti, anche di nutrizione e idratazione
artificiale («interventi sul corpo umano che possono sostenere funzioni
biologiche divenute insufficienti o addirittura sostituirle»); accento
sull’autodeterminazione del paziente, che ha l’ultima parola rispetto al
medico (ed è questa una sostanziale differenza con l’approccio di
Ratzinger); differenza tra caso e caso («dimensione personale e
relazionale della vita»), come dire: ciascuno ha il proprio concetto di
dignità.
PAPA FRANCESCO CITA la «Dichiarazione sull’eutanasia»
dell’ex Sant’Uffizio del 1980 ma anche Pio XII che nel 1957 considerò
«lecito astenersi in casi ben determinati» dalle cure «potenzialmente
disponibili». Il Pontefice chiede «un supplemento di saggezza», perché
«gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non
sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche divenute
insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a
promuovere la salute». È «dunque moralmente lecito rinunciare
all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro
impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà
definito proporzionalità delle cure».
È una «differenza di
prospettiva», quella che propone Bergoglio, che «assume responsabilmente
il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende
atto di non poterlo più contrastare». «Vediamo bene, infatti – spiega –
che non attivare mezzi sproporzionati o sospenderne l’uso, equivale a
evitare l’accanimento terapeutico, cioè compiere un’azione che ha un
significato etico completamente diverso dall’eutanasia, che rimane
sempre illecita».
MA A CHI SPETTA L’ULTIMA decisione? Qui le
parole del Papa sudamericano segnano la discontinuità con il suo
predecessore tedesco. Per Ratzinger infatti «è innegabile che si debba
rispettare l’autodeterminazione del paziente» ma la «specifica
competenza» del medico «lo mette in grado di valutare la situazione
meglio del paziente stesso» (discorso alla Società italiana di
chirurgia, ottobre 2008). In ogni caso, Benedetto XVI, un mese dopo,
nella Pastorale ai bambini malati, spiegava che va sempre raggiunto «un
giusto equilibrio tra insistenza e desistenza terapeutica».
Secondo
Bergoglio invece «le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne
ha la competenza e la capacità». È «anzitutto lui che ha titolo,
ovviamente in dialogo con i medici, di valutare i trattamenti che gli
vengono proposti e giudicare sulla loro effettiva proporzionalità nella
situazione concreta». Per stabilire «se un intervento medico
clinicamente appropriato sia effettivamente proporzionato non è
sufficiente applicare in modo meccanico una regola generale. Occorre un
attento discernimento che consideri l’oggetto morale, le circostanze e
le intenzioni dei soggetti coinvolti. La dimensione personale e
relazionale della vita – e del morire stesso, che è pur sempre un
momento estremo del vivere – deve avere, nella cura e
nell’accompagnamento del malato, uno spazio adeguato alla dignità
dell’essere umano».
CONCETTI CHE HANNO SCATENATO la reazione
scomposta («no alla strumentalizzazione», da un lato, e «la legge va
contro le parole del Papa», dall’altro) di destre, ultra cattolici e
“pro-life”, impegnati a bloccare in Senato il blando testo di legge sul
fine vita licenziato nell’aprile scorso dalla Camera, con centinaia di
emendamenti ostruzionistici che hanno costretto la relatrice in
commissione Emilia Di Biasi (Pd) a dimettersi nel tentativo di portare
il testo direttamente il Aula per approvarlo entro la fine della
legislatura.
Ma la calendarizzazione è nelle mani della Conferenza
dei capigruppo, e in attesa che il partito di Renzi concluda sul
biotestamento, come sullo ius soli, la propria trattativa.
Il
ministro Martina, vicesegretario del Pd, coglie l’occasione per invitare
(non è chiaro chi) ad affrettare l’iter legislativo. Mentre a Firenze
nasce il comitato #fatepresto che ha lanciato un appello al presidente
del Senato e ai capigruppo sottoscritto, tra le oltre cento personalità,
da Bersani, Bindi, Saviano, Civati, Farina Coscioni, Fratoianni,
Speranza e molti altri.
Ma in Parlamento giace da 4 anni anche una
legge sottoscritta da 68 mila cittadini. È dei Radicali italiani e
dell’Associazione Coscioni, e legalizza l’eutanasia.