il manifesto 16.11.17
«Fondi Ue per lo sviluppo usati per fermare i migranti»
Una ricerca di Oxfam. 400 milioni di euro in meno alla cooperazione per blindare le frontiere
di Carlo Lania
Soldi
europei destinati allo sviluppo utilizzati per finanziare progetti di
contrasto all’immigrazione. E’ quanto emerge da una ricerca condotta da
Oxfam sull’uso del Trust Fund per l’Africa, finanziamenti dell’Unione
europea che stando a quanto previsto dall’Agenda per le migrazioni del
presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker dovrebbero servire
esclusivamente a creare lavoro e migliorare le condizioni di vita nei
Paesi di origine dei migranti e che invece vengono impiegati anche per
impedire a chi fugge da miseria e violenze di raggiungere l’Europa. 400
milioni di euro, pari al 22% del fondo, che l’Europa spende per blindare
i confini dei Paesi di transito, addestrare guardie di frontiera e
organizzare i rimpatri. «Da tre anni c’è una tendenza alla
securizzazione dell’aiuto» denuncia Francesco Petrelli, responsabile
relazioni istituzionali di Oxfam. «Non puoi dire che vuoi rimuovere le
cause dell’immigrazione e pensare di risolvere il problema chiudendo le
frontiere. E invece è quello che sta facendo l’Unione europea».
L’idea
di dar vita a un Trust Fund per l’Africa è nata nel 2015 durante il
vertice Ue-Unione africana di La Valletta. Allo stanziamento iniziale di
1,8 miliardi di euro, quest’anno si sono aggiunti altri 2,9 miliardi di
fondi europei ai quali vanno sommati 200 milioni messi a disposizione
dagli Stati membri (con 15 milioni di euro l’Italia è il primo Paese
donatore). In tutto 3,1 miliardi, sulla carta interamente destinati a
contrastare le cause dell’emigrazione e l’esodo di uomini, donne e
bambini dall’Africa.
In realtà, denuncia Oxfam, le cose non
starebbero completamente così. I progetti approvati fino a settembre di
quest’anno sono stati 117 per un totale di 1,9 miliardi di euro. Di
questi, solo il 63% è per la cooperazione (pari e 1,1 miliardi di euro
destinati principalmente ai rifugiati e, in misura minore, agli sfollati
interni al continente) mentre invece altri 400 milioni (22% del totale)
riguardano la gestione della migrazione e mirano, spiega Oxfam, «a
limitare e scoraggiare la migrazione irregolare» attraverso misure di
contenimento dei migranti, aumentando i controlli alle frontiere e
addestramento le guardie di confine (attività che assorbono il 55% del
finanziamento) ma anche incentivando i rimpatri (25%), l’attività di
identificazione della nazionalità dei migranti (13%) e l’avvio di
campagne di sensibilizzazione nei Paesi di origine in cui si
sottolineano i rischi del viaggio verso l’Europa (4%). «C’è un uso dei
fondi in parte diverso da quello per cui sono stati destinati», prosegue
Petrelli. «In tutti i suoi documenti ufficiali l’Unione europea
sostiene che per mettere un argine alle migrazioni si deve incidere
sulle sue cause profonde: povertà, cambiamenti climatici, assenza di
democrazia. Per far questo occorre sostenere progetti e iniziative utili
a promuovere uno sviluppo che sia anche rispettoso dell’ambiente. Così
invece si sottraggono risorse alla lotta contro la povertà».
«Da
un po’ di tempo i rapporti con i Paesi africani sono pesantemente
condizionati dalle politiche di esternalizzazione delle frontiere
portate avanti da Consiglio e Commissione europea», commenta Elly
Schlein, eurodeputata di Possibile a capo di un gruppo di lavoro della
commissione Sviluppo che ha compito di monitorare proprio come vengo
impiegati i fondi Ue per lo sviluppo. «Questa tendenza tradisce
l’essenza della cooperazione allo sviluppo che secondo i Trattati deve
mirare a eliminare la povertà. Ma così le povertà aumentano e di certo
non si creano opportunità per i giovani africani».
Proprio i
tentativi di bloccare i migranti in Africa potrebbero dunque spingere a
nuove e massicce partenze, con il rischio di trasformare in un
fallimento gli obiettivi di sviluppo del Fondo. Per di più – denuncia
sempre Oxfam – costringendo i migranti ad avventurarsi lungo rotte
sempre più pericolose.