Corriere 16.11.17
Noi, l’Onu e la Libia
I migranti e le lezioni tardive
di Fiorenza Sarzanini
Sono
agghiaccianti le foto e i video che arrivano dalla Libia. Mostrano
uomini, donne e bambini ammassati nei centri di detenzione e costretti a
vivere in condizioni atroci. Svelano i dettagli della vendita di esseri
umani, come documentato dalla Cnn con il reportage sull’asta degli
schiavi. Ha ragione l’Alto commissario dell’Onu per i diritti quando
parla di «mancanza di umanità» e racconta lo choc dei suoi colleghi che
hanno effettuato le ispezioni. E fa bene il presidente del Parlamento
europeo Antonio Tajani quando annuncia l’invio di una delegazione in
modo da verificare sul campo che cosa sta accadendo.
Di fronte a
simili barbarie nessuno può far finta di niente, si deve agire e bisogna
farlo in fretta, senza perdere altro tempo. Perché è vero che la Libia è
un Paese nel caos, ma quando al potere c’era il colonnello Gheddafi le
condizioni di migranti e rifugiati non erano migliori. Anzi. E il regime
di Tripoli impediva alle organizzazioni internazionali di entrare nel
Paese, dunque non era possibile alcun tipo di controllo.
Sulla base
di quelle immagini e della missione in Libia l’Onu ha attaccato in
maniera frontale l’Unione Europea e l’Italia per aver siglato un patto
con il governo guidato da Al Sarraj. L’accordo ha certamente dei punti
deboli, soprattutto perché concede ampi poteri alla Guardia costiera
locale. Ma è pur vero che la scelta del governo guidato dal presidente
Paolo Gentiloni è stata fatta per far fronte all’arrivo di decine di
migliaia di migranti.
U na decisione per reagire all’immobilismo non
solo dell’Europa, ma anche degli organismi internazionali. Ecco perché
alla denuncia dovrebbe seguire adesso un’azione unitaria forte e
concreta. Per la prima volta — anche grazie alla mediazione della Ue e
dell’Italia — l’Onu con l’Unhcr e l’Oim, l’Organizzazione internazionale
per le migrazioni, sono state ammesse nelle strutture di detenzione. Ed
esiste la possibilità di creare proprio nell’area di Tripoli un grande
centro di accoglienza dove i profughi possano essere ospitati e
identificati in modo da favorire poi l’accoglienza come richiedenti
asilo negli Stati europei. È questa la strada da percorrere per salvare
le persone e garantire loro condizioni di vita accettabili. Ma per
ottenere il risultato bisogna procedere insieme. Ergersi sul pulpito e
dare lezioni non serve a risolvere i problemi, soprattutto se sono così
complessi come quelli che si devono affrontare quando si deve gestire un
esodo migratorio dagli Stati africani. Bisogna farlo superando gli
egoismi e mettendo invece a disposizione degli altri competenze e
capacità.