mercoledì 15 novembre 2017

il manifesto 15.11.17
Aste di schiavi a Tripoli, le prove in un video-scoop della Cnn
Vendiamo umani. La giornalista afro-americana commenta: «Mancano solo le catene»
di r. g.

«Mancano solo le catene», commenta la giornalista afro-americana della Cnn che ha messo a segno uno scoop internazionale sul ritorno del mercato degli schiavi in Libia secondo metodi che sembrano ricalcati dal film Django Unchained senza però la fine catartica di Tarantino.
Il video, evidentemente girato con un cellulare e acquistato dalla giornalista, mostra i volti sgomenti dei due ragazzi nigerini venduti all’asta e reclamizzati come esemplari forti, adatti a lavori pesanti come quelli agricoli. Immagini riprese in una notte dell’agosto scorso, sulla base delle quali la giornalista della Cnn ha poi cercato conferme e girato interviste nel centro per migranti Treeq Alsika di Tripoli gestito dalle autorità ufficiali di Tripoli.
È riuscita anche a filmare da lontano un’altra asta di carne umana viva, sempre alla periferia della capitale libica. Un mercanteggiamento veloce, sempre di notte, dentro un compound illuminato e presidiato da un guardiano in tuta mimetica di cui non è stata inquadrata la faccia.
La reporter ha anche intervistato un supervisore del centro di detenzione, il quale conferma di aver sentito dire dell’esistenza di queste aste di schiavi ma di non averne mai vista nessuna. «I contrabbandieri di esseri umani – racconta lei – dopo la chiusura della rotta marittima ad opera della Guardia costiera libica sono rimasti in arretrato rispetto ai passaggi e così diventano i padroni dei migranti, che vendono come schiavi». Lei e i suoi collaboratori hanno quindi consegnato alle autorità di Tripoli tutta la documentazione raccolta, prima di pubblicarla con il titolo «People for sale», ricevendo in cambio la promessa di avviare un’indagine.
In base alle testimonianze raccolte nel centro di detenzione di Tripoli, dove si vedono centinaia di giovani africani accatastati gli uni sugli altri in uno stanzone o in specie di gabbie «senza cibo né acqua», le compravendite di uomini non sono una novità, vanno avanti da tempo. Così come le torture e le richieste di riscatto alle famiglie d’origine. Alle ong dei soccorsi i migranti dicono che avvengono anche dentro i centri.