il manifesto 15.11.17
«Ciao, sono Piero». Alleanze, la mission impossible di Fassino
Democrack.
L’ex segretario Ds manda sms a Civati, Mdp e Si per conto di Renzi In
forse ancora l’incontro con Pisapia. Polemica su Grasso e Boldrini. C’è
anche Prodi nell’agenda, così il mediatore spera di ottenere il sì
dell’ex sindaco. Orlando corregge, non ha criticato i due presidenti:
«Nessuna censura al loro operato». Ma il Pd li attacca
di Daniela Preziosi
«Sono
Piero, ho bisogno di parlarti. Mi chiami?». Nel pomeriggio Pippo Civati
si è trovato questo messaggio nel cellulare. «Piero» è Piero Fassino e
in questo modo molto sciolto ha inaugurato il suo ruolo di ambasciatore
per conto di Renzi. a caccia di alleanze a sinistra. Dei papabili
alleati centristi si occuperà invece Lorenzo Guerini, mediatore meno
caratteriale e più adatto alle missioni delicate. Ma il compito di
Guerini è più semplice.
Quello che Renzi ha affidato a Fassino è
quasi una mission impossible. E infatti ieri sera Mdp e Sinistra hanno
mandato segnali di dubbio persino sull’utilità di un incontro. «Non c’è
nulla in agenda», giurano da Mdp. Civati ci scherza: «Un incontro non si
nega a nessuno». In caso, potrebbero inviare Guglielmo Epifani a nome
del trio dei partiti della lista di sinistra (Mdp, Si, Possibile). Ma in
fondo a che pro? Ragiona un dirigente bersaniano. «Fassino è poco
adatto alle mediazioni, la proposta di un’alleanza con Alfano per noi è
irricevibile. Ma tu incontreresti uno che sai per certo che ti vuole
vendere una patacca?».
L’ex segretario potrebbe incontrare Romano
Prodi nella speranza di arrivare al giro di incontri forte della sua
benedizione. Venerdì toccherà ai verdi di Bonelli, poi ai socialisti di
Riccardo Nencini, a Ignazio Messina dell’Idv, e di nuovo ai radicali
italiani, che si sono già visti con Renzi lunedì scorso (senza chiudere
nessun accordo). Ma il core business delle fatiche di Fassino è
l’incontro con Giuliano Pisapia, l’unico a sinistra che potrebbe
rispondere un sì, sempre ammesso che voglia ancora partecipare alla
sfida delle politiche. Ieri lo ha sentito per telefono. L’appuntamento
non è ancora fissato. Dovrebbe essere un faccia a faccia.
In
serata l’ex sindaco ha riunito i suoi. Le sue intenzioni in queste ore
sono particolarmente indecifrabili anche ai più stretti collaboratori.
Soprattutto dopo l’assemblea di domenica in cui, con la sorpresa
disegnata in volto, si è visto surclassare negli applausi da Laura
Boldrini che diceva: «Per ora non ci sono le condizioni per un accordo
con il Pd, purtroppo». E del resto la proposta di Renzi è sempre la
stessa: un’alleanza da Alfano alla sinistra (sempreché il partitino di
Alfano regga alle divisioni interne).
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La
presidente della camera, insieme al collega del senato Piero Grasso,
ieri è stata al centro delle polemiche, stavolta per l’impegno di
entrambi a sinistra, venuto più allo scoperto in queste ultime settimane
– che sono anche le ultime della legislatura: Grasso ha abbandonato il
Pd ed è indicato come leader in pectore della lista di sinistra,
Boldrini a sua volta domenica ha parlato da leader alla platea di Campo
progressista. Il fatto è che a contestare la seconda e la terza carica
di presunta non imparzialità non sono solo renziani d’assalto, come la
senatrice Rosa Maria Di Giorgio, dopo aver letto Scalfari e De Bortoli.
A
farsi scappare qualche parola di troppo è stato il ministro della
Giustizia Orlando lunedì pomeriggio alla direzione del Pd. La frase che
gli viene attribuita: «Tra lei e Grasso rischiamo di aver creato due
mostri». Il Guardasigilli ieri ha passato la giornata a smentire. «Ho
fatto una considerazione di carattere generale a proposito del fatto che
in assenza di una prospettiva politica del Pd, che speriamo di aver
superato, c’è il rischio di elementi di distorsione e di frammentazione
che possono avere anche riflessi sul fronte istituzionale. Assolutamente
nessuna censura sull’operato di Boldrini e Grasso», dice a Radio
Radicale.
Da Montecitorio e da Palazzo Madama non arriva alcun
commento. Del resto la polemica sa di strumentale – i due presidenti
sono stati più volte contestati anche da sinistra nel corso della
legislatura – e gli esempi di presidenti di una camera che hanno
variamente praticato il loro impegno politico, non solo a fine
legislatura, è lungo: da Fini a Casini, già leader di partito al momento
della nomina, a Schifani.
Mdp difende Boldrini e Grasso, e con
quest’ultimo si schiera anche il leghista Roberto Calderoli: «Gli
attacchi contro il presidente Pietro Grasso sono gratuiti e inopportuni.
Mai come ora sta dimostrando tutta la sua terzietà, come si vede anche
dalla decisione che ha preso oggi di nominare me relatore della riforma
del Regolamento del Senato». Approvata in giunta all’unanimità.