il manifesto 15.11.17
Gramsci e le sue letture intorno al 1917 russo
Un incontro a Bari in cui ci sarà un confronto sulle categorie politiche sue e di Lenin
di Guido Liguori
Nel
gennaio 1917 un militante socialista sardo trapiantato a Torino, che si
guadagnava da vivere scrivendo sulla stampa di partito e cercava di
capire come uno scatto di soggettività rivoluzionaria avrebbe potuto
infrangere le tranquille certezze dei marxisti riformisti intrisi di
positivismo e quieto vivere, scriveva di odiare «gli indifferenti»,
coloro che non si impegnavano, non prendevano parte, che accettavano il
mondo così come era.
POCHE SETTIMANE DOPO, quel giovane di 26
anni, Antonio Gramsci, si entusiasmò come molti in Europa per le prime
notizie che giungevano da Pietrogrado, dove gli operai, le donne (tutto
ebbe inizio nella giornata di lotta dell’8 marzo, che per il calendario
russo corrispondeva al 24 febbraio), i contadini intruppati e armati
come soldati per andare a morire al fronte, in quella guerra senza
precedenti per durata e sofferenze, si erano ribellati e avevano deposto
lo zar, anche se per il momento non erano riusciti a fermare la guerra.
GRAMSCI
AVREBBE seguito nei mesi successivi i fatti di Russia con passione e
intelligenza, avrebbe gradatamente imparato a distinguere le forze in
campo, e capito pian piano che i bolscevichi erano gli unici non solo a
volere la pace, ma anche una vera rivoluzione socialista: la messa in
discussione degli assetti proprietari e l’autogoverno dei produttori
mediante i Soviet. Con i bolscevichi per Gramsci era la volontà
collettiva che aveva trionfato: erano gli essere umani associati che
dimostravano di aver compreso «i fatti economici e li giudicano, e li
adeguano alla loro volontà, finché questa diventa la motrice
dell’economia, la plasmatrice della realtà oggettiva». Una lezione che,
trasferita all’oggi, risulta fortemente antiliberista, poiché ci dice
come le «oggettive leggi del mercato» non vadano subite, accettate,
ritenute immutabile, ma possano essere cambiate, se le donne e gli
uomini associati lo vogliono.
CENTO ANNI sono passati dalla
Rivoluzione russa, anzi dalle due rivoluzioni russe del 1917 (di
febbraio e di ottobre), e ottanta dalla morte di Antonio Gramsci, nel
1937: era quasi inevitabile che dall’incrocio di questa duplice
ricorrenza nascessero antologie, articoli, convegni. Il più rilevante
tra quelli previsti in Italia avrà luogo presso il Palaposte
dell’Università di Bari il 16, 17 e 18 novembre, un incontro
internazionale su Gramsci, la guerra e la rivoluzione. Tra oriente e
occidente, realizzato dalla International Gramsci Society Italia, dalla
Fondazione Gramsci di Puglia, dal Centro interuniversitario di ricerca
per gli studi gramsciani e dalla Fondazione Gramsci di Roma, con la
collaborazione del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di
Bari.
LO SCOPO non è solo quello di ricordare i fatti storici di
quell’«indimenticabile 1917» o ricostruire la lettura che Gramsci ne
diede. Il convegno si propone anche di esaminare le categorie gramsciane
più importanti e misurarne l’utilità per il presente. Mettendo anche a
fuoco come le categorie politiche fondamentali da cui era partito Lenin,
«Stato» e «rivoluzione», cambiarono negli anni della maturità
dell’autore dei Quaderni del carcere, proprio a partire da Lenin e dalla
comprensione della irrepetibilità dell’Ottobre nei paesi a capitalismo
maturo.
Per quest’opera di analisi storica, teorica e politica,
saranno presenti in gran numero studiosi e studiose di tutto il mondo e
di tutte le generazioni. Tra gli altri Donald Sassoon, Giovanna
Cigliano, Giuseppe Vacca, Francesco Biscione, Silvio Suppa e Francesco
Fistetti nella giornata d’apertura dedicata a «Guerra e rivoluzione», e
Fabio Frosini, Lea Durante, Pasquale Voza, Eleonora Forenza e Massimo
Modonesi nel secondo giorno di lavori, su «Un nuovo concetto di
rivoluzione».
COMPLETERANNO I LAVORI, oltre agli altri interventi
previsti (tanti i giovani studiosi e studiose impegnate su Gramsci), una
pattuglia di esperte ed esperti dei paesi che una volta definivamo
dell’Est (nella fattispecie Russia, Romania e Ungheria) che
racconteranno come sono cambiate nel tempo, e negli ultimi anni, la
percezione e la conoscenza di Gramsci nelle rispettive culture.
Infine
uno spazio sarà dedicato alle scuole superiori, attivamente presenti al
convegno, con un’intera sessione di lavoro (sabato mattina) dedicata
all’incontro fra studenti, docenti e studiosi.