il manifesto 14.11.17
I civici contro i partiti: «Lista unitaria non ci sono le condizioni, ci fermiamo»
Sinistra/
Sconvocata l'assemblea. Rifondazione: noi avanti con lo stesso spirito.
Fratoianni: sulle liste nessuna spartizione. Quelli del Brancaccio: non
possiamo garantire il confronto democratico. Accuse a Prc, Mdp e Si
di Daniela Preziosi
«Non
ci sono le condizioni minime di lealtà e serenità per garantirvi che
l’assemblea non si trasformi in un campo di battaglia tra iscritti a
diversi partiti». Tomaso Montanari, frontman dei civici che si sono
autoconvocati lo scorso 18 giugno nel teatro romano del Brancaccio,
cancella l’appuntamento del 18 novembre al cui ordine del giorno c’è
l’adesione alla lista con Mdp, Si e Possibile. Tutto sbagliato, non se
ne fa più niente. Con tante scuse. E in effetti di scuse ce ne vogliono
tante: non solo per i tanti biglietti di treno e aereo dei militanti che
vanno buttati.
LO STOP IN REALTÀ non è un fulmine a ciel sereno.
L’ultima settimana è stata un precipitare di dissensi e malumori. Il 7
novembre Mdp e Sinistra italiana anticipano alla stampa un documento «di
intenti» per la lista unitaria. A stilarlo ha contribuito anche
Montanari. Che però non può annunciare l’adesione formale a nome dei
suoi prima dell’assemblea. I tre partiti vanno avanti e convocano
l’assemblea del 2 dicembre per lanciare la lista. Su Montanari e Anna
Falcone, l’altra rappresentante del Brancaccio, piovono le critiche
severe del Prc, questioni di merito e di metodo, come si usa dire a
sinistra.
INTANTO A TORINO E A FIRENZE si celebrano assemblee
tormentate. Montanari e Falcone si spiegano. Chat, telefonate, mailing
list riservatissime. Si difendono (l’avvocata anche con un’intervista
sul manifesto). Ma ancora sabato sera troppe cose non tornano: da una
parte la ‘narrazione’ del percorso «dal basso», dall’altra le accuse di
scarsa comunicazione e trasparenza. E quella di subalternità verso la
Ditta Bersani&D’Alema, dopo le tante critiche ai governi
blairisti e di centrosinistra. Per di più la democrazia partecipativa
deve essere però organizzata: non è chiara ancora la ’base elettorale’
dell’assemblea, non si rende pubblico il numero di iscritti.
LUNEDÌ
MATTINA i due decidono lo stop. Stop alla convergenza nella lista
unitaria, obiettivo delle 98 assemblee svolte in tutta Italia. Lo
storico dell’arte firma, da solo, un documento indignato. Nessuna
autocritica, è tutta colpa dei partiti della sinistra, tutti: «Hanno
deciso che non vogliono questa unione più vasta possibile», si sono
scelti un leader dal vertice, cioè il presidente Grasso. E hanno deciso
«una spartizione di delegati tra partiti», «un teatro che copre
l’obiettivo reale: rieleggere la fetta più grande possibile degli
attuali gruppi parlamentari». Ce n’è anche per il Prc: «Dopo aver
sostanzialmente preso in ostaggio l’assemblea provinciale del Brancaccio
a Torino, ha fatto capire di voler fare altrettanto con quella del 18 a
Roma: ‘prendiamoci il Brancaccio’, si è letto sui social». E allora
«un’assemblea senza più nulla da decidere sarebbe solo un rissoso
palcoscenico offerto all’impeto autodistruttivo dell’ultimo partito
rimasto». Insomma bisogna evitare che l’assemblea scelga per «una
piccola lista di Rifondazione riverniciata di civismo», considerato un
eventuale «tradimento» delle premesse del Brancaccio, Montanari scende
«dall’autobus». Niente liste, semmai si continua un’associazione.
«ABBIAMO
RICEVUTO accuse e pressioni inaccettabili. Le rigettiamo tutte, come
persone libere, prima che come garanti di questo percorso», scrive Anna
Falcone su facebook,e rivendica di aver stoppato i riti verticisti che
già l’avevano scottata con la lista Ingroia nel 2013: «Se vi odiate
continuate a farlo fuori da qui». Annuncia che le offerte di seggi non
saranno accettate e smentisce divergenze con Montanari: «Non ci
separiamo, andiamo avanti insieme con la nostra associazione».
I
PARTITI MESSI SUL BANCO degli accusati evitano di far volare gli
stracci, ma si difendono: «Non mi rassegno al fatto che non si continui
un percorso che in larghissima parte abbiamo condiviso», dice Nicola
Fratoianni, leader di Sinistra italiana, impegnato anche a smentire la
spartizione delle liste. «Alle liste non stiamo ancora pensando. Abbiamo
condiviso tutti i passaggi politici. Considero questa contrapposizione
fra partiti e civici davvero anacronistica. Mi rivolgo a tutti i
protagonisti del Brancaccio: vengano a contribuire all’assemblea del 2
dicembre». Maurizio Acerbo, segretario Prc, esprime amarezza per il
triste finale della vicenda e se la prende con i tre partiti della
lista: «Invece di investire sul Brancaccio, cioè la creazione di una
lista unica a sinistra davvero innovativa, hanno preferito un accordo di
vertice su un profilo ambiguo». Il Prc annuncia una lista «della
sinistra antiliberista», «nello spirito del Brancaccio». Ma naturalmente
non tutti i comunisti sono d’accordo: per Marco Ferrando, dei trozkisti
del Pcl, il fallimento del Brancaccio «non è un incidente, ma la fine
annunciata di un equivoco. Iscrivere alla sinistra che c’è D’Alema e
Bersani, primi responsabili della distruzione della sinistra ha reso
quel paradosso insostenibile». Massimo Torelli, dell’Altra Europa,
associazione che pure aveva criticato i due, ora chiede «rispetto» per
loro, e di non partecipare «allo scaricabarile o al tiro al bersaglio,
abbiamo perso tutte e tutti».