Il Fatto 14.11.17
“Così non va, non cediamo ai nominati dalle segreterie”
Tomaso
Montanari - Il leader dei Comitati per il No: “Hanno calato un leader
dell’alto e pensano solo ai posti, è la fine del Brancaccio”
“Così non va, non cediamo ai nominati dalle segreterie”
di Luca De Carolis
“Io
spero ancora in un ripensamento, che capiscano. E comunque non si
aprirà l’ennesima guerra a sinistra: non faremo certe liste civiche
autonome, questo lo garantisco”. Tomaso Montanari, professore di Storia
dell’arte presso l’Università di Napoli, è uno dei motori di Alleanza
popolare per la democrazia e l’uguaglianza, la sigla che porta avanti
l’esperienza dei Comitati per il no. Parla con tono amareggiato, anche
se mischiato a un certo sollievo: “Sono a casa mia, in mezzo ai libri”.
In mattinata lui e Anna Falcone, l’altro volto dei Comitati, hanno
annullato l’assemblea del 18 novembre a Roma “perché rischia di
trasformarsi in uno scontro tra partiti. In questo clima esasperato,
l’organizzazione leggerissima su cui possiamo contare ci avrebbe
impedito di garantire un andamento democratico e sicuro di questo
incontro”. Tradotto, niente accordo a sinistra tra Comitati e partiti
tradizionale.
Montanari, cosa è successo?
Succede che il
percorso del Brancaccio (l’assemblea del 18 giugno scorso a Roma, da cui
è partita l’operazione per tenere assieme i comitati con la sinistra
fuori dal Pd, ndr) si interrompe qui: almeno per ora.
Perché? Siete proprio incompatibili?
I
tre leader dei partiti fuori del Pd, Giuseppe Civati, Roberto Speranza e
Nicola Fratoianni, hanno convocato un’assemblea per il 2 dicembre senza
spiegarci mai il metodo con cui si sarebbe tenuta. E in questi giorni
abbiamo capito perché: vogliono renderla una spartizione di posti tra
partiti. E all’epoca del Rosatellum o dell’Italicum il nesso tra popolo,
Parlamento e capi partito è quello cruciale. Specie per chi viene dalla
battaglia referendaria.
Magari si poteva aspettare l’assemblea e poi valutare.
Il
problema è di fondo. Noi non volevamo e non vogliamo rinunciare ai
partiti, però intendevamo includerli in un progetto su base civica.
Avevamo delle richieste precise, tra cui far scegliere candidatura e
leader alle assemblee. E una serie di condizioni: tenere nelle liste
almeno il 50 per cento di persone mai state in Parlamento, e il 50 per
cento di donne. In più, avremmo proposto a una libera assemblea di non
candidare chiunque avesse avuto incarichi di governo.
Cioè Bersani e D’Alema…
Si
può fare politica anche senza candidarsi. Io ho sempre detto che non mi
sarei presentato, e questa è anche la mia forza. Dopodiché a decidere
chi includere nelle liste dovevano essere le assemblee territoriali.
Ma le vostre richieste sono finite nel nulla, a sentirla.
Noi
volevamo un progetto che partisse dal basso, e invece i partiti hanno
calato un leader dall’alto. Ma se ce l’hai già, che ti riunisci a fare?
Cioè il presidente del Senato Pietro Grasso.
Con ogni evidenza.
Obiezione: un leader riconoscibile è necessario. E poi, senza gente nota come Bersani come si prendono i voti?
Bisogna
cambiare elettorato di riferimento, e smetterla di pensare solo agli
elettori del Pd. I miei studenti D’Alema non lo voterebbero mai.
E uno sconosciuto sì?
Bisogna
innanzitutto riportare alle urne gli astenuti: e loro li convinci con
un progetto civico, convincendoli che la politica può cambiare la loro
vita, e che non è una professione. Non serve un Pd bonsai, ma un nuovo
progetto a sinistra. E bisogna puntare a un elettorato molto più largo.
E invece i partiti…
Vogliono
fare una lista arcobaleno. Ma quel modello, con dentro anche
Rifondazione comunista, è stato applicato alle Regionali in Sicilia con
la candidatura di Claudio Fava, e hanno preso il 6 per cento. Non mi
pare granché.
Una lista civica avrebbe preso di più?
Alle Comunali di Padova una lista formata così ha preso il 23 per cento.
Ma sul piano nazionale è un’altra cosa. Si rischia di morire di elitarismo.
Noi a difesa della Costituzione abbiamo raccolto 20 milioni di voti. Le pare elitario?
Non erano solo voti vostri.
Certo,
dentro c’erano anche il M5S e la destra. Ma noi abbiamo portato a
votare i 18enni, abbiamo mosso giovani e gente che non votava da anni. È
quella la rotta.
Cioè rubare consensi ai 5Stelle?
Dobbiamo
essere competitivi con loro. E comunque la sinistra deve imparare
qualcosa dallo spirito originario del M5S, secondo cui non bisogna
essere professionisti per fare politica. Bisognerebbe essere più umili.
Io ricordo spesso che la Costituzione l’ha scritta un’assemblea di non
professionisti. E forse è per questo che è così carica di futuro.
Ma in questi giorni cosa vi siete detti con i rappresentanti dei partiti?
Diciamo che ci hanno trattato come dilettanti incapaci.
Chi?
I grandi professionisti a tutti noti. Ma l’abbiamo presa come un complimento.
Gli strappi in politica si possono ricucire.
Io mi auguro davvero che possa accadere, spero che ci ripensino.
Altrimenti, non è che farete una lista per conto vostro?
Assolutamente
no, basta con il frazionismo a sinistra. Con Renzi e Berlusconi che
incombono, non starò certo a polemizzare con Fratoianni o Speranza.
Potrei perfino votarli.
Anna Falcone ha scritto su Facebook che continuerete con la vostra associazione. Stavate per rompere?
No, sono state solo ore molto tese. Ma ora io ho scritto un documento. E continueremo a lavorare assieme.