il manifesto 12.11.17
Anime belle e fascismo 2.0
di Alfio Mastropaolo
Le
attuali vicende politiche, anche le più disparate, ripropongono un
antico punctum dolens per i regimi democratici: il principio di
maggioranza. Meglio ancora il suo possibile abuso. Il popolo, è stato
detto molto saggiamente, è manipolabile. Quindi il governo del popolo va
rigorosamente imbrigliato, a cominciare dal principio di maggioranza.
Sono cautele elementari, che chiunque abbia anche solo orecchiato i
classici del pensiero liberale e democratico conosce molto bene.
Ciò
malgrado, dimenticati i disastri che un impiego sconsiderato del
principio di maggioranza produsse tra le due guerre, da un quarto di
secolo in qua la contesa intorno al principio di maggioranza e alle sue
limitazioni si è vivacemente riaccesa. Con due varianti principali. La
prima è quella cosiddetta populista. Il popolo è sovrano e quindi ha
sempre ragione. Pertanto la sua volontà, e chi se ne fa portavoce, sono
al di sopra della legge.
La seconda variante è quella delle anime
belle della governabilità democratica. Per loro i regimi democratici
pretendono governi stabili, solidi ed efficienti, sorretti da
maggioranze omogenee e anch’esse stabili. E poiché nel complicato e
pluralistico mondo in cui viviamo simili maggioranze non si producono
per natura, servono appropriati artifici per produrle.
Le anime
belle tengono a distinguersi dai populisti. I populisti sono grossolani,
sguaiati, anche razzisti. I loro progetti di governo sono sgangherati.
Quando gli capita di governare, sono, ben che vada, dei pasticcioni. Le
anime belle sono democraticamente inappuntabili. Hanno rispetto per la
legge, inneggiano alla divisione dei poteri, ai diritti fondamentali,
alle tutele delle minoranze, alle intangibili libertà civili.
Non
fosse che il populismo si è per loro rivelato una manna. È forte anzi il
sospetto che il populismo se lo siano inventato a loro misura le anime
belle (mediatiche e accademiche, a servizio di quelle politiche), che
hanno conferito una patente di democraticità, volutamente ambigua, a
forze politiche cripto e parafasciste dell’acqua, le quali hanno però
l’accortezza di immaginare un fascismo adeguato ai tempi e in grado di
sfruttare le opportunità offerte dalle istituzioni democratiche: il
fascismo 2.0.
Il populismo è una manna per le anime belle anche
perché permette loro una profittevole equidistanza rispetto alle
antiquate lamentazioni dei parrucconi che tuttora diffidano
dell’indiscriminata applicazione del principio di maggioranza, nonché
delle maggioranze create artificialmente dalle leggi elettorali, e che
le temono in quanto possibili premesse di rischiosi sconvolgimenti
nell’equilibrio tra istituzioni e nelle stesse libertà civili. Va bene
che sono paesi lontani. Ma sono confratelli dell’Ue: simili
sconvolgimenti sono già occorsi in Polonia e Ungheria. Scritte sotto
dettatura delle anime belle, le regole del gioco vi hanno consegnato il
governo ai populisti, che di quelle stesse regole si avvalgono anzitutto
per tacitare i dissenzienti. Conviene ricordarlo. I populisti governano
in Polonia col 35% dei consensi, quando ha votato circa la metà degli
elettori. Quanto all’Ungheria, la maggioranza di Orbàn si fonda sul 45%
dei voti su una platea di votanti che supera di poco il 60% degli aventi
diritto.
Le anime belle strumentalizzano con grande
spregiudicatezza lo spauracchio populista. Lungi da noi il sospettare
che almeno alcune lo facciano nutrendo smodate ambizioni di potere.
Osserviamo solo che ne hanno fatto il grande tema delle elezioni. Altro
che programmi! Conta solo la finale tra anime belle e populisti (o
fascisti 2.0). Eppure, non è difficile riconoscere un qualche vincolo di
parentela tra gli uni e gli altri. Sono tempi difficili. Nei tempi
difficili il disorientamento è ovvio. Frutto ovvio del disorientamento è
la tendenza a rivolgersi a figure salvifiche, cui si riconoscono gli
attributi del carisma. Non è passato molto tempo dacché in Germania tali
attributi furono riconosciuti nientemeno che a un modestissimo
imbianchino. Fascisti 2.0 e anime belle sono uniti nella loro smania
oscura per l’autorità personale.
Non serve far nomi e conviene
piuttosto fare un giretto sui social. È impressionate il culto adorante
del capo che circonda taluni leaders politici: tanto quelli che
piacciono ai populisti, quanto quelli graditi alle anime belle. Anche
l’astiosità verso gli avversari di tali leaders, e quella con tali
leaders sono difesi da ogni più sommessa critica, offrono motivo di
riflessione. Ciò su cui tocca però in special modo riflettere è la
democrazia. Non l’idea, che ha qualche fascino, ma le sue concrete
attuazioni. Che sono sempre più mediocri e più ambigue. La democrazia
non è un valore in sé. Anche dalla democrazia occorre difendersi. Il
cielo ci salvi dai populisti. Ma ancor di più dalle anime belle.