domenica 12 novembre 2017

Il Fatto 12.10.17
Caro Minniti, zone franche come Ostia esistono
di Antonio Padellaro

“È la dimostrazione che in Italia non esistono zone franche”.
Marco Minniti, ministro degli Interni  (dopo l’arresto a Ostia di Roberto Spada, aggressore del giornalista di “Nemo”, Daniele Piervincenzi)

Gentile Ministro,per la nostra lunga conoscenza e per la considerazione che ho verso il suo impegno nell’azione di governo, mi permetto di rivolgermi a lei con estrema franchezza. Purtroppo non è così: in Italia di zone franche ne esistono ancora, spesso ignorate dalle istituzioni e abbandonate al proprio destino. Fino a quando accade qualcosa di grave, i media illuminano la scena e allora lo Stato interviene e applica la legge con il massimo rigore. Meglio tardi che mai.
Su Ostia, in questi giorni, abbiamo appreso cose sconcertanti che lei conosce perfettamente e che non ripeterò. La lettura dei giornali e l’informazione televisiva assai ricca di testimonianze e analisi rendono tuttavia ineludibili alcuni interrogativi. Come è stato possibile che in quell’importante municipio (la tredicesima città più popolosa d’Italia) dopo anni di indagini giudiziarie sulla presenza invasiva della mafia, seguite da arresti eccellenti e da un commissariamento prefettizio, come è stato possibile che esponenti mafiosi con le collaudate tecniche dell’estorsione e dell’intimidazione, compreso l’uso della violenza fisica, abbiano continuato a fare i loro comodi? Come è stato possibile che (come abbiamo appreso), soprattutto nei quartieri popolari di Nuova Ostia, sia la legge del crimine ad assegnare le abitazioni, a risolvere le controversie, ad amministrare perfino la “giustizia”, e tutto ciò nel più completo degrado e abbandono? Forme radicate di antistato che pensavamo esistessero soltanto nelle fiction di Gomorra o Suburra e che invece comandano indisturbate a pochi chilometri dal Quirinale, da Palazzo Chigi e, mi lasci dire, dal Viminale.
La cosa peggiore, però, è che tutto ciò sia considerato “normale” da numerosi abitanti di Ostia. E che la capacità di consenso mafioso abbia inquinato le falde profonde della democrazia fino a distorcere le più elementari regole del vivere civile. Lo dimostrano la solidarietà espressa a gran voce nei confronti dello Spada (e della sua potente famiglia) mentre costui veniva arrestato dai carabinieri; e gli insulti rovesciati contro i giornalisti colpevoli di aver turbato con inopportune domande l’“ordine costituito”. Lo sappiamo bene: se la famosa testata avesse raggiunto un cittadino qualsiasi invece che un cronista provvisto di telecamera, chi lo avrebbe mai appreso? E quanti nasi sono stati spaccati in questi anni a scopo dimostrativo dai vari Spada a piede libero, e mai denunciati da chi in quella landa è costretto a vivere, anzi a sopravvivere ogni giorno?
Signor ministro, non ci dice niente che in queste elezioni due cittadini del litorale romano su tre non siano andati a votare perché (riassumo) “tanto non cambierà nulla”? E che tra gli elettori dell’arrembante CasaPound ci siano soprattutto giovani e giovanissimi che nei lugubri rituali del fascismo “del Terzo millennio”, così come nella caccia “al negro” da pestare trovano le terribili e irrazionali risposte a un drammatico risentimento generazionale, a un’esistenza che non lascia intravedere un futuro degno? Come vede in queste poche righe non ho citato le responsabilità politiche di questo o di quello. Non servirebbe a niente accusare le colpe di quelli che c’erano prima o l’inettitudine di quelli che ci governano ora. L’unica cosa di cui i cittadini di Ostia non hanno bisogno sono ulteriori dosi di disgusto verso la politica e le istituzioni. Che tuttavia, ne converrà, non può salvarsi l’anima grazie a una provvidenziale (non certo per il coraggioso collega) testata sul naso. Con immutata stima.