domenica 12 novembre 2017

Il Fatto 12.11.17
La marcia della legalità nella piazza del clan Spada
Migliaia di persone attraversano i territori controllati dai boss: nessuna bandiera di partito, solo slogan contro mafia e neofascisti
di Enrico Fierro

“Io non sono così”. È lo slogan che in tanti hanno scritto sui cartelli. “Non sono così, non sono come loro, non vivo di violenza e prepotenza, voglio uno Stato che funzioni e che sia presente anche nel cuore di Nuova Ostia”. Le parole di questo cinquantenne che marcia insieme a migliaia di persone, sono la sintesi migliore della giornata vissuta ieri ad Ostia.
Una grande mobilitazione antifascista, si sarebbe detto un tempo. Espressione che oggi conserva intatta tutta la sua attualità. Perché il fascismo c’è, ha rialzato la testa, sta tornando, occupa spazi da anni lasciati vuoti dalle forze democratiche, e in questo enorme quartiere di Roma si è sposato con la peggiore criminalità. I neri, quelli che si riempiono la bocca di “legalità”, vanno a braccetto con spacciatori, estorsori, lenoni, picchiatori. Dove il racket comanda loro prendono i voti.
La verità è questa e Ostia ieri lo ha capito. C’è la sindaca della Capitale nel corteo. “Virginia Raggi può piacere o meno, io non l’ho votata, ma è la sindaca della città delle Fosse Ardeatine, e ha fatto un grande gesto a volere questa manifestazione”, dice Alberto, che ha sessant’anni e fino al crollo del Muro ha militato nel Partito Comunista Italiano. “Quando c’era da scendere in piazza contro il fascismo, noi eravamo contenti se c’erano i democristiani e finanche i liberali con noi, perché eravamo riusciti ad unire le forze democratiche”, aggiunge. E il Pd che non c’è? Le altre associazioni che hanno promosso la manifestazione del 16 insieme a Libera e alla Federazione della Stampa? “Sulla posizione del Pd non mi pronuncio, è una scelta loro. Io sono qui”. Esterino Montino ci parla mentre indossa la fascia tricolore. “Il sindaco di Fiumicino (comune a pochi passi da Ostia, ndr) non poteva non esserci. Dico solo che sarebbe stato molto meglio fare una sola, unica, grande manifestazione”.
Il Pd è assente, ma ci sono gli uomini del governatore Zingaretti, l’assessore Rita Visini e Gianpiero Cioffredi, dell’Osservatorio regionale contro le mafie.
Sfila il corteo, le telecamere inseguono la sindaca, lei sfila tra le bandiere rosse dei centri sociali. Stefano Fassina rappresenta una sinistra che ancora non c’è. “Leggo gli striscioni e sento gli slogan, sono contro mafia e fascismo, ma anche contro chi non ha visto il degrado delle periferie. Noi abbiamo iniziato un lavoro qui ad Ostia, insieme a De Donno (il prete che ha dato vita ad una lista di sinistra, ndr), ma non basta”.
Fassina è onesto e chiaro nell’autocritica. “Noi, penso al Pd ma anche alla sinistra, abbiamo abbandonato i quartieri popolari delle metropoli, ci siamo arroccati al centro delle città con i professional, il ceto medio riflessivo e non abbiamo visto che la sofferenza aumentava nelle periferie. Abbiamo lasciato vuoti enormi, altri li hanno occupati”.
“La bellezza è un’arma contro la mafia”, recita uno striscione mentre il corteo attraversa la parte di Ostia dove vive il ceto medio. La gente è affacciata ai balconi, molti applaudono, tantissimi fanno foto. Sfilano anche Vauro e Michele Santoro. “Famose un selfie”, chiedono in tanti. Tamburi e fischietti di un gruppo di musica brasiliana, portano allegria e calore. “Mafiosi e fascisti vogliono il silenzio, noi rispondiamo con il ritmo”, dice una ragazza. “La povertà ingrassa la mafia”. “Case, lavoro, dignità”. Gli striscioni hanno il pregio della chiarezza.
“Lo Stato – riflette un ragazzo – deve riconquistare Nuova Ostia, ma da sola la repressione non è sufficiente. In quel quartiere vanno risanate le case, costruiti punti di aggregazione per i giovani. Gli Spada hanno una palestra? Bene, lo Stato ne faccia due. Fanno entrare anche chi non può pagare? Lo Stato faccia altrettanto. Qui c’è gente che non ha lavoro, non sa come sfamare i figli. Si intervenga altrimenti vinceranno sempre loro”.
Intanto dal furgone in testa al corteo partono slogan e parole d’ordine. Contro la sindaca (“si metta in coda e non faccia passerelle”), contro i giornalisti (“Servi, venite qui solo quando menano uno di voi, dovete starci sempre”), e appelli alla divisione, come se non bastasse quella che c’è già. Gli ultimi distinguo su come e dove concludere il corteo. Parte degli organizzatori vogliono andare fino in Piazza Gasparri, il cuore degli affari degli Spada. La sindaca Raggi è con loro. Un’altra parte vuole fermarsi al Largo delle Sirene e fare un’assemblea pubblica. Si dividono in due tronconi, entrambi affollati. Uno si dirige verso il regno degli Spada. Strade poco illuminate, casermoni popolari, nessuno alla finestra, bar con le saracinesche abbassate. Si vive così dove regnano i boss.