il manifesto 1.11.17
Berlusconi ri-indagato per strage. Il silenzio del futuro alleato Pd
Verso
il voto. È la terza volta, in piena campagna elettorale. La solidarietà
di Lega e destre, imbarazzo dem, attacca solo M5S. Salvini: Indagarlo
per le stragi di mafia è ridicolo, è il solito intervento politico di
una parte della magistratura, andrò a salutarlo giovedì al suo comizio a
Catania
di Andrea Colombo
Come se una macchina
del tempo avesse riportato la politica italiana nel passato Berlusconi,
in testa nei sondaggi sia per il voto siciliano di domenica che per
quello nazionale di marzo, finisce indagato per la terza volta per le
stragi del 1993, dopo due archiviazioni. E stavolta non si tratta
neppure più, come nelle precedenti, di concorso: il sospetto è
addirittura che fosse il mandante delle mattanze.
MOMENTO PEGGIORE
la procura di Firenze non poteva scegliere. L’intercettazione, peraltro
confusa, nella quale il boss Graviano sembra indicare l’ex Cavaliere
come puparo delle stragi («Berlusconi mi ha chiesto questa cortesia, per
questo c’è stata l’urgenza») è nota da oltre un anno ed è impossibile
che la vicenda si concluda con un rinvio a giudizio o con l’ennesima
archiviazione prima delle elezioni. Così, fondata o meno che sia, la
sensazione di una giustizia a orologeria sarà inevitabile.
IN
EFFETTI LA PRIMA conseguenza del colpo a sorpresa partito da Firenze è
stato il riavvicinamento fra le tre anime del centrodestra. Sino
all’altroieri la competizione tra Fi e Lega, in Sicilia, era tanto
marcata che Berlusconi e Salvini dovevano tenere comizi in piazze
separate. «Indagare Berlusconi per le stragi di mafia è ridicolo. È il
solito intervento politico di una parte della magistratura. Andrò a
salutarlo giovedì al suo comizio a Catania», dice ora Salvini. Anche
Giorgia Meloni si associa: «Un’altra campagna elettorale, un’altra
indagine. Solidarietà al presidente di Fi». Giovedì anche lei dovrebbe
arrivare a Catania per un vertice della destra riunificata.
MA NON
SI TRATTA SOLO dei tre partiti che già formano la coalizione. Da
Quagliariello a Sacconi, da Lupi a Fitto, denunciano le trame della
magistratura e abbracciano l’indagato anche innumerevoli centristi. Se
serviva un ponte per completare il riavvicinamento a Fi, l’inchiesta
fiorentina sembra fatta apposta. Certo non tutti i centristi che si
stringono all’ex Cavaliere mirano al rientro all’ovile di Arcore, ma non
è un mistero che al Senato di fronte alla porta del presidente dei
senatori azzurri Romani ci sia la fila.
IL PD È CONSAPEVOLE del
rischio di un micidiale boomerang, senza contare il progetto di alleanza
di governo dopo le elezioni con il sospetto mandante di qualche eccidio
che impedirebbe comunque di alzare i toni. Quelli del Nazareno sono in
effetti bassissimi. Sussurri. Nessun leader azzarda commenti e il solo a
dire qualcosa è il deputato ex Pdl oggi nel Pd Gianfranco Librandi, che
si trincera nell’ovvio: massimo garantismo, massima fiducia nella
magistratura. E meno se ne parla meglio è.
TUTT’ALTRA MUSICA sotto
il cielo a cinque stelle, dove viene colta l’occasione per sparare di
nuovo su Salvini che «bacia le mani a Berlusconi e Dell’Utri». La
crescente durezza degli attacchi dei 5S al Carroccio sembra escludere la
possibilità di un’alleanza post-elezioni, contrapposta a quella tra il
Pd e Fi. La realtà è meno lineare. Il fuoco di sbarramento contro la
Lega rivela la consapevolezza nei 5S che le due forze pescano in un
elettorato affine e spesso identico. La competizione a muso duro è
quindi nell’ordine delle cose fino alla chiusura delle urne nella
prossima primavera. Poi però proprio la vicinanza tra i rispettivi
elettorati agevolerebbe l’intesa. Del resto, non a caso, la principale
critica che il Movimento di Grillo muove a quello guidato da Salvini è
il rapporto con Berlusconi, qualcosa che riguarda le alleanze, non
l’identità leghista.
LE NOTIZIE IN ARRIVO da Firenze sono dunque,
almeno per ora, meno brutte di quel che sembra per Berlusconi, che non
dispera affatto di riceverne invece ottime dall’Europa. «Il candidato è
Berlusconi e confido che la sentenza di Strasburgo arriverà in tempo,
prima che si formi un governo», dichiara Tajani.
PAROLE IN
LIBERTÀ? Fino a un certo punto, e non solo perché a pronunciarle è il
presidente del Parlamento europeo proveniente dallo stesso Ppe di Angela
Merkel, la cui influenza sulla Corte è indiscutibile. Non c’è solo
questo. La Corte riceverà l’incartamento il 22 novembre. Di solito per
la sentenza ci vogliono sei mesi, ma in questo caso la richiesta di
accelerare non sarebbe peregrina. Non si farà in tempo per le elezioni,
problema che l’ex Cavaliere risolverà mettendo il nome sul simbolo non
potendolo fare nella lista. Poi, se la destra vincesse con Fi primo
partito, si dovrebbe attendere poco per una sentenza che potrebbe
schiudere a Berlusconi le porte di palazzo Chigi per la quarta volta.