Il Fatto 1.11.17
Il tramite tra Graviano e B. Una pista porta a Milano 3
L’indagine sui mandanti delle stragi punta all’intermediario che doveva portare a Berlusconi il messaggio del boss intercettato
di Marco Lillo
Si
cerca di capire chi è l’uomo al quale Giuseppe Graviano voleva fare un
discorso intimidatorio diretto alla fine a Berlusconi. E poi chi è quel
“Giovanni”, che – secondo Graviano – “sa tutto”. E chi è l’uomo che
aveva un locale dove si cucinavano “cose sfiziose” a Milano e infine il
misterioso personaggio che avrebbe avuto un appartamento a Milano 3
quando i fratelli Graviano erano lì latitanti.
Sono questi gli
spunti investigativi aperti dalle parole sussurrate dal boss Graviano al
compagno di detenzione Umberto Adinolfi sui suoi presunti rapporti con
il mondo della Milano da bere dei primi anni 90. Si scava anche sul
passato del nonno materno di Giuseppe Graviano, Filippo Quartararo,
classe 1901, morto nel 1986. Gli investigatori vogliono capire se siano
passati da questo signore ricco “alto con i baffoni, l’abito scuro e
l’orologio nel taschino, con la passione della caccia”, come lo descrive
il nipote in cella, i primi rapporti della famiglia con i boss
palermitani che hanno investito a Milano.
Tante piste, una sola
certezza: Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sono indagati di nuovo a
Firenze per l’ipotesi (ovviamente tutta da verificare) di strage.
L’inchiesta mira ad accertare un eventuale ruolo del leader di Forza
Italia e del suo braccio destro nella stagione delle bombe piazzate
dalla mafia nel 1992 e nel 1993. L’indagine sui mandanti occulti è stata
riaperta dalla Procura di Firenze guidata da Giuseppe Creazzo,
competente per le stragi del ’93 a Firenze, Milano e Roma, grazie alle
indagini della Procura di Palermo guidata da Francesco Lo Voi.
L’iscrizione era quasi obbligata dopo che i pm Antonino Di Matteo,
Francesco Del Bene, Vittorio Teresi e Roberto Tartaglia avevano
trasmesso a Firenze le intercettazioni del boss Graviano, arrestato a
Milano e recluso in isolamento dal gennaio 1994, come il fratello
Filippo.
Ilfattoquotidiano.it ha già pubblicato la
videoregistrazione del colloquio del 10 aprile del 2016 durante il quale
Graviano parlerebbe, secondo i pm, di un favore chiestogli da Silvio
Berlusconi nel 1992, prima delle stragi. Il legale di Berlusconi,
l’avvocato Nicolò Ghedini, parla di “illazioni e notizie infamanti prima
del voto, non avendo mai avuto alcun contatto il presidente Berlusconi,
né diretto né indiretto, con il signor Graviano”. Poi chiede al
ministro della giustizia Andrea Orlando di inviare gli ispettori contro i
magistrati per la fuga di notizie.
Certo è che Graviano l’11
marzo 2016 sbotta contro un innominato con Umberto Adinolfi: “Mi sono
fatto 24 anni, ho la famiglia distrutta, senza soldi. Alle buttane
glieli dai i soldi ogni mese”. Poi aggiunge: “Io ti ho aspettato fino
adesso… ho 54 anni. I giorni passano, gli anni passano, sto
invecchiando… eh… no. E tu mi stai facendo morire in galera… io ho
aspettato… ma ti viene ogni tanto in mente di passarti la mano sulla
coscienza se è giusto che per i soldi tu fai soffrire le persone così?”.
Poi
il 10 e l’11 aprile del 2016 comunica al compagno di detenzione il suo
piano. Nella lettura degli investigatori, Graviano vuole convincere
Adinolfi, una volta uscito dal carcere, a mandare un soggetto di sua
fiducia ad affrontare per strada una persona alla quale dovrebbe fare un
discorso chiaro: “Umberto, ci mandi a qualcuno che loro non debbono
sapere… lo dobbiamo sapere solo noi due… dice tizio… mi fai sapere… a
qualcuno e incominciate a portare, a che poi saranno… con le mani in
pasto… portare… altrimenti vi distruggiamo”.
Il destinatario
ultimo del messaggio intimidatorio potrebbe essere – secondo l’ipotesi
investigativa – Berlusconi. Mentre il soggetto che doveva essere
affrontato per strada per intimorirlo, non è stato identificato. Il boss
dice ad Adinolfi che per qualsiasi cosa si può rivolgere al suo amico
di Brancaccio, “un fratello”, ora detenuto anche lui, Cesare Lupo.
Adinolfi capisce che la cosa è delicata e cerca di svicolare ma il boss
aggiunge una persona che potrebbe essere utile: “Giovanni è quello che
sa le cose” e dice che con lui è bene stare attenti “se questo poi per
difendersi ci racconta la verità?”. Quale sarebbe il segreto che
Graviano avrebbe consegnato ad Adinolfi per intimorire gli amici di
Berlusconi?
Il 10 aprile 2016, secondo la lettura degli
investigatori, Graviano racconta ad Adinolfi la storia, da lui stesso
definita delicata, dei rapporti tra la sua famiglia da un lato e gli
ambienti che avrebbero agganciato il mondo di Berlusconi negli anni
Settanta. In quel contesto dice la famosa frase: “Che succede? Io avevo i
contatti e adesso passiamo a una fase molto delicata”. Poi sussurra
nell’orecchio ad Adinolfi: “Voleva scendere già nel 1992 lo volevano
indagare e Berlusca (per la difesa di Marcello Dell’Utri la parola non
sarebbe Berlusca ma bravissimo, ndr) mi ha chiesto ’sta cortesia”.
Prima
Graviano spiega perché lui aveva i contatti. E qui nomina il nonno
materno, Filippo Quartararo, padre di Vincenza mamma di Filippo e
Giuseppe Graviano, detenuti al 41 bis e condannati per le stragi.
“Filippo Quartararo – spiega Graviano – aveva gli stand al mercato
ortofrutticolo di Palermo. Era molto ricco, molto alto, all’antica.
Negli anni 70 diventa amico del ‘Luong’ di Malaspina”. Graviano dice che
“cambia sta situazione … siamo nel 1972, ’73”. Poi Graviano parla di
una raccolta di soldi alla quale partecipò il nonno con altri
personaggi. Le frasi sono poco comprensibili.
Il nonno di Giuseppe
Graviano è morto nel 1986, quattro anni dopo l’uccisione del padre del
boss, Michele Graviano. Giuseppe dice che in puntodi morte gli avrebbe
raccontato queste cose. Finora il collaboratore di giustizia Francesco
Di Carlo aveva parlato dei rapporti presunti del padre, Michele
Graviano, mai del nonno materno. “Un giorno – ha sempre detto Di Carlo –
viene da me Ignazio Pullarà, (boss della famiglia di Santa Maria di
Gesù, ndr) quando avevano già ammazzato a Michele Graviano e mi dice:
‘Devo cercare a Tanino Cinà (in rapporti con Dell’Utri e morto mentre
era sotto processo per mafia con l’ex senatore, ndr) perché Michele
Graviano ha messo i soldi con Bontate a Milano”. Insomma i familiari
volevano recuperare i soldi investiti a Milano dal vecchio Graviano.
“Michele
Graviano non c’entra niente” dice ora in carcere il boss forse per dire
che non era il padre Michele ma il nonno Filippo ad avere investito a
Milano con i boss di allora.