Il Fatto 1.11.17
Borsellino, l’ultima intervista e i misteri ancora da svelare
di Peter Gomez
Ora
che Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sono di nuovo sotto
inchiesta per le stragi di mafia è il caso che qualcuno trovi il modo di
rispondere a una semplice domanda. Perché l’emittente francese Canal
Plus, dopo l’attentato di via D’Amelio, non mandò subito in onda
l’intervista che Paolo Borsellino aveva concesso a due suoi
collaboratori il 21 maggio 1992, due mesi prima cioè di essere ucciso?
Quel documento, anche a prescindere dal suo contenuto (si parlava molto
di Berlusconi, Dell’Utri e del boss Vittorio Mangano), solo per la
tempistica era giornalisticamente straordinario.
Borsellino aveva
risposto alle domande due giorni prima dell’omicidio di Giovanni
Falcone, della moglie e della loro scorta. E aveva parlato di mafia e
riciclaggio. Di fatto quella era la sua ultima (o penultima) intervista.
In tutto il mondo qualsiasi giornalista o editore era insomma in grado
di comprendere che, a causa della morte del protagonista, il filmato era
uno scoop internazionale. Eppure in Francia non accade nulla. Nessuno
pubblica, trasmette, informa. Dell’esistenza e del contenuto
dell’intervista, l’opinione pubblica verrà invece messa al corrente solo
due anni dopo, grazie al settimanale L’Espresso. E i telespettatori
dovranno attendere addirittura il 2000 prima di poter vedere una parte
dell’intervista sulla Rai.
Le polemiche che sono seguite alla sua
messa in onda e le discussioni sul significato della parole di
Borsellino riguardanti Berlusconi e Dell’Utri, sono note. E, qui
francamente, interessano assai poco. Più importante è invece capire cosa
accadde (o non accadde) in Francia. Qualche mese fa Fabrizio Calvi,
l’autore dell’intervista, ha sostenuto con ilfattoquotidiano.it di aver
deciso lui di non pubblicizzare il botta e risposta con il giudice
assassinato perché il video doveva essere montato in un più ampio
documentario su Berlusconi e la mafia che stava girando da settimane. A
commissionarlo, ha spiegato Calvi, era stato Canal Plus, che in questo
modo voleva mettere in difficoltà l’allora Cavaliere. Racconta Calvi:
“Io lavoravo per una casa di produzione indipendente e c’era un
interesse di Canal Plus per Berlusconi e la mafia. Questo perché
Berlusconi era azionista di La Cinq e la voleva trasformare in una tv
criptata, entrando in concorrenza diretta con Canal Plus”.
Insomma
la pay-tv, secondo Calvi, era mossa da interesse più affaristico che
giornalistico. Tanto che, non appena Berlusconi rinunciò al suo impegno
oltralpe, l’emittente decide di non mandare in onda niente. “Per Canal
Plus non era più una storia utile”, spiega il giornalista, “La Cinq era
fallita, Berlusconi aveva smesso d’investire da noi, e loro non ne
volevano può sentire parlare”. Di fatto era stata siglata la pace. Calvi
non sa però se durante il braccio di ferro tra le due tv qualcuno abbia
fatto presente che era in preparazione un servizio giornalistico così
imbarazzante. Ritiene però che Canal Plus non avesse ben capito cosa
conteneva il girato, o per lo meno “tutta quella storia su Borsellino” È
un fatto però che i giornalisti francesi, prima dell’attentato abbiano
posto molte domande su Mangano, Berlusconi e la mafia, a diverse persone
a Milano e Palermo. Alcune delle quali legate da rapporti di amicizia
con Dell’Utri. Qualcuno insomma avvertì Arcore? I vertici della
Fininvest chiesero spiegazioni al concorrente Canal Plus? O fu
addirittura Canal Plus a muoversi? Non lo sappiamo. Ma, almeno per la
storia, ci piacerebbe tanto saperlo.