mercoledì 1 novembre 2017

Il Fatto 1.11.17
Borsellino, l’ultima intervista e i misteri ancora da svelare
di Peter Gomez

Ora che Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri sono di nuovo sotto inchiesta per le stragi di mafia è il caso che qualcuno trovi il modo di rispondere a una semplice domanda. Perché l’emittente francese Canal Plus, dopo l’attentato di via D’Amelio, non mandò subito in onda l’intervista che Paolo Borsellino aveva concesso a due suoi collaboratori il 21 maggio 1992, due mesi prima cioè di essere ucciso? Quel documento, anche a prescindere dal suo contenuto (si parlava molto di Berlusconi, Dell’Utri e del boss Vittorio Mangano), solo per la tempistica era giornalisticamente straordinario.
Borsellino aveva risposto alle domande due giorni prima dell’omicidio di Giovanni Falcone, della moglie e della loro scorta. E aveva parlato di mafia e riciclaggio. Di fatto quella era la sua ultima (o penultima) intervista. In tutto il mondo qualsiasi giornalista o editore era insomma in grado di comprendere che, a causa della morte del protagonista, il filmato era uno scoop internazionale. Eppure in Francia non accade nulla. Nessuno pubblica, trasmette, informa. Dell’esistenza e del contenuto dell’intervista, l’opinione pubblica verrà invece messa al corrente solo due anni dopo, grazie al settimanale L’Espresso. E i telespettatori dovranno attendere addirittura il 2000 prima di poter vedere una parte dell’intervista sulla Rai.
Le polemiche che sono seguite alla sua messa in onda e le discussioni sul significato della parole di Borsellino riguardanti Berlusconi e Dell’Utri, sono note. E, qui francamente, interessano assai poco. Più importante è invece capire cosa accadde (o non accadde) in Francia. Qualche mese fa Fabrizio Calvi, l’autore dell’intervista, ha sostenuto con ilfattoquotidiano.it di aver deciso lui di non pubblicizzare il botta e risposta con il giudice assassinato perché il video doveva essere montato in un più ampio documentario su Berlusconi e la mafia che stava girando da settimane. A commissionarlo, ha spiegato Calvi, era stato Canal Plus, che in questo modo voleva mettere in difficoltà l’allora Cavaliere. Racconta Calvi: “Io lavoravo per una casa di produzione indipendente e c’era un interesse di Canal Plus per Berlusconi e la mafia. Questo perché Berlusconi era azionista di La Cinq e la voleva trasformare in una tv criptata, entrando in concorrenza diretta con Canal Plus”.
Insomma la pay-tv, secondo Calvi, era mossa da interesse più affaristico che giornalistico. Tanto che, non appena Berlusconi rinunciò al suo impegno oltralpe, l’emittente decide di non mandare in onda niente. “Per Canal Plus non era più una storia utile”, spiega il giornalista, “La Cinq era fallita, Berlusconi aveva smesso d’investire da noi, e loro non ne volevano può sentire parlare”. Di fatto era stata siglata la pace. Calvi non sa però se durante il braccio di ferro tra le due tv qualcuno abbia fatto presente che era in preparazione un servizio giornalistico così imbarazzante. Ritiene però che Canal Plus non avesse ben capito cosa conteneva il girato, o per lo meno “tutta quella storia su Borsellino” È un fatto però che i giornalisti francesi, prima dell’attentato abbiano posto molte domande su Mangano, Berlusconi e la mafia, a diverse persone a Milano e Palermo. Alcune delle quali legate da rapporti di amicizia con Dell’Utri. Qualcuno insomma avvertì Arcore? I vertici della Fininvest chiesero spiegazioni al concorrente Canal Plus? O fu addirittura Canal Plus a muoversi? Non lo sappiamo. Ma, almeno per la storia, ci piacerebbe tanto saperlo.