mercoledì 15 novembre 2017

Il Fatto15.11.17
Etruria Renzi sulla Banca d’Italia sapeva già tutto e non ha detto niente
risponde Giorgio Meletti

“Se si perde il referendum mi ritiro anch’io dalla politica” (le stesse parole del suo compagno di giochi). “Denuncio Ferruccio de Bortoli perché ha scritto il falso, ossia che io avrei fatto una telefonata all’Ad di Unicredit per il salvataggio di Banca Etruria, di cui non mi sono mai interessata”.
Queste due dichiarazioni di miss Sorriso, fatte coram populo, sono risultate in realtà due bugie clamorose, indegne di una onorevole sottosegretaria. Di fatto, è rimasta in politica e non ha denunciato nessuno. Ma a chiunque si deve dare la possibilità di riscattarsi. E allora, da cittadini, le rivolgiamo un paio di domandine: perché miss Sorriso non ci racconta le ragioni per cui, nel 2014, lei (ministra da pochi giorni), suo padre (nel Cda di Banca Etruria), il presidente di questa Giuseppe Fornasari, si incontrarono nella villa di Laterina col presidente Flavio Trinca e l’Ad Vincenzo Consoli di Veneto Banca? E visto che siamo in clima di confessioni, perché non ci dice pure due parole sulla telefonata intercettata in cui il padre, vicepresidente di Etruria, il 3 febbraio 2015, si rivolgeva a Consoli in questi termini: ”Io ne parlo con mia figlia, con il presidente domani e ci si sente in serata”. Sarebbe interessante sapere di che cosa doveva parlare con la figliola e col presidente (Renzi, forse).
Attilio Bellesi

Caro Bellesi, noi sappiamo molte cose dell’interessamento dell’onorevole Maria Elena Boschi per la banca di cui suo padre Pier Luigi era vicepresidente fino al momento del commissariamento, una settimana dopo la telefonata che lei ricorda. È evidente che, dopo aver mentito al Parlamento giurando di non essersi mai occupata di Banca Etruria, la notizia data da De Bortoli l’ha messa in imbarazzo. Quando poi il Fatto ha rivelato la riunione nella villa di famiglia di Laterina, l’onorevole Boschi non ha nemmeno smentito, tanto meno ha minacciato querele. Anche noi nei mesi scorsi abbiamo rivolto pressantemente una serie di domande alle quali la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio non ha mai voluto rispondere. Lei è però più fortunato perché alla sua domanda siamo in grado di rispondere noi: gli uomini di Veneto Banca ed Etruria spiegarono alla neoministra delle Riforme il comportamento a loro parere scorretto della vigilanza bancaria della Banca d’Italia. Ed è questa, in fondo, la cosa più grave della vicenda. Oggi Matteo Renzi denuncia l’inadeguatezza e gli errori della vigilanza da capo di partito in campagna elettorale. Peccato. Sapeva già tutto appena insediato a Palazzo Chigi, quasi quattro anni fa. E non ha fatto e non ha detto niente. Nel frattempo sono saltate sette banche.
Giorgio Meletti