mercoledì 8 novembre 2017

Il Fatto 8.11.17
“Assedio” ai pm che indagano sui carabinieri
Il procuratore di Massa Aldo Giubilaro
Interrogazioni in Parlamento e attacchi sui social dopo l’inchiesta sugli abusi in caserma
di Ferruccio Sansa

“I carabinieri di Aulla mi dicono che quando fermano i delinquenti, questi tirano fuori i numeri di telefono dei pm e minacciano di chiamarli”. Parola di Lucio Barani. È l’ultimo attacco del senatore e di Ala al pm che indaga sulle violenze nella caserma dell’Arma in Lunigiana: 4 interrogazioni parlamentari, Facebook e cortei con Maurizio Gasparri. L’accusa, infondata, è di non aver fatto partecipare un carabiniere arrestato ai funerali del padre. Poi di aver svelato segreti istruttori. Fino a una censura perché non aveva i calzini.
Il procuratore di Massa Aldo Giubilaro è sotto attacco. Con la pm Alessia Iacopini ha condotto l’inchiesta: 8 militari sottoposti a misure cautelari, 37 indagati. Ma contro i pm si schiera Barani, già sindaco di Aulla e seguace di Bettino Craxi cui dedicò una piazza. Poi è passato con Silvio Berlusconi e infine con Denis Verdini (originario della Lunigiana): “Io mi preoccupo della criminalità che ad Aulla dopo l’inchiesta è esplosa”, esordisce Barani. Poi sbotta: “Ci sono pm che per finire sui giornali indagherebbero la madre”. Barani, lei si è speso per i carabinieri indagati… “Sono andato a trovarli in carcere”. Ha telefonato ai vertici dei carabinieri? “Ho telefonato al generale Emanuele Saltalamacchia (comandante della Legione Toscana, ndr), al colonnello Valerio Liberatori (poi indagato, ndr), ma anche ad altri generali. E ora voglio parlare con i ministri Andrea Orlando e Roberta Pinotti. Ma solo perché sono preoccupato della sicurezza in Lunigiana. Non ho parlato di inchieste”, giura Barani, imputato a Massa per l’alluvione che colpì Aulla nel 2011 (due morti).
Dopo le prime notizie sui carabinieri indagati sono cominciati gli attacchi: il 15 giugno un’interrogazione di Barani con 14 parlamentari di Ala. Si chiede a Orlando e Pinotti se vogliano “accertare la sussistenza di un parallelo fascicolo secretato aperto dalla Procura nei confronti di appartenenti all’Arma, anche di grado elevato (ufficiali superiori e generali)”. Giubilaro viene censurato perché va in tribunale con abbigliamento “poco consono, in particolar modo per l’assenza dei calzini”. Come Raimondo Mesiano, il giudice che condannò Fininvest per il Lodo Mondadori, colpevole di avere i calzini azzurri. Il 26 luglio l’interrogazione di Gasparri: “L’opinione pubblica si è schierata con i carabinieri”. A settembre altra interrogazione di Ala. Dieci giorni dopo gli indagati salgono a 37, tra cui il colonnello Liberatori (favoreggiamento). Ai pm dice: il generale Saltalamacchia (non indagato) era contrario alle intercettazioni in caserma e telefonò a Giubilaro per dirglielo.
Barani torna alla carica con sei colleghi con la quarta interrogazione. E su Facebook: il 14 ottobre sulla sua bacheca compare la foto di un uomo anziano con il cagnolino. È il padre appena deceduto di Alessandro Fiorentino, carabiniere detenuto per l’inchiesta. Barani scrive: “Abbiamo perso ogni tipo di umanità. Vergogna. Un figlio non può piangere e partecipare al funerale del padre”. Giubilaro allarga le braccia: “Non è vero. Nessuno mi aveva detto che il padre di Fiorentino stava male, né è stata presentata istanza per consentire al figlio di andare al funerale”.