Il Fatto 8.11.17
Bersani chiude: “Basta tattiche, andiamo a sinistra”
Mdp non torna indietro: “Un tavolo con i dem? Se l’aprano da soli”. Accordo per la lista unica, il leader è Grasso
Bersani chiude: “Basta tattiche, andiamo a sinistra”
di Tommaso Rodano
Il
mite Enrico Rossi, governatore della Toscana, lo dice con un sorriso
insolito, malizioso: “La crisi del Pd non ci riguarda. Non apriamo
nessun tavolo. Franceschini, Orlando, Delrio: arrivano tardi. Il tavolo
se lo aprano da soli”. All’indomani della batosta siciliana, il
centrosinistra non si ricompone, tutt’altro. Il messaggio che arriva
dalla direzione di Mdp-Articolo 1 è quello di cui sopra: nessuna sponda.
Il problema Renzi – se è in grado – il Pd se lo risolva da solo.
La
riunione è in una saletta affollata del centro congressi di via Cavour,
a Roma. Dentro scorre lento il rituale della “direzione”, decine di
interventi, una liturgia da partito con la P maiuscola. Fuori i cronisti
braccano Pier Luigi Bersani e gli altri volti noti. Si sfogliano i
quotidiani. C’è la proposta di Dario Franceschini sul Corriere, che
recita più o meno così: compagni, andiamo insieme, tanto col Rosatellum
il candidato premier non esiste; Renzi fa solo il capo del Pd, dopo le
elezioni ci si conta. Rimbalza pure l’intervista di Ettore Rosato a
Radio Uno, che invece dice così: “Abbiamo Paolo Gentiloni, è a Palazzo
Chigi ed è un nome spendibile”. Per la leadership di una coalizione di
centrosinistra, s’intende.
Così all’improvviso dal Nazareno
piovono a catinelle proposte di mediazione per loro, che fino a ieri
erano definiti traditori. Ma come dice Rossi, non c’è più un tavolo a
cui sedersi. Se lo sono portato via con posate, tovaglioli e tutto il
resto.
Bersani è più benevolo del presidente toscano, ma ne
riprende la metafora conviviale: “Io a tavola col Pd mi ci posso pure
sedere, basta che non mi fanno mangiare i soliti cannoli”. Poi si fa
serio: “Questo dibattito sui candidati premier è puro tatticismo. Con il
Pd la lacerazione è profonda. Se vogliono parlarci, ci facciano vedere
che hanno cambiato idea sui temi cruciali, come Jobs Act e Buona
Scuola”. Infine liquida Gentiloni (e la mediazione di Rosato): “Stiamo
parlando dello stesso premier che ha fatto scomparire il referendum sui
voucher con un imbroglio e ha messo 8 voti di fiducia sulla legge
elettorale”. Il percorso di Mdp è tracciato.
La direzione approva
un documento concordato con Sinistra italiana, Pippo Civati e anche coi
“civici” Anna Falcone e Tomaso Montanari. È la piattaforma della lista
unica di sinistra che correrà alle prossime Politiche.
Dopo mesi
di chiacchiere, un fatto concreto; una serie di proposte – da sviluppare
– su lavoro, scuola, ambiente, sanità, governo dei beni culturali.
Il
19 novembre saranno discusse, separatamente, dai vari contraenti del
nuovo soggetto politico (guai a chiamarla “cosa rossa”: gli ex Pd
caricano come tori).
Poi, a inizio dicembre, l’assemblea comune
che darà il battesimo alla lista unitaria. Tra i bersaniani qualcuno è
ancora convinto di tirare dentro pure Giuliano Pisapia: “Vedrai che alla
fine torna pure lui…”
Il leader è scelto, anche se non si può
annunciare: Pietro Grasso. Anche ieri Bersani ha ripetuto il concetto:
“Non lo tiriamo per la giacchetta, però uno come lui ci starebbe da
dio”. Per Massimo D’Alema, più laicamente, “Grasso sarebbe
fondamentale”. Il presidente del Senato aspetta solo di smettere le
vesti istituzionali (dopo il voto sulla legge di bilancio). Intanto
allude al prossimo impegno: “Dobbiamo ridare speranza e forza a un Paese
che appare stanco e deluso”.