Il Fatto 7.11.17
Libertà o sopravvivenza
Amalia Signorelli aveva ragione: siamo chiusi in una gabbia
Mi
sono commossa leggendo l’articolo di Caporale che non aveva i soliti
caratteri del necrologio, ma parlava di Amalia come una figura viva,
ironica, coraggiosa che solo per una “questione di cuore” ci ha dovuto
lasciare.
Così sono andata subito a rileggermi la sua ultima
rubrica su Millennium, che ho sempre apprezzato, ma questa volta di più.
Si apre con un’analisi dell’antropologa sul narcisismo maschile,
all’origine di conflittualità intollerabili, mai abbastanza sondata. Poi
individua il tramonto dei partiti insieme a buona parte della cultura
di massa, per lasciar spazio a piccoli gruppi uniti da interessi
specifici, un fenomeno non solo italiano, ma assai negativo.
Come si affrontano poi i problemi e i rischi che minacciano il Pianeta?
La conclusione dell’antropologa intravede per il futuro la drastica alternativa: sopravvivenza o libertà.
A
me sembra che il futuro intravisto da Amalia Signorelli, per chi vuol
vedere, lo incontriamo da ora con il restringersi di spazi importanti di
libertà, vuoi per il terrorismo, vuoi per i diversi assetti
geopolitici, vuoi per il crescere di diseguaglianze, vuoi perché il
troppo è troppo di tutto…
Vabbè Amalia, continua a illuminarci da dove sei, se sei, se puoi!
Alessandra Savini
Cara
Alessandra, il nuovo numero di Millennium, uscito sabato in edicola e
che penso avrà fra le mani, indaga sul mondo senza braccia. Sul tempo
che presto verrà dove gli umani avranno un sostituto funzionale nella
macchina nel robot, nell’artificio di una mente costruita in
laboratorio. E questo futuro, benché illustrato fin nei dettagli, ci
procurerà altre crisi di panico, altri spaventi. Amalia Signorelli ha
sempre raccontato la realtà attraverso l’uomo e la sua postura ed era
più facile per lei scoprirne il disagio, giungere al dettaglio della
crisi sociale. Oggi il continente più grande al mondo è quello di
Facebook col suo miliardo e seicento milioni di abitanti.
Siamo
tutti rinchiusi in questo recinto. Se ci pensa, Alessandra, siamo
perseguitati dalla necessità di condividere con altri ogni istante della
giornata in una solitudine che si fa però angosciante.
Una
società senza coesione ma con l’assillo della condivisione.
Nell’artificio del virtuale, che pure rende grandi vantaggi alla nostra
esistenza, siamo così tanto immersi da smarrire l’uscita, una minima via
di fuga.
Antonello Caporale