Il Fatto 4.11.17
Gli anti-Matteo a Renzi: “Posti sicuri o tutti via”
Manovre
- Il capo vuole mandarli a scornarsi nei collegi più difficili. Dopo il
flop in Sicilia, Orlando, Franceschini, etc chiederanno garanzie di
sopravvivenza
Gli anti-Matteo a Renzi: “Posti sicuri o tutti via”
di Wanda Marra
Se
si riapre il tema della coalizione si riapriranno le modalità per
scegliere il candidato premier del centrosinistra. Dopo la Sicilia,
qualunque sia il risultato del voto, si deve individuare la coalizione
nazionale e ci si siede a un tavolo per decidere anche come si sceglie
il premier”. Venerdì mattina, a Radio Capital, Andrea Orlando, ministro
della Giustizia, ma in questo caso soprattutto leader della minoranza
del Pd, anticipa la richiesta da fare a Matteo Renzi. Richiesta che
lunedì – dopo il pessimo risultato nell’isola (e anche a Ostia) –
diventerà pressante, minacciosa.
Il segretario è tornato ieri sera
da Chicago e – per tenersi il più lontano possibile dal voto di domani –
ha pure fermato il treno. Nella e-news chiarisce persino che il
candidato del partito che guida, il rettore Fabrizio Micari, l’ha scelto
Leoluca Orlando: stando a tutte le previsioni della vigilia, Micari
dovrebbe arrivare terzo, ma c’è anche chi lo dà addirittura quarto, dopo
Claudio Fava.
Sono mesi che il 5 novembre viene considerato il “D
day”, con lo stesso Orlando e Dario Franceschini, i maggiorenti del Pd,
pronti a far partire l’attacco a Renzi. In realtà, neanche stavolta
dovrebbe essere quello “finale”: il Pd rischia di andare molto male
anche alle Politiche e – dunque – per la minoranza interna è meglio che
sia l’attuale segretario a metterci la faccia. Tradotto: non ci dovrebbe
essere nessuna richiesta di dimissioni.
Piuttosto una minaccia.
Per non uscire in blocco dal Pd e candidarsi in una lista tipo “nuovo
Ulivo”, Renzi dovrà dare a Orlando, Franceschini e Emiliano alcune
garanzie. Le condizioni sono sostanzialmente due: 1) la costruzione di
una coalizione il più larga possibile che consenta ai dem di giocarsela
nei collegi maggioritari; 2) la condivisione nella costruzione delle
liste elettorali. Questa davvero non trattabile. Renzi infatti li ha
spaventati: ha fatto capire che li spingerà a battersi nei collegi
uninominali, mentre blinderà i suoi nei listini bloccati. La minoranza,
insomma, teme che finirà a remare per portare voti ma senza un posto al
sole.
La soluzione è semplice. Visto che il Rosatellum prevede 6
pluricandidature, basta fornire a tutti un paracadute: chi corre in un
collegio uninominale, sarà capolista anche nel proporzionale. E basta
vaghe promesse: il tutto va discusso e deciso in Direzione insieme alle
deroghe per i “bisognosi”, tipo Franceschini.
E il candidato
premier? Ieri è uscita una anticipazione del libro di Vespa sul Corsera.
È un’intervista a Gentiloni: “Mi sento abbastanza adatto a un modo di
guidare le cose che rende necessario il gioco di squadra”. Parrebbe
un’autocandidatura. Di certo il premier è una figura più spendibile per
costruire la coalizione, ma Renzi non vuole fare passi indietro. Ci
pensa Matteo Orfini a chiarirlo: “Per le nostre regole, la nostra storia
e la nostra volontà il candidato sarà Renzi, come hanno deciso i nostri
elettori alle primarie”. Lo stesso Orlando si corregge: “Si tratta di
costruire una coalizione che deve decidere modi e tempi per individuare
la candidatura. La discussione è legittima. Il Pd andrà a quel tavolo
con la candidatura di chi ha vinto primarie”.
L’ex premier si
prepara a dare battaglia. Prima di tutto ha fissato un’asticella, ovvero
il risultato del Pd alle ultime elezioni in Sicilia: nel 2012 prese il
13,4%; se ottenesse gli stessi voti, Renzi riterrebbe di non doversi
scusare, peccato che cinque anni fa il centrosinistra vinse pure le
elezioni. Quisquilie. Sulla coalizione, invece, la posizione di Renzi è
“nessun veto”: una “non apertura” puramente formale. E le liste? Al
Nazareno si parla di “grande disponibilità”. Tutto sta a capire che
significa: ogni collegio fa storia a sè, ce ne sono di più e meno
garantiti, ed è su questi ultimi che scatta il paracadute. E poi, c’è
situazione e situazione. Ma una cosa è certa: le 6 candidature saranno a
disposizione solo di Renzi e di pochi altri.