Il Fatto 3.11.17
Uno spettro estremista si aggira per l’Europa: è il ’29, sembra oggi
Presentata
a Roma la serie Sky più costosa mai prodotta in Germania. Ricostruzioni
eccellenti, musica d’autore e un convitato di pietra: Adolf Hitler
Uno spettro estremista si aggira per l’Europa: è il ’29, sembra oggi
di Federico Pontiggia
La
storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda
come serie-tv. In Germania ci credono davvero a questo Marx riveduto e
scorretto, e filmano di conseguenza: la Guerra fredda con Deutschland 83
e ora il 1929, sprofondato tra due guerre mondiali eppure così pregno
di vita, arte, idee. E l’altroieri, sembra oggi: uno spettro antisistema
si aggira per l’Europa, il nazionalismo è recrudescente, i profughi
premono, l’economia ristagna, la miccia è corta. “I parallelismi sono
evidenti, perfino sconcertanti: allora nessuno pensava a Hitler, come
cinque anni fa nessuno avrebbe potuto immaginare la fragilità del
sistema economico e sociale europeo. E che dire di Trump presidente
degli Usa, della Brexit, o che la destra più radicale diventasse il
terzo partito in Germania?”, osserva alla Festa di Roma lo showrunner di
Babylon Berlin Tom Tykwer.
Il cineasta di Cloud Atlas e Lola
corre, appena designato presidente della prossima Berlinale, ha diviso
regia e scrittura con Henk Handloegten e Achim von Borries, mentre
l’architrave narrativo viene dalla saga best-seller di Volker Kutscher,
con protagonista l’ispettore di polizia Gereon Rath. Babylon Berlin è la
serie più costosa mai prodotta in Germania, 38 milioni di euro per due
stagioni da otto episodi ciascuna, con la terza già pianificata. Non è
un’eccellenza autarchica, plaude la critica di mezza Europa, e presto
potremo farlo pure noi: la coproduzione di Sky con Betafilm, già venduta
in oltre 30 paesi, arriva dal 28 novembre su Sky Atlantic HD.
Nella
Berlino capitale del mondo anni Venti, Rath (Volker Bruch, elegante e
febbrile) indaga tra abuso – anche personale – di droga e intrighi
geopolitici, omicidi efferati e suicidi torbidi, lotte sociali ed
esuberanze sessuali, dal sadomaso al fisting. Soprattutto, cerca di
salvarsi dal proprio passato: nato a Colonia, ha combattuto sulla Linea
Sigfrido, è tornato, ma la madre gli avrebbe preferito il fratello.
Vulnerabile, dipendente, barcolla – anzi, trema – ma non molla, trovando
sulla strada Charlotte (Liv Lisa Fries, strappata a un muto di
Chaplin), di giorno impiegata a catalogare foto di scena del crimine, la
notte a prostituirsi, tendenza sadomaso, per aiutare la famiglia
derelitta.
L’elastico è tra affondi psicologici e campi lunghi
sociali, il caleidoscopio non elude nulla: mafia, polizia,
organizzazioni paramilitari di estrema destra, stalinisti e trotzkisti,
si respira un clima internazionale, e non solo per diegesi. Lo sforzo
produttivo è ingente: tre anni di lavoro sullo script, sei mesi per
girare, pezzi di Friedrichstrasse, Charlottenburg e Kreuzberg campionati
e ricreati in studio a Babelsberg con effetti di realismo dirompenti.
“L’idea di una Berlino protagonista, come se fosse il risultato di un
viaggio nella macchina del tempo. Oggi è un disastro, un’accozzaglia di
stili, noi abbiamo ricostruito quattro strade con relativi milieu e una
piazza. E poi, abbiamo girato in location, anche ad Alexanderplatz”.
In
uno dei setting principali, il night con facciata art déco Moka Efti,
una scena di ballo e canto (la magnifica Zu Asche, Zu Staub, eseguita da
Severija Janušauskaité) alla fine del secondo episodio rivela uno dei
punti di forza della serie: le musiche, capaci di trasportarci tra Fritz
Lang ed Espressionismo, Nuova Oggettività e Weimar. Ibridando cabaret
ed elettronica, firma lo score Johnny Klimek, lo zampino è di Brian
Ferry (Roxy Music). Non resta che parlare del grande assente, ovvero
dell’elefante nella stanza: Hitler, “nominato, per di più in una
barzelletta, una sola volta in sedici puntate”. Nondimeno, Tykwer lo sa,
“è un fardello che dobbiamo portare. Il nazismo non era presente, è
questo l’aspetto affascinante, era ancora marginale: qualche invasato
che s’infervorava al pub, tutto lì”. Ma c’erano le avvisaglie, folli,
addirittura incomprensibili: “Il Primo Maggio la polizia,
socialdemocratica, sparò sui manifestanti inermi, facendo 35 vittime”.
Perché? La risposta avrebbe sbraitato sotto i baffi, pochi anni dopo: da
Cancelliere del Reich. Era il 1933.