Il Fatto 30.11.17
Air Force Renzi, ora è ufficiale: costa 150 milioni di euro. È scritto in un documento del ministero della Difesa
Airbus
quadrimotore - Un documento della Difesa - escluso dal report inviato
in Parlamento - rivela il costo del noleggio da Etihad che dura fino al
2023
di Toni De Marchi e Carlo Tecce
Il capriccio
di Matteo Renzi – un mega aereo di Stato a noleggio, l’Air Force Renzi –
è riassunto in una cifra altrettanto mega: 149.557.812 euro. Il
fiorentino ha lasciato Palazzo Chigi da quasi una dozzina di mesi e non
usufruisce del quadrimotore di proprietà di Etihad (già azionista al 49
per cento di Alitalia), ma il conto è arrivato in Parlamento soltanto in
questi giorni sotto forma dei documenti sui contratti attivati dal
ministero della Difesa nel 2016.
I 150 milioni dell’Air Force
Renzi sono opportunamente “nascosti” in una tabella allegata – che
proponiamo in pagina – “distrattamente” neppure presente all’interno del
faldone pubblicato (si tratta del dossier CCXLV, cioè 245 in latino,
che per legge deve essere diffuso ogni anno assieme al bilancio della
Difesa). Oltre al costo per l’affitto, si scopre pure la durata
dell’accordo con gli emiratini: sette anni, che scadono nel 2023.
Etihad
ha consegnato l’Airbus 340-500 nel gennaio del 2016, dopo ripetuti
interventi di conversione e riqualificazione del mezzo che ha effettuato
il primo volo il 31 marzo 2006. La giustificazione dell’operazione è
spiegata nel documento con la necessità di ottemperare alla normativa
“Etops”, le limitazioni a cui sono sottoposti gli aerei commerciali
quando sorvolano gli oceani. Ma è una menzogna: i quadrimotori
commerciali non esistono quasi più. L’Alitalia, per dire, ne è
sprovvista. Per colpa dell’azienda disastrata?
L’americana Delta
Airlines, che ha oltre mille aerei in servizio, dispone di quattro
quadrimotori, degli anziani Boeing 747, i Jumbo Jet. Etihad, su 124
aerei, solo 13. Il primo volo transatlantico su un bimotore risale
addirittura all’aprile 1985 e venne compiuto da un aereo della Twa.
Parliamo di 32 anni fa, dunque. Da Londra a Tokyo servono 12 ore di
volo. La British Airways copre la rotta con dei bimotori Boeing 787
Dreamliner, il costo per ora di volo è la metà esatta dell’aereo di
Stato.
Il quadrimotore turbofan, ritirato dal mercato nel 2011,
subito ribattezzato Air Force Renzi, è talmente grosso che deve
atterrare a Fiumicino e non a Ciampino, dove opera il 31° stormo
dell’Aeronautica militare e dove sono parcheggiati gli aerei di Stato.
Il fiorentino ha bramato a lungo l’anacronistico Airbus per le
traversate oceaniche, le riunioni ad alta quota, soprattutto con le
connessioni internet a bordo, ma per aggirare le polemiche (e la
trasparenza) ha costretto il governo a secretare i contratti e non l’ha
mai neanche utilizzato per non danneggiare la campagna elettorale sul
referendum costituzionale.
L’Airbus 340-500 con le insegne
provvisorie della Repubblica italiana, dopo un anno e mezzo di rullaggi
tecnici e addestramenti del personale, ha esordito in una trasferta
negli Stati Uniti e in Canada dell’aprile 2017 con Paolo Gentiloni
presidente del Consiglio. In sostanza: per un quinto del tempo del
noleggio, l’Italia ha pagato Etihad senza usare l’Air Force Renzi, se
non – va ricordato – per una missione del sottosegretario Ivan
Scalfarotto a Cuba. L’ex premier ha sempre negato spese folli per
l’Airbus, confidando sulla riservatezza nella triangolazione
Difesa-Etihad-Alitalia. Ma già nel 2016, invece, una “nota aggiuntiva”
del ministero di Roberta Pinotti segnalava un aumento del 622 per cento
sul 2015 delle “funzioni esterne” per i voli di Stato: 15 milioni di
euro, come rivelò il Fatto, forse serviti per la manutenzione
straordinaria del velivolo. Denaro che si perde, non è mica un
investimento.
Nel 2023, per l’appunto, l’Italia dovrà restituire
l’Airbus a Etihad dopo aver saldato rate per 149 milioni, più gli
eventuali extra. E pensare che nel 2011, l’ultima stagione di produzione
per un esemplare quadrimotore del costruttore franco-tedesco, per un
aereo nuovo si spendevano 261 milioni di dollari. Appurato che un
velivolo di queste dimensioni non serve se non a soddisfare delle manie
di grandezze, una possibile “motivazione” è che sia una sorta di favore
per risarcire Etihad dell’impegno in Alitalia. Fu proprio Renzi a
sollecitare il soccorso di Abu Dhabi per salvare l’ex compagnia di
bandiera italiana.
È andata come coi capitani coraggiosi di Silvio Berlusconi: Alitalia è al collasso e in svendita.
Resta
l’ennesimo mistero del documento denominato CCXLV che riguarda la
“relazione sullo stato di attuazione dei programmi di ammodernamento e
rinnovamento di mezzi, impianti e sistemi”. È stato consegnato al
Parlamento monco, guarda caso, della parte in cui risultano le spese
effettive per l’Air Force Renzi.
Per una strana “svista” questo
pezzo è finito in un altro documento che non c’entra niente e che
riferisce dell’ammodernamento delle infrastrutture. Il documento monco
appare sui portali di Camera e Senato. “Noi abbiamo pubblicato quello
che ci ha mandato la Difesa”, replicano fonti di Palazzo Madama. La
trasparenza non decolla, rimane saldamente ancorata a terra.