mercoledì 22 novembre 2017

Il Fatto 22.11.17
Srebrenica ultimo atto: lo scorpione Ratko Mladic e la sentenza “fatale”
di Michela A. G. Iaccarino

Il boia di Srebrenica non si è mai pentito: “Ho difeso il mio paese”. Al processo voleva presentarsi con la sua uniforme con le stellette sulle spalle, come quando comandava la sua unità, gli “Scorpioni”. Dopo 4 anni di udienze e 300 testimoni, i giudici del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja pronunceranno oggi la sentenza di 1° grado a carico di Ratko Mladic. Le madri dei morti del massacro di Srebrenica saranno dietro al vetro a vedere quale l’espressione comparirà sul volto di quello che era lo spietato generale serbo bosniaco ed è oggi un vecchio stordito, con metà del corpo paralizzato, lo sguardo svuotato da 16 anni di latitanza e tre ictus. Milosevic è morto nel 2006 in cella, senza sentenza. Per l’Aia e per la storia d’Europa, ora i giudici devono condannare Mladic, 74 anni, prima che lo faccia il tempo. I suoi avvocati, che hanno tentato di evitare il processo con 11 capi d’imputazione, tra cui deportazione, genocidio, persecuzione, crimini contro l’umanità, dicono che il vecchio generale che rischia l’ergastolo, non ha più le capacità per capire cosa stia succedendo e rischia di morire al momento della lettura della sentenza.
Alla guida del 9° corpo d’armata jugoslavo contro i croati, poi al comando del secondo distretto militare a Sarajevo, Mladic diventò comandante dell’esercito serbo di Bosnia nel 1992. Durante i 44 mesi d’assedio di Sarajevo, l’11 luglio 1995, i suoi uomini presero il controllo di Srebrenica e l’ufficiale scelto da Karazic, il temuto Mladic, ordinò di prendere in ostaggio 200 caschi blu, prima di procedere al massacro di 8.000 musulmani. Alain Tieger (Aja), ha detto che le stragi di civili e “la pulizia etnica non erano conseguenza della guerra, ma il suo obiettivo”.
Se in Bosnia Mladic è sinonimo di genocidio, in Serbia lo è di liberazione. A ovest la sua faccia incarna le atrocità del conflitto, nei murales di Belgrado è ancora l’icona simbolo della resistenza serba. Vladimir Vukcevic, che ha arrestato Mladic nel 2011, dice che “ogni nazione ha ancora la sua personale versione della verità, finché sarà così, non ci sarà riconciliazione”.