Il Fatto 22.11.17
Caso Moro, l’imbarazzante covo delle Br
Terrorismo e investigatori - La testimonianza del procuratore Mastelloni
di Carlo Mastelloni
Pubblichiamo un brano del libro del procuratore di Trieste
Il
timore che Morucci potesse indicare la prigione di via Montalcini era
del tutto privo di fondamento. A tale indirizzo gli inquirenti
arrivarono, secondo la versione “ufficiale”, solo dopo il febbraio 1982,
grazie alla presunta collaborazione di alcuni brigatisti inquisiti, fra
cui Savasta (…). È invece accertato che, circa a metà giugno 1978, il
dottor Noce, capo dell’Antiterrorismo, dopo un colloquio con il capo
della polizia, Parlato, rientrò in ufficio portando con sé un pezzo di
carta con l’indirizzo di via Montalcini 8 perché nei paraggi, tempo
prima, era stata vista circolare una Renault rossa. Il dirigente, un po’
scettico, inviò sul posto un suo sottufficiale, il maresciallo
Scarlino, con l’incarico di effettuare un sopralluogo dell’edificio, cui
si accedeva attraverso un cancelletto e un piccolo giardino.
All’interno 1, lo Scarlino vide sui campanelli posti all’esterno i nomi
Altobelli e Braghetti. Di ritorno al ministero stilò un appunto che datò
e firmò indirizzandolo a Noce. (…) Fu in base a questi elementi che la
Braghetti fu sottoposta a pedinamento dalla squadretta
dell’Antiterrorismo (…). Oggi mi sento solo di affermare che inquirenti e
pedinatori si fecero sfuggire la Braghetti, entrata in clandestinità
nel settembre 1978. La brigatista ebbe poi modo di partecipare
all’omicidio di Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio
superiore della Magistratura. Non può che essere questo il motivo di
tanta ritrosia di alcuni pur validi investigatori nel parlare
dell’individuazione della casa di via Montalcini, la prigione di Moro.
Si
aggiunga che se la segnalazione su questa casa fosse giunta durante il
periodo del sequestro, la mancata individuazione della prigione sarebbe
risultata ascrivibile a una colossale prova di inefficienza e
superficialità del personale e dei funzionari della Quarta divisione del
Viminale. Di certo, l’ubicazione di un probabile covo brigatista in via
Montalcini era a conoscenza dell’autorità politica già nell’estate
1978. Mi sembra in proposito pregnante aggiungere che Antonio Savasta
nel 1982 indicò ai magistrati solo in linea probabilistica l’ubicazione
della prigione di Moro, appunto, in via Montalcini: ma si trattò di una
semplice deduzione logica scaturita dai suoi ricordi sulle riunioni
della direzione della colonna romana dopo l’omicidio del presidente Dc.
In quelle sedi si era infatti posto il problema di proteggere la
Braghetti in quanto protagonista del sequestro dal 16 marzo 1978.
Savasta ritenne che l’unica ragione valida del passaggio in
clandestinità di un personaggio come Anna Laura a pochi mesi dal
sequestro, risiedesse nel fatto che era stata coinvolta nel sequestro e
nell’uccisione di Moro.