mercoledì 22 novembre 2017

Corriere 22.11.17
Ultimi appelli, ma la guerra a sinistra è già partita
di Massimo Franco

A meno di sorprese, l’epilogo delle trattative a sinistra sembra segnato. Ci sarà un’area egemonizzata dal Pd di Matteo Renzi; e un «cartello» alternativo col presidente del Senato, Piero Grasso, nel ruolo di guida. Soprattutto, l’impressione è che si assisterà a uno scontro per conquistare ogni singolo voto nello stesso serbatoio elettorale. I tentativi di mediazione sono arrivati fuori tempo massimo. E la riproposizione dell’unità in versione Ulivo è stata disdegnata troppo a lungo per farla apparire credibile. La richiesta a Romano Prodi di intercedere è avvenuta dopo avere frustrato i suoi tentativi a giugno.
E la sfilata di padri più o meno nobili chiamati a compiere appelli unitari ha finito più per sottolineare la nemesi dei cosiddetti «rottamati» che per inaugurare una nuova fase. D’altronde, il sistema elettorale approvato sa più di proporzionale che di maggioritario. Favorisce le coalizioni, ma anche le ambizioni di ogni partito. E un Pd convinto fino a qualche settimana fa di piegare le forze minori, ora è costretto a inseguire Giuliano Pisapia, Emma Bonino, Angelino Alfano; a offrire garanzie per rompere l’isolamento e ridimensionare il possibile impatto dell’«altra sinistra»: tutto nell’indifferenza dell’opinione pubblica.
Viene il sospetto che il Pd non avesse preso in considerazione la possibilità di un accordo nell’area della sinistra antirenziana. E quando si è accorto che prendeva corpo, ha giocato tutte le sue carte per bloccarlo. Sarà interessante osservare chi, alla fine, aderirà all’operazione che ha Grasso come leader. In particolare, se Mdp e Si riusciranno a strapparsi di dosso l’etichetta di reduci della vecchia sinistra. Sotto questo aspetto, la figura del presidente del Senato diventa essenziale.
Quanto al versante dem, bisognerà capire chi pagherà il conto degli errori di questi mesi; e vedere le implicazioni di una riforma elettorale che promette di falcidiare gli attuali gruppi parlamentari del Pd e creerà tensioni nella formazione delle liste elettorali. Il segretario, Matteo Renzi, ammette che «pur lasciando la porta aperta, non vedo segnali incoraggianti per rimettere insieme il centrosinistra». Eppure insiste che «il Pd sarà il baricentro della prossima legislatura. La sommatoria tra i collegi e i listini» sarà fondamentale. E vuole sperare in un miracolo, di qui al 3 dicembre.
È la data della fondazione di una nuova formazione a sinistra: solo una decina di giorni, che il vertice del Pd ritiene sufficienti per convincere Mdp a ripensarci. Si tratta di un’ipotesi, a oggi, improbabile. Si sono accumulati troppi rancori personali, prima che politici, per pensare di scioglierli . La prospettiva più verosimile è di assistere nelle prossime settimane a una dura recriminazione reciproca; e a polemiche destinate a investire anche i vertici delle istituzioni parlamentari: di sicuro, la presidenza del Senato.